Partiti e politici
Il centro-destra riconquista la Sicilia
Da molto tempo, la Sicilia mostra un’interessante capacità di anticipare o enfatizzare, nei suoi risultati elettorali, quello che capita – o capiterà – a livello nazionale. E’ in grado di fotografare, enfatizzandola, la tendenza del paese nel suo complesso: quasi una sorta di socializzazione politico-elettorale anticipatoria, in cui la nostra isola maggiore si presenta pronta a ratificare ciò che gli altri non hanno ancora inteso pienamente.
Molti di noi ricorderanno il cappotto nei collegi siciliani della coalizione di Berlusconi, nel lontano 2001. E così è accaduto in quasi tutte le elezioni, fino alle ultime regionali, quando il verdetto fu molto simile a quello delle politiche del 2013, con il Partito Democratico vincitore di poco, e con il grande inatteso exploit del Movimento 5 stelle. Inaspettato, come lo fu qualche mese dopo. O ancora nel referendum dello scorso anno, quando il NO isolano superò abbondantemente il 70% dei votanti, indicando chiaramente al paese che di Renzi non ci si fidava più.
Da dove derivi questa fatale capacità divinatoria sarà tema di dibattito futuro. Oggi dobbiamo invece capire quali saranno i risultati di domenica 5 novembre, per comprendere dunque, con qualche mese di anticipo, cosa succederà alla prossime politiche nazionali. Abbiamo appreso dagli ultimi sondaggi disponibili, prima del black-out demoscopico di un paio di settimane fa, che la competizione ruota attorno al duello tra Musumeci, candidato del centro-destra, e Cancelleri, rappresentante dei 5 stelle. Nettamente distanziati apparivano invece Micari, del centro-sinistra, e Fava, della sinistra più radicale.
Chi vincerà dunque? Nel duello tra la restaurazione e la rivoluzione, la mia impressione è che il testa-a-testa finale si risolverà con la vittoria di Musumeci: è probabile che i siciliani, pur desiderosi di grandi mutamenti nella gestione delle cose della loro regione, non siano pronti a dare fiducia ad una forza politica che ancora deve assestare compiutamente le proprie capacità di governo. Dopo le prove un po’ insufficienti nelle città dove il movimento fondato da Grillo si è cimentato, è difficile che si fidino già adesso. Lo voteranno in tanti, questo è sicuro, ma non troppi, non abbastanza per consegnare loro il governo della regione.
Un nuovo ritorno al centro-destra, che per la verità ha governato quasi sempre in Sicilia, avrebbe lo scopo di evitare possibili scenari incontrollati, con la giovane forza politica pentastellata giudicata non ancora in grado di farsi carico dei gravi problemi tuttora irrisolti della nostra maggiore isola. Un’incognita. E, tutto sommato, non penso che un risultato del genere dispiaccia completamente agli stessi M5s, consci delle difficoltà cui andrebbero incontro nei primi mesi di governo locale, che potrebbero divenire esiziali per la loro buona resa nazionale, nelle politiche della prossima primavera.
E il Pd? E Renzi? E la sinistra? Come le stelle (decadute), staranno a guardare. Hanno scelto di non unirsi, come peraltro nelle scorse regionali, ma non possono sfruttare, in questa occasione, le divisioni passate del centro-destra. E quindi perderanno. Forse sarà una sconfitta produttiva, in vista della loro possibile ipotesi coalizione delle politiche. Forse si renderanno meglio conto di quanto deboli siano oggi, in Sicilia come nel resto del paese, stando a litigare per tutto il tempo. Forse si daranno una mossa, e cambieranno i propri inutili atteggiamenti belligeranti. Ma forse no, e allora perderanno anche nelle politiche, lasciando via libera pure a livello nazionale al centro-destra e ai 5 stelle.
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