Partiti e politici
Il Movimento 5 Stelle e il “vizietto” delle firme false. Dov’è l’onestà?
“Noi ci occupiamo dell’altrui onestà, della nostra nessuno si occupi”. Potrebbe essere questo l’incipit di un ipotetico Manifesto del Movimento 5 Stelle, un “libro” di una dozzina di pagine (dodici) scritte in Times New Roman corpo 14 e ricco di illustrazioni. La tanto ostentata onestà – che insieme al tormentone del taglio degli stipendi è il fondamento dell’ideologia grillina – dalle parti della Casaleggio Associati è infatti un concetto assai suscettibile a interpretazione, specie quando si parla di vicende giudiziarie che riguardano esponenti del movimento.
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A questo – ma lo accerterà la magistratura – si aggiunge il rischio di una condotta non sempre cristallina degli esponenti politici individuati sui territori e dei consulenti da loro scelti (come a Roma nella vicenda Raggi, Marra, Romeo) con conseguente intervento della giustizia e riflettori dei media. Giudici e giornalisti: eroi quando si occupano di vicende che riguardano gli altri partiti, venduti alla Ka$ta quando osano toccare i grillini.
E tra le tante inchieste giudiziarie che coinvolgono eletti e attivisti del partito del comicoleader genovese (tantissime se calcolate in proporzione ai comuni dove governano), la casistica delle firme irregolari torna con una certa regolarità, dimostrando tutti i limiti di una struttura a gestione centralizzata che palesa sempre più le sue difficoltà nell’individuare un personale politico all’altezza dei compiti, che sia in grado di compilare le più banali pratiche amministrative. I continui ritardi riscontrati nella gestione dell’ordinaria amministrazione da parte delle giunte grilline, sono infatti dovuti – nella maggioranza dei casi – a un’errata compilazione degli atti o a un ritardo nella presentazione degli stessi.
Ma torniamo alle firme. A Palermo, i giudici contestano ai grillini la falsificazione materiale delle firme depositate a sostegno delle candidature per le Comunali del 2012. Quattordici indagati, tra loro i deputati Nuti, Di Vita e Mannino. A Bologna, dove gli indagati sono quattro tra cui Marco Piazza, vice presidente del consiglio comunale, gli inquirenti indagano su varie tipologie di irregolarità e contestano alcune firme disconosciute dai diretti interessati.
Ai due casi si aggiunge ora quello di Roma, dove un’inchiesta della trasmissione Le Iene condotta da Filippo Roma (lo stesso che fece emergere la “firmopoli” palermitana), parla di presunte irregolarità nella raccolta delle firme a sostegno di Virginia Raggi. Il giornalista – che è partito da un accesso agli atti del consigliere Alessandro Onorato della lista Marchini – contesta l’incongruenza tra la data dell’atto principale presentato in sede di candidatura della Raggi e l’effettiva raccolta delle firme, avvenuta tre giorni dopo. Le domande che emergono dall’inchiesta sono molto semplici: come facevano i grillini a sapere già dal 20 aprile che il 23 aprile avrebbero raccolto 1352 firme attraverso 90 “atti separati”? E come hanno fatto dieci cancellieri a coprire venti banchetti sparsi in giro per Roma durante il “Firma Day” del 23 aprile?
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Domande a cui né il sindaco Virginia Raggi né i due legali del M5S Alessandro Canali e Paolo Morricone stanno rispondendo in modo chiaro, ma fornendo singolari interpretazioni della normativa vigente. Una cosa è ormai certa: sull’onestà dei grillini sono sempre di più quelli che non ci metterebbero la firma.
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