Partiti e politici
I sondaggi che lo vedono in calo innervosiscono Salvini
Non è una novità, il fatto che i sondaggi creino malumori tra le forze politiche che stanno vivendo un momento critico, nella percezione e nel consenso degli elettori. Gioca per loro, immediatamente, una reazione pavloviana: se ci danno in calo, quel sondaggio è manipolato, costruito ad arte per far credere che stiamo perdendo voti, sarà certo sponsorizzato dagli avversari politici.
Molto molto raramente si cerca di prenderlo in considerazione per quello che realmente è: una evidente fotografia degli orientamenti di voto dei cittadini, che dovrebbe far riflettere i leader di quel partito sulle conseguenze delle proprie azioni, del proprio comportamento, delle proprie proposte.
E ciò che è capitato pochi giorni orsono non fa che confermare questa sorta di “legge ferrea”. Sulle pagine della Stampa è apparso un sondaggio di Ipsos (effettuato peraltro in forma riservata, cioè da non divulgare, ma tant’è) in cui veniva presentata una situazione piuttosto fluida nella competizione tra gli attuali primi tre partiti italiani, tutti racchiusi in una forbice di meno di un punto percentuale: 20,8%, 20,5% e 20,1%. Nell’ordine: Pd, Fd’I e Lega.
Il che, ovviamente per chi mastica almeno un pochino i problemi del campionamento, ci porta a dire che i tre partiti sono sostanzialmente sullo stesso piano. Ma Salvini non ci sta, e dichiara a tutti i media possibili che Ipsos lavora per il Pd, è amico di Letta, eccetera eccetera. Il fatto che per la prima volta da molti mesi la Lega non venga indicata come primo partito diventa nelle sue dichiarazioni una frode bella e buona. E così si lancia nelle consuete accuse.
Ma la situazione reale è sotto gli occhi di tutti. La formazione leghista, che soltanto due anni fa trionfava alle Europee con oltre un terzo dei voti, poco alla volta si sta ridimensionando nel cuore degli elettori: ha perso da allora 10-12 punti, con un calo costante di circa un punto ogni due-tre mesi, sostanzialmente a favore del partito della Meloni, che oggi non a caso insidia la sua leadership all’interno del centro-destra. Per inciso, se ricordiamo quanto accaduto a Renzi, precipitato dal 40% al 17% in poco più di tre anni, non ci dovremmo stupire più di niente.
Il dato attuale è evidente: l’ala meno moderata dell’area di destra detiene una quota stabile di elettorato intorno al 40%, che si divide tra Lega e Fratelli d’Italia; al crescere di una delle due forze politiche, l’altra decresce. Oggi (o magari domani o dopodomani, ma cambia poco), i due partiti sono più o meno appaiati negli orientamenti di voto, come testimoniato dall’ultima rilevazione odierna di Ipsos, che vede la Lega al 20,2% e Fd’I al 20%, per un veloce controsorpasso, cui forse seguirà a breve un altro controsorpasso, come in una tappa di montagna al Giro d’Italia.
Ma una tappa non è il Giro. Da oggi alle prossime elezioni c’è molto tempo, c’è tempo per la Lega di recuperare un po’ di energie, o per Giorgia Meloni di staccare definitivamente Salvini. Dipenderà da come si muoveranno stando uno al governo e l’altra all’opposizione, fruendo dei rispettivi vantaggi e svantaggi della propria collocazione politica.
E il Partito Democratico? Sta sempre lì, tra il 19 e il 21%, senza suscitare particolari entusiasmi né particolari esecrazioni. Può risultare il primo partito se continua una situazione di stallo tra gli altri due contendenti, come tornare secondo o terzo in un prossimo sondaggio, soprattutto se la sua comunicazione non torna a funzionare egregiamente.
Ci sono tre liste poco distanziate tra loro. Occorre prenderne atto. E lavorare, anziché polemizzare.
Università degli Studi di Milano
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