Partiti e politici
Il governo M5S-Pd? Meglio per l’Italia, peggio per il Pd
Un fantasma si aggira per il dibattito politico italiano, ed è il fantasma di un governo costruito attorno al Movimento 5 Stelle e sostenuto organicamente dai gruppi parlamentari del Pd e dal piccolo manipolo di eletti in Liberi e Uguali. Non è l’unico fantasma che si aggira, ovviamente. C’è quello di un governo di destra-destra (ne parleremo), e quello di governi leggeri in continuità col presente (Gentiloni) che gestiscono l’ordinaria amministrazione fino a data da destinarsi, c’e L’ipotesi di un governo populista bicolore 5s-Lega finora smentita da ambo le parti, più altre ipotesi variamente improbabili, per ora, come perfino un governo Maroni sostenuto da Fi, pezzi di Lega, tutto il Pd e sale qb. Questo per dire che nel casino le idee brillanti non mancano, quantomeno per parlarne con gli amici al bar.
Ma l’ipotesi m5S-Pd è di quelle che stanno nel campo del realismo faticoso, che è poi il nostro campo contemporaneo. Se ne parla più o meno esplicitamente. Si dice che per Luigi Di Maio sarebbe la migliore delle opzioni possibile, e che anche Davide Casaleggio non sarebbe affatto contrario. I numeri ci sarebbero in entrambe le camere del parlamento, ovviamente a patto che tutti e tre i gruppi parlamentari aderissero al progetto. Per i due attori protagonisti della recita – CinqueStelle e Pd – sarebbe ovviamente un serio “tradimento” delle promesse fatte in campagna elettorale, e ribadite con durezza da ultimo dal segretario (non ancora del tutto) dimissionario. “Niente inciuci con gli estremisti, se hanno i numeri il governo se lo facciano loro”.
Un accordo sarebbe particolarmente problematico per un gruppo parlamentare Pd costruito a immagine e somiglianza del segretario stesso, pieno di fedelissimi adepti del suo verbo, che in buona parte devono tutto a lui che li ha candidati. Ma solo chi ha cattiva memoria o troppo buona fede non ricorda che la maggioranza dei renziani di oggi e di ieri devono la possibilità di pigiare il tasto, in parlamento, al Bersani dell’altro ieri. E che, insomma, cambiare idea si può, solo gli stupidi e i santi non lo fanno mai davvero.
Prima parliamo dunque dell’interesse del paese, nel breve-medio periodo.
Poi torneremo all’interesse del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. È un ordine logico e di grandezze che andrebbe sempre rispettato. Nell’ordine cronologico, pure importante, tutto avverrà nella settimana che inizia il 25 di Marzo, dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. La notazione non è marginale, perché proprio quelle votazione misurerà l’esistenza di una maggioranza politica su un tema istituzionale di primordine, cioè l’elezione della seconda e della terza carica dello stato.
La prima alternativa, sostanzialmente obbligata dal risultato elettorale, è l’affidamento di un mandato a un esponente della coalizione che ha la maggioranza relativa dei seggi parlamentare e, nello specifico, a un rappresentante del principale partito della coalizione stessa. La Lega di Matteo Salvini. Se trova i numeri, le decine di parlamentari e senatori che mancano al centrodestra per avere la maggioranza, il nostro ragionamento finisce. Sia che li trovi “per sè”, sia che li trovi per un candidato premier diverso da sè. Sia che spuntino da una volonterosa scissione grillina, sia che arrivino da Marte. Game over. La destra va al governo, il premier ottiene la fiducia e la legislatura parte. Ma se non li trova, ed è quantomeno possibile che non li trovi, la palla torna a Sergio Mattarella, che ragionevolmente andrà in ordine decrescente. Per secondi arrivano i 5 Stelle, primo partito, primo gruppo parlamentare, secondi al centrodestra unito ma primi rispetto a tutti i partiti.
La domanda è obbligatoria. Per il paese, un governo delle destre guidato da Salvini sarebbe preferibile a un governo 5 stelle temprato e condizionato in maniera decisiva dal Pd? Ovviamente dipende dai punti di vista. Ma è chiaro che per chi ha a cuore i valori di civiltà giuridica e del discorso pubblico, un governo con il Pd in posizione decisiva a fare da ago della bilancia sarebbe meglio di un governo in cui i voti decisivi sono quelli di Fratelli d’Italia. Del resto, si è detto per tutta la campagna elettorale che il Pd era l’argine ai populismi, ed essere indispensabile a un populismo confuso e raffazzonato è meglio che vedere governare i populismi di estrema destra in posizione decisamente egemone, e condizionati solo dalla resistenza liberale di Renato Brunetta. Poter garantire per la tenuta dei diritti civili giustamente rivendicati come grandi conquiste nella scorsa legislatura, sarebbe meglio che assistere al loro smantellamento. Discutere del reddito di cittadinanza sarebbe meglio che vedere inasprire la Legge Bossi-Fini. O no? Per il paese è meglio, si o no?
Non sarebbe il governo migliore del mondo. Non uscirebbe dalla volontà espressa dal popolo sovrano, che ha votato il Pd contro il M5S e il M5S contro il Pd. Sarebbe frutto di negoziazioni millimetriche avvenuti nelle infinite anticamere del parlamento. Sarebbe il frutto dell’equilibrio trovato tra Franceschini e Fico, tra Gentiloni e Paola Taverna. Ma il parlamento si chiama cosi anche per quello: perchè ci si parla. E insomma, in una Repubblica parlamentare, con un paese spaccato in tre pezzi più o meno grandi, ma tutti abbastanza piccoli per governare, davvero non ci si potrebbe scandalizzare. Si guarderebbe al lavoro di questo governo, davvero politico, come è giusto, per i frutti che dà, per le scelte che prende. Del resto, insomma, il dilemma è semplice: per chi si definisce progressista, è meglio che i progressisti, seppur in minoranza, siano al governo, oppure è meglio che governino da soli i reazionari. Per di più, governando con il Movimento fondato da Grillo e guidato da Di Maio, il Pd potrebbe perfino rivendicare di governare
Già, ma qual è l’interesse, del tutto legittimo, del Partito Democratico che, seppur ammaccato, è il secondo partito italiano per consensi e l’unico partito italiano di centrosinistra?
Sul tema c’è una certa convergenza. Sono d’accordo perfino Matteo Renzi e Carlo Calenda, a quanto pare, che non è facile di questi tempi. L’interesse strategico del Pd è dire di no a qualunque alleanza. Tanto più con chi ha insultato e vilipeso il Pd (è vero anche il contrario, ma amen) come i 5 Stelle. Con chi non ha mai mantenuto la parola data su questioni importanti, proprio i 5 Stelle. Con chi, in generale, porta dentro di sè pulsioni contraddittorie, e spesso reazionarie. Avrebbero detto di sì, questo si sa, a un accordo con Berlusconi, ma sarebbe stato indispensabile che il Pd e Forza Italia non lottassero strenuamente per la palma di chi ha perso di più, a questo giro. In queste condizioni, il programma è stare radicalmente all’opposizione. Sedersi alla riva del fiume e aspettare l’altrui fallimento. Nel frattempo, giocarsi l’ennesimo interessantissimo regolamento di conti interno, all’interno di una stanza sempre più angusta. Ma questa è un’altra storia. È invece vero che per il Pd, per provare a ripartire ricostruendo un minimo di tessuto, i governi altrui, e le fatiche e i logoramenti che governare comporta, sarebbero sicuramente l’ambiente migliore. Certo, anche su questo è bene non farsi troppe illusioni, e non pensare con troppa faciloneria che ci penseranno gli altri a risolvere i problemi propri. Non è detto – non è mai detto – che le cose debbano andare come vorremmo che andassero. Potrebbe perfino succedere che un governo di destra, magari appoggiato da un pugno di responsabili grillini, galleggi su un’onda di ripresa e riesca a tirare a campare mentre nel Pd, tanto per cambiare, si litiga. In quel caso, dicevamo, sarebbe meglio per il Pd? No, certo che no. Ma è un’ipotesi abbastanza improbabile, e il potere di questi tempi logora chi ce l’ha, e al Pd, dove governano da un po’ di anni in condizioni complicate, lo sanno molto bene. Quindi, è probabile che lasciare governare la destra-destra avrebbe nel breve conseguenze politiche e culturali spiacevoli, o anche molto spiacevoli, ma nel medio periodo consentirebbe alle forze progressiste di riorganizzarsi. Naturalmente, se al governo andassero Lega, Forza Italia e un gruppo di traditori grillini sarebbe un conto; se invece ci andassero (ma per il momento sembra improbabile) m5s e lega sarebbe un altro conto. Ma questa è un’altra storia ancora.
E quindi?
E quindi boh, naturalmente. Un paese spaccato in tre pezzi, con una legge elettorale che garantisce il piacevole effetto di un’ingovernabilità endemica (che non è colpa del Rosatellum, diciamo che il Rosatellum aiuta) con tutti i risultati elettorali degli ultimi otto anni, e che forse non a caso è stata prodotta proprio nel momento in cui l’ingovernabilità sarebbe stata massima, con questa stessa legge, non consente di dire al momento cosa succederà, e cosa no. Una cosa è però sicura: saranno settimane istruttive e sorprendenti. Se abitassimo sulla luna e guardassimo le formichine italiane da lontano, con un telescopio, sarebbe anche assai divertente.
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