Partiti e politici
Il modello Renzi tra centro e periferia
Le vicende che hanno coinvolto il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e le polemiche che riguardano la futura candidatura a Sindaco di Antonio Bassolino stanno destando attenzione informativa e giudizio politico del tutto comprensibili perché si tratta di una vicenda certamente destinata a produrre conseguenze molteplici e non solo in Campania. Il rapporto in particolare tra De Luca, Bassolino e Renzi costituisce certamente un aspetto particolarmente rilevante nel contesto politico generale, soprattutto in vista del rilevantissimo turno amministrativo soprattutto comunale della prossima primavera.
Appare pertanto del tutto comprensibile che l’attenzione non soltanto dei media si stia soffermando sulla eventuale ricaduta nazionale della recentissima vicenda napoletana:l’intreccio tra le elezioni comunali di grandi città e situazione politica generale è infatti sotto gli occhi di tutti, sì che non occorre aggiungere riflessione a riflessione su questo punto. Ma sarebbe grave se ci si limitasse agli aspetti odierni della vicenda di De Luca e Bassolino e non si cercasse di collocare la vicenda stessa in un contesto storico-istituzionale più ampio, reso ancor più rilevante dalle recentissime riforme istituzionali, con particolare riferimento alla legge elettorale nota come l’Italicum.
Il rapporto tra centro e periferia nel sistema politico-elettorale, infatti, ha sempre costituito un aspetto essenziale dell’intero sistema politico( non solo italiano) come risulta dalla visione che di esso si aveva all’atto dell’entrata in vigore della costituzione. Per lunghi anni (dal 1948 al 1991) il rapporto tra centro e periferia era sostanzialmente tenuto insieme sia dall’idea stessa di “carriera” politica,sia dall’esistenza di soggetti politici strutturati nei territori in forme molto intrecciate con l’organizzazione centrale dei soggetti medesimi.
La prima-infatti- tendeva ad articolarsi in una progressiva selezione del personale politico che comprendeva come normale una qualche investitura elettorale locale prima della partecipazione a competizioni elettorali nazionali. Fino al referendum(1991) che comportò il passaggio da quattro preferenze ad una soltanto il rapporto tra centro e periferia si fondava su una sorta di continuum caratterizzato in qualche modo da un rapporto di gerarchia politico più che istituzionale tra centro e periferia.
Con l’avvento (1993) della elezione diretta dei sindaci questo rapporto subisce una profonda modifica: l’elezioni popolare diretta del sindaco rompe il rapporto per così dire gerarchico tra centro e periferia e crea le basi di una sempre più evidente distinzione proprio tra centro e periferia. Dall’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica,pertanto, il rapporto tra centro e periferia è chiamato ad affrontare il suddetto rapporto non solo alla luce della novità della elezione diretta del sindaco( vicenda che nel corso degli anni finisce con il comportare anche l’elezione diretta dei presidenti delle regioni),ma anche alla luce del progressivo affermarsi di soggetti politici che si autodefinisono movimenti e non più partiti.
È in questo contesto che prendono corpo la riforma costituzionale che trasforma il Senato in Camera delle Autonome, e la nuova legge elettorale nota come Italicum. In questo nuovo contesto (certamente da valutare in concreto quando avrà avuto modo di essere compiutamente sperimentato) va pertanto tenuto presente il fatto che le diverse periferie tendono a separarsi sempre più dal centro: la ricaduta politica dei fatti locali sta pian piano apparendo sempre più marginale per la vita politica nazionale, pur continuando ad avere conseguenze rilevanti per quest’ultima.
Ferme pertanto restando le connessioni politiche della vicenda De Luca alla luce della situazione politica generale, occorre tentar di collocare la vicenda stessa in un contesto storico-politico di maggior respiro per cercare di cogliere aspetti che la sola dimensione locale potrebbe non far cogliere.
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