Partiti e politici

Il miracolo del proporzionale: tornano piccoli partiti, cespugli e voglia di Dc

12 Aprile 2017

L’attuale sistema di voto uscito dalla sentenza della Corte Costituzionale (proporzionale con ampio premio di maggioranza alla lista che raggiunge il 40% alla Camera, senza coalizioni e con sbarramento al 3%; proporzionale puro senza premio ma con coalizioni in Senato, con soglia all’8% su base regionale per i partiti non coalizzati e 3% per quelli in alleanze) sta provocando diversi effetti nel panorama politico italiano. Ciò che resta dell’Italicum alla Camera e il Consultellum in Senato, infatti, potrebbe essere il doppio sistema con cui si andrà alle urne, a meno che i partiti non si mettano d’accordo per approvare una legge elettorale: al momento però l’intesa non c’è e le trattative brancolano nel buio. In Parlamento le proposte depositate in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio sono ben 29. Che si possono dividere in 3 tronconi principali: i fan del Mattarellum (tra cui Renzi), i fan del proporzionale (tutti i piccoli) e i grillini che vorrebbero estendere al Senato la legge elettorale in vigore alla Camera. Gli ultimi boatos raccontano che Renzi stia tentando l’affondo sul Mattarellum consapevole che l’azione non andrà in porto, per poi quindi puntare ad andare alle urne col sistema attuale uscito dalla Corte Costituzionale.

Il proporzionale, però, sta avendo il merito di far risorgere i partiti, come li abbiamo conosciuti nella Prima Repubblica. Al centro, per dire, è tutto un movimento, un tramestio, una fibrillazione. Angelino Alfano ha chiuso Ncd e ha fondato un nuovo partito, Alternativa popolare, con un chiaro richiamo al Ppe ma pure al Ppi e alla Dc, relegando in un angolo la componente socialista rappresentata da Fabrizio Cicchitto e Sergio Pizzolante. Lorenzo Cesa, dopo aver rotto definitivamente con Pierferdinando Casini, ha ridato fiato all’Udc, dove ora gravitano Ciriaco De Mita, Paola Binetti, Rocco Buttiglione, Giuseppe Gargani, Angelo Cera. Alla loro convention a Roma c’era anche l’ex sottosegretario Mario Tassone e si è rivisto pure Marco Follini. “Spira un vento neo democristiano. Staremo a vedere dove ci porta, ma io ci sono”, ha detto in un’intervista al Corriere l’ex segretario centrista, che osò sfidare Berlusconi, allora premier, ben prima di Gianfranco Fini. “Vogliamo ripartire dal centro, finalmente non siamo obbligati a stare o di qua o di là. Il bipolarismo ha fatto tanti danni in Italia, in primis quello di snaturare il sentimento politico delle persone”, spiega Cesa.

In questo mare centrista nuota pure Raffaele Fitto con i suoi Conservatori e riformisti, Ala di Denis Verdini, Fare del sindaco di Verona Flavio Tosi, i rimasugli di Scelta civica (si chiamano Civici e innovatori), il centro democratico di Bruno Tabacci. E pure Stefano Parisi ha detto che il suo movimento – Energie per l’Italia – alle Politiche candiderà delle liste proprie. Respinto da Forza Italia, infatti, l’ex manager sta correndo una difficile corsa in proprio per rifondare il centrodestra senza derive populiste e sovraniste. E il proporzionale dà una chance anche a lui. “Il maggioritario è un sistema anti-democratico. Il proporzionale ci permette di tornare alla vera democrazia”, ha detto Parisi alla sua recente kermesse a Roma.

Ma se gli ex democristiani riscoprono l’orgoglio della Balena Bianca e la ritrovata libertà di muoversi al centro senza essere obbligati a entrare in coalizioni che li costringono a una scelta di campo, pure a sinistra il proporzionale sta facendo miracoli. E chi aveva qualche dubbio a fondare nuovi partiti, se l’è fatto passare. Vedi Nicola Fratoianni e Nichi Vendola, che sulle ceneri di Sel hanno dato il via a Sinistra Italiana. Mentre Pierluigi Bersani, Roberto Speranza, Enrico Rossi e Massimo D’Alema hanno abbandonato il Pd renziano per dare vita a Articolo 1 – Democratici e progressisti. Senza dimenticare che da quelle parti c’è pure Possibile di Pippo Civati, Rifondazione comunista di Paolo Ferrero, Campo progressista di Giuliano Pisapia e i Verdi europei di Angelo Bonelli. Anche a sinistra, dunque, i partiti tornano a sorgere come funghi.

“Io non parlerei di voglia di Dc, ma semmai di voglia di partiti. Dopo la stagione maggioritaria delle grandi ammucchiate e dei partiti-calderone, con il proporzionale è tornata il desiderio d’identità, la gente vuole riconoscersi in un partito che rappresenti un’idea e un’istanza sociale”, osserva Giuseppe Gargani, ex Dc ed ex forzista che ora gravita nell’Udc di Cesa. “Il maggioritario ha fatto solo danni. Lei crede che con i partiti vecchi maniera in Parlamento ci sarebbero stati oltre 200 cambi di casacca? I politici passano da un partito all’altro come cambiare un maglione perché non sentono il legame identitario con essi. E lo stesso succede all’elettore. Il 4 dicembre per fortuna ha invertito la rotta: è finita la vocazione maggioritaria ed è rinata la voglia di politica, quindi di partiti”, aggiunge Gargani.

Anche Rocco Buttiglione concorda. “Il bipolarismo come l’abbiamo conosciuto in Italia è fallito. Il ritorno al proporzionale è la medicina che potrebbe guarire molti mali della politica. Ora è sicuramente il momento del ritorno ai partiti identitari, dove le persone possono riconoscersi senza essere obbligati a snaturare se stesse. Ma ve lo ricordate quando, nei collegi maggioritari, per votare una coalizione, gli elettori erano costretti a mettere la croce su candidati molto distanti da loro? Ecco, speriamo che quei tempi non tornino più”, spiega Buttiglione. “Il ritorno ai partiti segna anche la fine della stagione leaderistica”, continua l’ex ministro, “le idee e le proposte tornano a essere più importanti dei leader che le rappresentano. In questo quadro un partito cattolico al centro può avere il suo spazio politico e io sto lavorando per questo, anche se per avere un appeal elettorale dovremmo essere dei cattolici un po’ grillini, movimentisti, piazzaioli, come quelli dei Family day”.

Insomma, il proporzionale ringalluzzisce tutti. E anche Renzi lo preferirebbe, a patto naturalmente che non ci sia il rischio che l’M5S arrivi al 40%: in quel caso alla Camera scatterebbe un ampio premio di maggioranza che farebbe vincere le elezioni a Grillo. I sondaggi al momento sono rassicuranti: nella migliore delle ipotesi i grillini non vanno oltre il 32%. E un proporzionale permetterebbe al Pd o a Forza Italia di scegliere dopo il voto con chi governare. Esattamente come accadeva nella Prima Repubblica.

 

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