Partiti e politici
Il governo Meloni ha i giorni contati (?)
Inizialmente pareva una passeggiata: ampia maggioranza assoluta, opposizione frastagliata e litigiosa, positivo retaggio del governo Draghi con cui ottenere buoni appoggi internazionali. Anche i mesi successivi non destavano preoccupazioni, grazie a una buona coesione interna, dove tutti i partiti venivano accontentati nelle loro principali richieste. Poi, da qualche settimana, qualcosa è parsa cambiare. Qualche indizio che le cose per il governo Meloni non siano ultimamente del tutto idilliache sembra esserci. Tre indizi, in particolare.
Il primo indizio ha a che fare con un diffuso malessere sia dei parlamentari che dei cittadini di centro-destra di fronte al comportamento sempre più accentratore di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, come se questa fosse l’unica forza politica di governo, laddove i suoi alleati paiono messi costantemente in ombra o in secondo piano. Come dire: Meloni è il governo, gli altri sono soltanto suoi vassalli. Ma a fronte di una forza forse eccessiva mostrata in patria, risulta evidente la debolezza internazionale e l’incapacità mostrata nei rapporti europei, dove non è riuscita a diventare una presenza significativa. Lo scarso appeal internazionale, rispetto al suo predecessore Draghi, rimane un neo piuttosto significativo. Come se l’Italia contasse poco nello scacchiere europeo. Segnali.
Il secondo indizio è quello legato alla presenza nella Lega di un potenziale avversario interno come Vannacci. Il generale ha più volte ribadito che il suo ingresso tra le file leghiste è stato quasi unicamente strumentale, con lo scopo prioritario di trovare un luogo dove farsi eleggere, senza condividerne se non in parte logiche e proposte politiche. Oggi, una volta ottenuto il suo scopo, non disdegnerebbe di fondare in autonomia un suo movimento, in attesa di future occasioni elettorali dove misurare il proprio appeal personale (attualmente quantificabile in una fetta importante della percentuale leghista, intorno al 3-4%) che sottrarrebbe un significativo spazio elettorale a Salvini o al suo eventuale successore. Segnali.
Il terzo indizio, il “mal di pancia” che da qualche settimana pare avvertire l’area legata a Forza Italia, dalla famiglia del suo fondatore al suo attuale segretario, fino ad alcuni importanti esponenti della prima ora che sono critici o tendono ad andarsene, come già hanno fatto un paio d’anni orsono Brunetta, Gelmini e Carfagna. E anche gli attuali elettori non sono contentissimi di un ruolo troppo subalterno alla destra post-fascista, con proposte e comportamenti politici lontani dalle parole d’ordine di Silvio Berlusconi, soprattutto riguardo ai diritti civili, primo fra tutti lo ius scholae: più di un quarto tra chi vota Forza Italia giudica infatti negativamente il governo Meloni e la stessa Presidente del Consiglio. Ed essere oltretutto su sponde opposte nella governance europea non aiuta certo l’intesa domestica. Segnali.
Tirando le fila di tutti questi elementi esiziali per il governo, è allora possibile immaginare che si possa arrivare in tempi rapidi, anche se non rapidissimi, ad una sua crisi? Forza Italia soprattutto, il partner attualmente più insofferente all’interno della coalizione, potrebbe pensare ad un eventuale abbandono. Per quale motivo?
Il partito si è rivelato inaspettatamente solido dal punto di vista elettorale, e potrebbe perfino risalire nei consensi, in caso di nuove eventuali elezioni legislative, se cadesse il governo: da una parte, infatti, la concorrenza “centrista” di Renzi e Calenda non pare funzionare né rappresentare una minaccia al suo elettorato, che però, per rimanergli fedele, ha bisogno di certezze su un comportamento politico non troppo spostato a destra; la scomparsa del suo fondatore Berlusconi è stata assorbita abbastanza positivamente, segno che il partito può reggere elettoralmente anche senza la sua presenza, a patto che gli “eredi” del leader continuino ad avere un atteggiamento positivo nei suoi confronti e nel suo ruolo in Italia.
Conclusione? Oggi non è possibile per Forza Italia considerare di entrare a far parte di una maggioranza alternativa all’attuale, perché non ci sono i numeri sufficienti: soltanto con un’alleanza di governo che comprendesse tutti i partiti attualmente all’opposizione è possibile arrivare appunto ad una maggioranza alternativa. Una cosa decisamente improbabile. Ma, in caso di nuove elezioni, la proposta di una eventuale maggioranza “alla tedesca” (la Grosse Koalition tra conservatori e socialdemocratici), o “alla Ursula” (l’attuale accordo Europeo), in evidente chiave anti-destra, potrebbe suscitare consensi significativi e riflettere appunto anche in Italia quella maggioranza che da decenni regge l’Unione Europea.
Se va bene per l’Europa, perché non dovrebbe esserlo anche per l’Italia?
Università degli Studi di Milano
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