Partiti e politici
I voti vanno e vengono…
I voti ormai, in buona parte, non “appartengono” all’uno o all’altro partito : semplicemente vanno e vengono.
I partiti se li guadagnano o perdono in ragione delle scelte che hanno fatto o subito, delle condizioni generali del paese, delle capacità comunicazionali e della simpatia dei leader.
Il pd ha subito il combinato disposto di tutte e tre queste combinazioni:
– la crisi è dura e ancora lontana dall’ essere superata;
– il fatto di avere governato per tutti questi anni mette automaticamente il pd sul banco degli imputati (e giova a chi sta all’opposizione negare i risultati raggiunti o semplicemente definirli insufficienti)
– il carattere di Renzi facilmente appare – a tutti quelli che non ne apprezzino energia realizzativa e prestanza dialettica – come prevaricatorio e arrogante.
Adesso vedremo se esiste la possibilità di un recupero: con il paese governato da altri, con la crisi ancora lontana da soluzioni, ma affidata a “medici” diversi (anzi: alternativi) con il pd “derenzizzato” come si usa dire con terribile neologismo.
Forse il pd ha toccato il fondo.
Oppure cerca di convincersene e alla prossima tornata dovrà scavare ancora per raggiungerlo.
Tra 6/12 mesi, quando si tornerà inevitabilmente a votare, però, in teoria, tutti i fardelli che ha avuto il pd li avranno altri.
Adesso sono altri leader e altri partiti ad avere il boccino in mano.
E le prime dichiarazioni sembrano già meno granitiche e mirabolanti di quelle della settimana che ha preceduto le elezioni.
Il reddito di cittadinanza? Piace al 32% dei votanti, basterebbe che piacesse anche a quelli che hanno votato Lega e andrebbe in porto…ma non è così.
La flat tax? È incostituzionale ( ma lo si sapeva anche prima) dà speranza, ma non certezza di recupero dell’evasione (ma lo si sapeva anche prima).
Le alleanze per governare? Un giorno il pd è invitato ad essere responsabile, un giorno escluso dal novero dei possibili alleati.
Insomma, i leader vincenti, Salvini e Di Maio un po’ sembrano tentati dall’idea di governare – e ciò vuol dire cercare alleanze, quindi mediazioni – un po’ sembrano tentati dall’idea di continuare imperterriti la loro campagna elettorale con la speranza di far saltare il banco al prossimo giro.
Con una differenza tra i due.
Di Maio sembra più orientato alla prima soluzione (sa che su di lui incombe la regola dell’alternanza e la prossima volta magari qualcuno decide che il candidato premier debba essere Di Battista, rimasto in panchina ad aspettare il suo turno)
Salvini sembra più orientato alla seconda strategia (convinto com’è di avere ancora qualche milione di voti da “rubare” a Berlusconi).
In tutto questo bailamme, il pd non può assumere iniziative, essendo evidente quello che ho scritto sopra cioè che il boccino sta nelle mani dei vincitori, cui tocca costruire delle soluzioni (se lo vogliono e se ne sono capaci).
Può solo mantenere i nervi saldi. E magari cercare di non indebolirsi con inutili e perniciose lotte fratricide.
I voti vanno e vengono…
Chiudo ricordando il titolo di un film con Humphrey Bogart che ho visto da ragazzo, Solo chi cade può risorgere.
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