Partiti e politici
Il coronavirus cambierà la nostra idea di politica
Un paio di giorni fa mi hanno chiesto, in qualità di sociologo, se nonostante tutto (le vite perdute, i disagi sociali, la crisi economica che verrà), il coronavirus – nel suo tragico passaggio – stia lasciando anche tracce positive.
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Un po’ ce ne sono, indubbiamente. Prima di tutto l’abbassamento del tasso di inquinamento, in particolare nelle grandi città; quello che nessun movimento ambientalista era riuscito a fare, in anni di inutili tentativi, al virus è riuscito in poco tempo. Certo, purtroppo non possiamo beneficiarne a sufficienza, costretti a rimanere nelle nostre case. Ma l’aria è più pulita e, almeno per questo, riusciamo a respirare meglio.
Abbiamo poi avuto il deciso incremento del telelavoro (home-working, da alcuni chiamato impropriamente smart working), che potrebbe far nascere forme di collaborazione tra cittadini e aziende inedite anche nel futuro e, tra l’altro, contribuire anch’esso ad abbassare le polveri sottili.
Un terzo aspetto, forse più psicologico, è emerso: una maggior consapevolezza della nostra fragilità, della nostra caducità. La fiducia nei passi da gigante della medicina, il significativo miglioramento nella lotta contro il cancro e altre malattie, l’aumento dell’età media di vita, tutto questo e altro ancora ci proiettava facilmente verso l’idea di una sorta di immortalità. E’ bastato poco a farci rendere conto che non tutto è così sicuro, che il nostro rapporto con l’ambiente e con la natura può essere rimesso in discussione in pochi giorni. Forse ancor più di Greta, il corona ci ha instillato giusti dubbi sul futuro prossimo.
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E la politica? Ha avuto qualche effetto anche sul mondo politico, o sul nostro modo di relazionarci con la politica? Forse un poco sì. Non tanto sulle tendenze di voto, che non sono mutate in maniera significativa da un paio di mesi a questa parte: Lega sempre intorno al 30%, Pd intorno al 20%, decrescita dei 5 stelle e crescita della Meloni, che tenta di insediare il terzo posto ai pentastellati.
Nemmeno gli attori politici sono mutati, se non forse nelle ultime ore. Sempre pronti a polemizzare, a scontrarsi sulle piccole cose, con una collaborazione scarsa sui grandi eventi epocali come quello che stiamo vivendo.
Quello che sta cambiando, nei cittadini-elettori, è l’idea che la politica non sia la piccola guerra di posizione, l’immigrazione è mia, il reddito di cittadinanza è tuo, l’economia è mia mentre la sicurezza è il tuo campo di raccolto. Ma che la politica debba essere al servizio della popolazione, debba dirigere i grandi eventi e deve farlo in maniera unitaria, per il bene del paese.
Passata la tempesta coronarica, gli elettori chiederanno sempre più ai partiti e ai politici un progetto più ampio, una visione più chiara e strategica di dove sta andando il mondo, nella speranza che qualcuno sia pronto a fronteggiarne i problemi e i rischi che derivano dalle scelte che si compiono.
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E che ognuno si prenda carico di queste scelte, sapendo che si verrà giudicati dalla capacità di indicare un percorso fattibile per la nostra società futura, che ora abbiamo finalmente capito essere altamente fragile, e complessa.
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