Partiti e politici
il calciomercato
Da ormai molti anni, la coerenza è diventata per i politici un inutile ingombro, perché restare fedeli a ideali, simboli e idee – o anche solo alle promesse elettorali più recenti – rallenta l’azione e non serve né a conquistare, nè a mantenere il consenso: noi elettori tendiamo infatti a votare in base all’umore del momento elettorale o alla simpatia dei leader, che possono poi permettersi impunemente cambi di casacca, inciuci e cambiaverso di ogni tipo.
In questi ultimi giorni, però, la tendenza alla metamorfosi – che un tempo si sarebbe chiamata trasformismo – ha raggiunto vette himalayane di sfacciataggine. Il Machiavelli di Rignano, colui che ha aperto una crisi di governo al buio nel bel mezzo della pandemia per insormontabili difficoltà sui contenuti, oggi si dichiara pronto a sostenere senza condizioni il nuovo esecutivo di Mario Draghi, trasportato dall’entusiasmo per il futuro premier; dall’altra parte il Capitano dei sovranisti, fiero avversario dei tecnocrati di Bruxelles e nemico giurato della Boldrini, si è svegliato europeista ed ecumenicamente disposto a stare in maggioranza con la ex Presidentessa della Camera, senza pregiudizi. Roba da far nevicare sabbia: e infatti.
Come previsto, le spettacolari inversioni a U dei due leader sono state accolte tra gli applausi dei rispettivi fan club. Ma non solo: tutto il coro mediatico dei giornalisti ed opinionisti politici le ha lodate all’unisono, non come dimostrazioni di responsabilità verso il Paese, ma come capolavori di tattica. Confesso che, sebbene mi consideri un’osservatrice disillusa, questi comportamenti mi hanno sconcertato: va bene la disinvoltura, va bene l’ipocrisia; ma così, mi è sembrato che la politica avesse perso ogni parvenza di senso logico… fino a quando ho avuto una specie di illuminazione: quello che sta avvenendo non è più politica, ma calciomercato.
Basta fare caso alle metafore usate per descrivere Draghi: per Renzi è “come Baggio, non gli spieghi come si tirano i rigori”; per i leghisti è “un fuoriclasse come Ronaldo, non può stare in panchina”. L’ex governatore della BCE è visto come un grande campione improvvisamente svincolato, sul quale le squadre si affrettano a investire tutto il proprio capitale politico per acquisirlo: se è necessario ci si possono rimangiare dichiarazioni, alleanze e interi pezzi di linea politica, pur di assicurarsene il cartellino. Le tifoserie – cioè, fuor di una metafora nemmeno troppo lontana dalla realtà, gli elettorati – festeggeranno l’arrivo senza rimpianti e, nel caso, non si scomporranno minimamente nel vedere il bomber della squadra rivale che indossa i propri colori: come ha candidamente spiegato un esponente leghista, “Draghi era un avversario quando giocava in Europa, ma ora gioca con noi“: quindi, dopo averlo insultato per anni, ora si può applaudirlo, perchè “può fare tanti goal”.
C’è, in questa visione, una desolante superficialità che ha condotto a un colossale equivoco. Mario Draghi non è infatti un calciatore in cerca di contratto ma, casomai, un allenatore che sta per scegliere la composizione della sua squadra: sarà lui, indicando i nomi dei ministri e le linee programmatiche del suo governo, a determinare come sarà la sua maggioranza. Il premier incaricato può infatti concedersi il lusso di selezionare una rosa di soli tecnici da “prendere o lasciare”, scaricando sui partiti che hanno avanzato le loro profferte di sostegno l’onere di ritirarle e di precipitare il Paese nel disastro; oppure, può chiamare nel suo esecutivo esponenti di alcune forze politiche e non di altre, riducendo il perimetro della coalizione di governo a suo piacimento.
Comunque vada, tra pochi giorni il fantacalcio sarà terminato e il nuovo Presidente del Consiglio potrà affrontare il problema più urgente: la pandemia, che richiede un vero e proprio whatever it takes per essere affrontata al giusto livello – non solo nazionale, ma europeo – e finalmente fermata. Ai nostri testosteronici leader toccherà mettersi, con umiltà, al servizio di questo compito, dimostrando di avere fiato e gambe: altrimenti, per loro ci sarà una meritata retrocessione.
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