Partiti e politici

Il dopo De Luca: della nuova classe dirigente e del rischio che se la mangi il Gattopardo.

12 Aprile 2025

E niente, è finita nel modo più semplice possibile: il Giudice delle Leggi ha dichiarato incostituzionale il terzo mandato e noi, che ogni giorno mangiamo pane tostato e melassa politica fatta in casa, quasi a non crederci che potesse andare così, semplice semplice.

In realtà non c’è niente di semplice nel tempo che si apre. Si è chiuso un ciclo politico lungo dieci anni ma sotto quali auspici nasce il nuovo? Il giorno dopo è tutto un riposizionarsi, un frenare e ripartire, attendere e rilanciare.

La verità è che il tramonto deluchiano sembra calare su palazzo Salina e ci pare di sentirle quelle parole: “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.

Il tema è proprio questo, sventare ad ogni costo manovre gattopardesche, perché il rischio che si vada verso un Presidente nuovo sostenuto da schemi vecchi è tutto sotto i nostri occhi. La chiusura del decennio De Luca a quale mondo nuovo ci porta? O meglio, quale mondo nuovo intendiamo costruire? Questa domanda è ancora più assillante se a porsela è quella generazione di trentacinquenni, nativi democratici, che rischiano di essere l’ennesima generazione affiorata per sbaglio tra una manciata di rimorsi e di illusioni: non vogliamo e non possiamo permetterlo.

Beninteso, non è solo una questione generazionale; l’architrave della discussione deve essere, ancora una volta, il meccanismo di selezione della classe dirigente campana. La rivoluzione del PD di Elly Schlein non può fermarsi a Caserta Nord ed è compito di chi l’ha sostenuta impedire che questo accada, sfuggendo a ragionamenti di comodo e al conseguente rischio di arenarsi. L’orizzonte nefasto e non molto lontano che si staglia sotto gli occhi di tanti tra noi è ben descritto da quel “conservare progredendo” che fu la parola d’ordine di una certa parte al Congresso di Vienna.

Insomma, serve coraggio, serve l’audacia di costruire candidature credibili che raccontino storie fatte di battaglie per la gente e per i territori, cresciute nei luoghi del disagio e della sofferenza, che sappiano attingere a piene mani nel tempo di una generazione che in questo partito è cresciuta nella militanza e nell’impegno. Non possiamo rinunciare al nostro pensiero sulle cose del mondo per impelagarci, anche noi, in una discussione tutta incentrata sui voti delle filiere di famiglia. Questa roba non siamo noi, il nostro compito è un altro. Noi non possiamo rinunciare, se necessario, anche al conflitto: la sinistra che rinuncia al conflitto, alla durezza dello scontro, produce sintesi dai piedi d’argilla. Chi non attraversa il conflitto e dice di aver prodotto sintesi sta, in realtà, proponendo o una posizione di comodo o la posizione che soddisfa gli interessi e le convenienze del più forte da cui, domani, elemosinare prebende.

Questo tempo è nostro, prendiamocelo, prima che se lo mangi il Gattopardo.

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