Partiti e politici

I tre giorni del condor Salvini tra vizi, puttane e pannolini da lavare

17 Agosto 2015

Incuriosiscono i tre giorni del condor Salvini, che a novembre promette di bloccare l’Italia «per mandare a casa Renzi». Si smetterà di consumare, urlacchia il ‘felpato’ Matteo, «inviteremo a non acquistare i prodotti che finanziano lo Stato», si richiama alle Cinque giornate di Milano, e guardando meglio è proprio un attacco diretto al cuore dei nostri peccati, alle centrali del vizio collettivo, paradossalmente monche di una parte fondamentale, perché se l’ordine perentorio del leader leghista è quello di smettere di fumare, svapare e giocare alle macchinette mangiasoldi per ben 72 ore, visto che un bel tot finisce nella tasche di Padoan, nulla si potrà fare – con gran sospirone di sollievo legaiolo – contro la consumazione folle e senza sosta dell’amor mercenario, dal momento che è ancora totalmente extra-gettito statale, insomma s’andrà a puttane in quei tre giorni con gran soddisfazione molto più che nella normalità, visto che non si gioca e non si fuma e di non tassato dunque resta solo il sesso da strada, postribolo, o salotto damascato. E questo sarebbe già il primo fallimento di quel ‘patacca’ del Salvini, che sulla prostituzione insiste da tempo che le signorine contribuiscano al bilancio dello stato e che invece stavolta dovrà lasciare briglia sciolta al popolo leghista di battere in lungo e in largo la provincia lombarda più viziosa.

Del resto, quello della prostituzione dev’essere un tarlo di famiglia, e forse qualcosa d’inconscio vorrà pur significare, se un certo numero di anni fa il sindaco leghista di Milano che era Marco Formentini decise che doveva finire quello scempio cittadino e per farlo finire escogitò un espediente scassaquindici: fotografare il puttaniere in avvicinamento alla signorina e poi mandare a casa tanto di verbale per sosta “equivoca”, in modo che le mogli potessero essere civicamente avvertite di quella simpatica attitudine proprio dal Comune. Quando si dice le istituzioni vicine al cittadino.

Ma insomma, è difficile star seri e imporsi una riflessione conseguente quando Matteo Salvini se ne esce con le sue sparate e questa dei tre giorni di “secca” statale è certamente una delle più suggestive. Gli va dato lo spazio che merita, per carità, pensando anche che in quei tre giorni lavorativi la gente avrà un sacco da fare, andrà e tornerà dal lavoro, farà le fila in metropolitana, le madri porteranno la croce del triplo lavoro, quello regolare d’ufficio con appendici varie, dai pannolini da cambiare a spentolare per mariti fancazzisti spalmati sul divano davanti alla televisione, ci saranno code straordinarie sul raccordo anulare di Roma, a Milano magari pioverà da bestia in quei tre giorni del condor e le persone al solo nome Salvini allungheranno il passo. Perché la capacità di spostare persone in numero ragguardevole, modificare le loro abitudini, pretendere ch’esse si facciano subalterne rispetto ai diversivi della politica, beh questa è attitudine celeste e per riempire uno, due, dieci, mille San Siro ci vuole ben altro che lo scioperello contro lo stato, tanto poi il fumatore se le ruberà di nascosto le siga.

Ovviamente, l’organizzazione leghista farà il suo e come già i sindacati porterà prove tangibili di un successo planetario dell’operazione. Diffidatene opportunamente, in quei tre giorni l’Italia se ne fotterà generosamente di Salvini e dei suoi capricci occupandosi d’altro. È un fatto che quando si esce dall’argomento migranti, un must decisamente salviniano che sta rendendo più del suo effettivo valore, le bubbole del leghismo vengono generosamente in superficie per quello che sono. Non hanno struttura, nè tanto meno potrebbero essere definite situazioniste, mancando di visione e di fantasia. Ma l’uomo Salvini non pretende di sorprendere culturalmente, come monsignor Galantino ha già avuto modo di verificare. Intende solleticare le nostre disposizioni d’animo più liquidatorie, vuole rassicurarci sul fatto d’essere l’unico in Italia che non calerà mai le braghe di fronte al fenomeno degli sbarchi, ci chiede di venire al suo livello, di fare questo sforzo pur essendo magari un po” più sofisticati di lui. Ci dice di abbandonare il nostro stile, che ci vorrebbe solidali per convenzione più che per convinzione, almeno per un po’ di tempo, che farà lui il lavoro sporco per noi, che la nostra coscienza non dovrà rimordere. Ci chiede semplicemente di non essere noi. O finalmente di esserlo consapevolmente.

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