Partiti e politici
I soldi di Onorato a Casaleggio e Renzi, la punta di un gigantesco iceberg
La Moby di Vincenzo Onorato rilevò alcuni anni fa da una società a partecipazione pubblica la Tirrenia e opera rotte marittime in convenzione con lo Stato.
Fiorenza Sarzanini scrive (Corriere della Sera, 22 dicembre 2019) che Moby ha firmato un “contratto di partnership” con la società che gestisce il blog di Beppe Grillo. In cambio di 120 mila euro annui, essa “garantisce sia l’inserimento di messaggi promozionali, sia ‘contenuti redazionali’ con interviste a testimonial della Moby”.
Moby, scrive Sarzanini, ha anche commissionato alla Casaleggio & Associati “la stesura di un piano strategico e la gestione di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e gli stakeholder del settore marittimo sulla limitazione dei benefici fiscali del Registro Internazionale alle sole navi che imbarcano equipaggi italiani o comunitari”. Il compenso per Casaleggio&Associati, ritenuto il vero king maker del Movimento 5 Stelle, è di 600 mila euro, che possono aumentare se gli obiettivi del piano sono raggiunti.
Onorato e Moby hanno anche finanziato la fondazione Open di Matteo Renzi, scrive sempre Sarzanini, per 150 mila euro totali. Sarzanini ricorda il pubblico ringraziamento di Onorato in occasione dell’approvazione di una legge sul regime fiscale proposta, scrive sempre Sarzanini, dal deputato Cociancich allora Pd, ora Italia Viva.
Tali operazioni sono state segnalate come sospette dall’Unità di Informazione Finanziaria, braccio della Banca d’Italia per contrastare il riciclaggio. Il governo è criticato per aver chiesto pareri – si spera gratuiti – alla Casaleggio&Associati sui piani italiani per l’innovazione, ma è strano che il pezzo di Sarzanini non abbia attratto l’attenzione che merita.
Si è tentati di crocifiggere il solo M5S, la cui immagine di “duro e puro” da queste notizie esce molto male, ma la verità è assai più gravida di rischi: esse paiono la punta di un iceberg che può lesionare gravemente, se non affondare, la nave della Democrazia, quella con la D maiuscola.
Decenni di lotte insensate contro il finanziamento pubblico dei partiti ci regalano questo bel risultato: essi possono trovare accettabile, al tacito motto di “primum vivere” o del “così fan tutti”, incassare denari con la mano destra da un soggetto, mentre approvano provvedimenti a favore di questo con la sinistra: è l’altra mano, si badi bene, non la stessa, non c’è nessuna relazione fra le due!
La via maestra l’ha individuata Silvio Berlusconi, ma esse è alla portata di pochi. Farsi un partito con i soldi propri, così non ci saranno equivoci: esso farà gli interessi di chi paga i conti a fine mese. Poi c’è la strada della Lega, ex Lega Lombarda, poi Lega Nord; per cercare di smacchiare i 49 milioni sottratti alle casse statali essa si chiama ora “Per Salvini premier”. Come scrive Gad Lerner (Repubblica, 22 dicembre 2019) non già Salvini per la Lega, ma la Lega per Salvini! Neanche Berlusconi aveva osato tanto!
Ne sarà lieta la Repubblica Italiana che (salvo incidenti di percorso sempre possibili) se li vedrà restituire in comode rate bimestrali da 100 mila euro. La quietanza finale sarà rilasciata al successore di Salvini da un funzionario statale che non è ancora nato, nel 2099. Onorato è uomo che tiene all’onore e così ci assicura della nobiltà dei suoi intenti: “Credo e crederò sempre negli ideali sociali di Renzi”.
Moby è in lite con un pool di creditori che ha rilevato gran parte di un suo prestito obbligazionario e s’oppone alla cessione di alcune sue navi. Sarebbe interessante sapere se essi contesteranno ad Onorato tali pagamenti, che han ridotto la probabilità di rimborso delle obbligazioni in loro possesso, o se invece plaudiranno a tali iniziative in quanto, al contrario, aumenteranno le probabilità e quindi ritenute confacenti agli interessi di Moby. Nessuna delle due alternative pare apprezzabile da chi abbia a cuore il corretto funzionamento di una democrazia.
Certo, come si dice, “mal comune mezzo gaudio”. Gli Usa mettono in scena da sempre una rappresentazione vergognosa dei rapporti fra denari privati e politica. Non servono nomi o esempi. Questa è la malattia della democrazia, la cui corruzione ed inefficienza alimentano un pernicioso mito: “l’uomo forte”. L’aggettivo andrebbe ancora bene, è il sostantivo a non permettere a Giorgia Meloni di concorrere.
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