Partiti e politici

Ecco perché oggi i sondaggi sbagliano (anche) in Gran Bretagna

8 Maggio 2015

Già. L’ennesimo fallimento dei sondaggi. In Uk, come poco tempo fa in Israele, per non parlare dell’Italia e della Francia, gli istituti demoscopici sembra facciano apposta a dare una falsa immagine di quanto potrà succedere nel segreto dell’urna. Forse per creare un po’ di suspence, per avere qualche sorpresa dalle nottate elettorali. Vi immaginate, se le previsioni fossero perfette, che crollo di audience nelle trasmissioni che attendono il responso finale del voto?

Un po’ in Italia ci consoliamo. Anche i maghi dei numeri, quelli che hanno inventato le analisi campionarie, il mondo anglosassone, nonostante una presunta superiore professionalità, non ci azzeccano poi un granchè. Proviamo allora a capire cosa è successo e le cause di queste distorsioni. Nel Regno Unito, come in tutti i paesi che utilizzano sistemi uninominali, occorre produrre due stime, una per le percentuali ai partiti e l’altra per il numero di seggi in Parlamento. Si sa infatti che, con quella legge elettorale, le due cose non sono per nulla correlate.

Gli istituti inglesi, in questa occasione, ci hanno invece parlato di due risultati abbastanza simili, per i due partiti maggiori, Tory e Labour. Entrambi venivano stimati intorno al 33-35% di voti, con un’ipotesi di seggi vicina ai 270-280 per ciascuno, sia pur con una lieve prevalenza per i Conservatori. Lo spoglio ci ha invece detto che il distacco non era di un paio di punti, ma di ben sei e mezzo. Se consultate uno statistico, vi dirà che in fondo non si tratta qui di un vero errore: ogni campione di 1000-2000 casi ha infatti un margine di incertezza di un paio di punti (in più o in meno) ed entrambi i risultati stavano all’interno di questo margine. Se per gli statistici questo funziona, per il pubblico però la cosa non sta bene. Pensare ad un quasi-pareggio e trovarsi con un distacco così elevato non aiuta a rendere i sondaggi simpatici e degni di fiducia.

Ma l’errore più madornale, qui in perfetto accordo con il giudizio degli statistici, sta nella stima dei seggi. I Conservatori ne hanno vinti almeno 50 in più e i Laburisti 40 in meno delle previsioni. Il distacco potenziale di 10-15 seggi è diventato di quasi 100. Uno scenario dunque completamente diverso: le aspettative di possibile vittoria, sia pur risicata, di Milliband sono risultate totalmente sballate e inattendibili. La pessima performance degli istituti di ricerca è in questo caso evidente e ingiustificabile.

E i motivi? Diciamo che i più importanti sono tre, uno più tecnico, gli altri due più politici. Dal punto di vista tecnico, è giusto ricordare che ogni collegio fa storia a sé. Occorrerebbero pertanto tanti piccoli campioni per ogni singola “constituency” per stimare il risultato. La spesa sarebbe enorme e quindi, solitamente, ci si limita ad analizzare solo qualche collegio più incerto, per capire che aria tira, dando lo stesso trend anche agli altri collegi. Questo spesso funziona, ma non quando entrano in gioco anche gli altri due fattori. Il primo, nelle elezioni odierne, è legato al comportamento degli elettori scozzesi: Macbeth ed il suo popolo, ieri, hanno abbandonato in massa il loro storico appoggio ai laburisti, per scegliere il proprio partito nazionalista, che è infatti cresciuto di ben 50 seggi, la maggior parte dei quali andava negli anni passati proprio al Labour. Si sapeva che qualcosa sarebbe cambiato, dopo il referendum dello scorso anno, ma non certo in questa misura.

Secondo problema, diffuso in tutta l’isola, è quello della progressiva perdita di memoria storica da parte dell’elettorato. Solitamente, chi vinceva conquistava i cosiddetti collegi marginali, quelli più incerti nella loro tradizione. Oggi sia i Tories che il Labour hanno perso e conquistato un gran numero di collegi, che sono passati da una parte all’altra e viceversa. Come se, ad esempio, nell’Emilia rossa molti passassero a destra e nel Veneto di destra e leghista molti passassero a sinistra. Insomma, un gran rimescolamento di carte, a dispetto della tradizione di voto consolidata negli anni.

Dunque: il voto sta diventando effettivamente più libero, non soltanto in direzione delle forze nuove, inedite, ma anche nei passaggi tra gli schieramenti tradizionali. La fedeltà di voto si sta trasformando in un mito buono per gli studi storici. Oggi l’elettore liquido sta prendendo il sopravvento. Un bene o un male?

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