Partiti e politici
I paracadutati imposti dal Pd di Renzi e l’inutile sacrificio di Gianni Cuperlo
Nella rossa Modena, nel regno di Matteo Richetti, braccio destro di Matteo Renzi, queste prime giornate di campagna elettorale post-presentazione delle liste hanno avuto come tema dominante i tanti candidati ‘paracadutati’. Beatrice Lorenzin in primis, ma anche il ministro Claudio De Vincenti e Piero Fassino per il Pd, l’imprenditrice italo-americana Ylenia Lucaselli per Fratelli d’Italia (i cui trascorsi da candidata Pd in Puglia hanno fatto discutere) e Vittorio Sgarbi per Forza Italia.
Eppure nel vortice della campagna elettorale, che tutto fagocita in poche ore, si rischia di dimenticare troppo in fretta una storia per certi versi unica che ha avuto come sfondo proprio Modena, ma anche Trieste. Una storia bella e triste. Triste come tutte le storie belle. Bella come quelle storie di cui la politica, e non solo, ha bisogno. Quelle delle quali tutti vorrebbero essere protagonisti, ma che pochissimi hanno il coraggio di incarnare. Una di quelle storie dove il buono perde. Senza rivincite.
E’ la storia di un 56enne triestino, dirigente di partito, dal volto austero, dai capelli sottili e composti e dalla erre assente. Gianni Cuperlo.
Ex candidato alle primarie per la segreteria Pd contro Renzi, ex presidente del Pd, Cuperlo ha deciso di non accettare la candidatura propostagli dal suo partito in un collegio sicuro. Il collegio di Sassuolo, paesone modenese di 40mila abitanti, vicinissimo a quella Fiorano che ha dato i natali a Richetti, Comune noto per essere tra le capitali mondiali della ceramica. Ecco, in questo contesto dove politica ed economia si intrecciano, dove gli ideali e gli interessi coincidono, Cuperlo ha detto ‘no’ all’obiettivo di ogni politico, alla meta per la quale molti farebbero (e fanno) ogni cosa, il traguardo, la poltrona dorata da 10 e passa mila euro al mese per la quale si tradisce, si calpesta se stessi, si buttano a mare amici e si rinnegano ideali.
Cuperlo ha detto no per principio, perchè (come ha spiegato) a Sassuolo voleva ‘ci fosse una candidata o un candidato che di quei luoghi si senta parte. Molto più di me. Come è giusto che sia’.
Una rinuncia vera, non come quella opportunista di chi sa di essere trombato e vuole salvarsi all’ultimo (si pensi alla rinuncia telecomandata del segretario cittadino modenese Andrea Bortolamasi, fidatissimo del presidente della Regione Stefano Bonaccini, che già sapeva non sarebbe stato in lista). Alcuni diranno che Cuperlo ha scelto così per il bene della corrente interna di opposizione Pd o perchè prepara l’approdo in Art1 o perchè gli è stato assicurato chissà cosa. Ma un dato resta: in poche ore questo uomo schivo e dal volto affilato ha deciso di rinunciare a quello a cui nessun politico avrebbe rinunciato.
Una follia.
Follia doppia, se si considera come è andata a finire. Il Pd di Renzi ha accettato la rinuncia e non solo non ha accolto l’invito di Cuperlo a candidare a Sassuolo un modenese, ma ha sfruttato questo sacrificio personale in nome di un ideale per risolvere una bega interna e piazzare il ministro De Vincenti.
‘Cuperlo ha appreso in diretta della candidatura, mi ha chiesto se i compagni di Modena ne sapessero qualcosa, il resto l’ha fatto lui comunicandocelo a decisione presa. Una persona di una volta, direbbero a Soliera’ – ha scritto a riguardo il deputato uscente Davide Baruffi. E’ così. Senza rivincite, senza finali a sorpresa: il buono (certo, non l’eroe perchè gli eroi sono altri) che perde e l’arrivista che vince. Una storia bella e triste.
Triste come solo le storie belle sanno essere.
Giuseppe Leonelli
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