Partiti e politici

il gioco del cerino

13 Marzo 2018

I giorni passano e la nuova legislatura sta per essere avviata, ma sul destino politico dell’Italia è ancora nebbia fitta: dopo mesi di bellicosa campagna elettorale, in cui ciascuno dei protagonisti reclamava per sé la Presidenza del Consiglio, oggi le dichiarazioni e i retroscena rivelano un miserevole gioco del cerino, un tentativo unanime di scrollarsi di dosso la responsabilità di governare, gettando sugli altri la responsabilità dello stallo.

Il primo a disfarsi del cerino acceso è stato il Partito Democratico, che ha superato di slancio l’imbarazzo per la batosta elettorale indossando le vesti dell’orgogliosa minoranza incompresa che si ritira sull’Aventino dell’opposizione: #senzadime è l’hashtag-bandiera innalzato da quasi tutti i dirigenti del partito, dal segretario appena dimesso alla new entry Calenda, con la sola eccezione dei pugliesi Boccia e Emiliano. Dismessa la posa del “partito responsabile, unico argine contro i populisti“, il Pd punta a costringere i suddetti populisti a governare disastrosamente insieme o ad ammettere la propria impotenza, riportando il Paese alle urne in breve tempo. Ma questa strategia tantopeggista potrebbe danneggiare ulteriormente il partito, perchè rimarrebbe in mezzo al guado: da una parte, sdegnoso, all’opposizione di ogni tentativo di formare una nuova maggioranza; dall’altra, logorato dalla guida ad interim del Paese senza una piena legittimazione democratica.

Il Movimento Cinque Stelle sta cercando di passare ad altri il cerino senza darlo a vedere: nelle parole di Di Maio c’è un grande desiderio di diventare premier per “realizzare le cose” e una grande disponibilità ad allearsi con chiunque; ma la pretesa di ottenere un incarico “al buio”, presentandosi nelle aule del Parlamento a chiedere la fiducia “a chi ci sta”, sembra fatta apposta per farselo negare dal Capo dello Stato e per poter denunciare un inesistente complotto ordito dagli avversari contro il Movimento.

Altrettanto in difficoltà appare Salvini: è il vincitore della sfida interna alla sua coalizione e in teoria può contare su un nutrito sostegno nei due rami del Parlamento; ma la maggioranza è lontana e il leader della Lega, che rifiuta di allearsi sia con il Pd che con il M5S, lascia volentieri il cerino nelle mani dell’alleato Berlusconi.

Già, il vecchio Silvio: dopo tanti anni è ancora sulla scena. Mentre i giovani contendenti della vigilia si sfilano da ogni prospettiva di coalizione e di governo nel timore di “bruciarsi” (perché le promesse elettorali sono cosa ben diversa dalle possibilità reali e il consenso accumulato nelle urne può evaporare in un attimo), il Cavaliere sa che il Quirinale non si rassegnerà tanto facilmente a sciogliere le Camere appena elette; per questo si veste dell’abito del “responsabile” e invita il Partito Democratico a governare con la destra. E il cerino riprende a girare…

Così, la chiarissima richiesta di cambiamento degli elettori italiani rischia di venire ancora una volta disattesa: a meno di un’improbabile alleanza Salvini-Di Maio, la prospettiva più concreta è uno stallo prolungato. Sprecheremo parecchi mesi sotto la sbiadita reggenza del governo uscente, arrovellandoci per l’ennesima volta nella ricerca di una nuova legge elettorale; dopodiché torneremo a votare, avendo nel frattempo perso il treno dell’evoluzione dell’Unione Europea (che si sta già cucinando tra Berlino e Parigi) e chissà quanti altri. A meno che non arrivi, come nel 2011, uno tsunami finanziario a ricondurre tutti i partiti a più miti consigli: un esito che sarebbe davvero meglio evitare.

Sono questi i risultati di una campagna elettorale che i principali leaders hanno condotto come una sfida all’ultimo sangue, malgrado il meccanismo del Rostellum fosse in prevalenza proporzionale: i più bellicosi di loro sono stati premiati nelle urne, ma lo scotto da pagare per il Paese è l’impossibilità di un civile accordo tra gruppi parlamentari per realizzare un programma minimo deciso insieme. Il rischio concreto è che l’instabilità politica prolugata danneggi la nostra economia e il nostro equilibrio di bilancio: allora, il cerino acceso dai partiti ci avrà bruciato tutti quanti.

 

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