Partiti e politici
Il governo del cambiamento non finirà tanto presto
Si sente dire sempre più spesso: il governo giallo-verde (o giallo-blu, come Salvini preferisce chiamarlo) è allo sbando, i litigi tra i due partner si susseguono senza soluzione di continuità, l’accordo non durerà ancora per molto, al massimo fino a poco dopo le europee. Molti esponenti dell’opposizione, in particolare del Partito Democratico, continuano a sottolineare come ormai l’attuale maggioranza abbia i giorni contati, tanti e costanti sono i dissapori tra le due compagini che formano l’esecutivo retto da Conte.
A partire dai dissidi sulla Tav, per continuare con quelli sul Family Day, poi sulla scorta a Saviano, per arrivare all’accordo Lega-Front National e al partito di Salvini “abbagliato dal potere”. Tante polemiche, tanti distinguo, tante piccole o grandi provocazioni non sarebbero che i prodromi – secondo alcuni – di una imminente rottura del patto di governo tra le due forze politiche attualmente più gettonate dagli elettori italiani, almeno a dar retta ai quotidiani sondaggi.
Uno delle ragioni principali di questa preventiva chiusura del patto? Semplice: il Movimento 5 stelle continua a perdere consensi, a causa soprattutto della capacità di Salvini di portare tra le sue fila molti ex-pentastellati, che abbandonano la propria precedente scelta in favore di una forza politica più solida e con le idee più chiare su come condurre il paese. E quindi, per poter porre fine all’emorragia di voti (per ora solo virtuali, ma tra poco si saprà di più, alle europee), il M5s deve tirarsi fuori dalla sacra alleanza e tornare al suo antico solitario splendore.
Ora. C’è sicuramente del vero in come si dipinge questo scenario. Effettivamente, se si guarda alla composizione odierna dell’elettorato dei 5 stelle, si nota come ormai sia formato soprattutto da coloro che non si collocano politicamente sulla dimensione destra-sinistra (quasi la metà) e da elettori che si dichiarano di sinistra o di centro-sinistra (un altro 40%), mentre è orami ridottissima la quota di chi si definisce di destra o di centro-destra, ormai passati in massa nella Lega causando questa oggettiva perdita di consensi nel M5s. E’ giusto quindi aspettarsi una definitiva rinuncia all’accordo con la Lega, da parte del movimento capeggiato da Di Maio? Non mi pare. Per una serie di motivi che in parte ho elencato in articoli precedenti, e che qui possiamo riassumere nei due principali.
Il primo. Tornare alle urne in questo momento non è conveniente per lo stesso M5s, poiché lo farebbe nel suo momento peggiore dal punto di vista elettorale, in attesa che alcuni suoi cavalli di battaglia, come il reddito di cittadinanza o il decreto dignità, inizino a fornire qualche risposta agli italiani che ci credono. Il rischio sarebbe in questo caso di consegnare il paese direttamente nelle mani della Lega, con i suoi storici alleati di centro-destra, Forza Italia e Fratelli d’Italia, partner ideali di Salvini dal momento che condividono gran parte della sua strategia politica.
Il secondo. La crisi di consensi che ha investito i 5 stelle negli ultimi mesi non è destinata a durare, o ad acutizzarsi. Già i sondaggi più recenti, che leggerete domani sul Corriere, sottolineano una significativa ripresa dei favori nei suoi confronti, e la possibilità di un sorpasso da parte del Pd appare già quasi tramontata.
Il M5s, nella sua veste un po’ più polemica nei confronti di Salvini, non fa altro che cercare di recuperare una sua credibilità ed una sua autonomia dal compagno di governo. E questa sua strategia darà presto nuovi frutti, anche nelle tendenze di voto, in vista delle europee.
Devi fare login per commentare
Login