Partiti e politici

i macchinisti ubriachi

30 Aprile 2019

A Brescia la corsa di un Frecciarossa in partenza per Napoli è stata soppressa perché un capotreno si è accorto che i due macchinisti erano ubriachi: Trenitalia ha spiegato che la cancellazione “è stata disposta dopo aver accertato la non idoneità dell’equipaggio alla conduzione del treno“.

La vicenda è finita bene e perciò si potrebbe liquidarla con un sorriso di ilarità, se non fosse che appare immediatamente come un’inquietante metafora.

Sempre più spesso, quando mi capita di sentire in tv le dichiarazioni dei due leader di partito che sono in questo momento alla guida dell’Italia, ho un’allarmante sensazione di mancanza di sobrietà. Uso questa parola non (solo) nel suo senso figurato, per alludere a discorsi inutilmente roboanti e sopra le righe, ma nel suo significato proprio, cioè nell’accezione di “contrario di ebbrezza”.

In altre parole, i due vice-premier mi danno l’impressione di essere su di giri e poco consapevoli della situazione in cui si trovano. Prendiamo il ministro dell’Interno: interpellato su dove il governo pensi di trovare i 23 miliardi necessari a evitare l’aumento automatico dell’Iva (previsto dalle clausole di salvaguardia), ha risposto candidamente che “dopo le elezioni (europee) nessuno ci verrà a chiedere 23 miliardi“, come se la richiesta di mantenere in ordine i conti del nostro Paese fosse un capriccio della Commissione Europea e non una necessità per poter continuare a reperire denaro in prestito sui mercati finanziari. Oppure prendiamo il ministro dello Sviluppo Economico, che di fronte a una modestissima crescita del Pil dopo due trimestri negativi commenta giulivo “andiamo come un treno“, come se un +0,2% fosse un’accelerata portentosa invece che una probabile fluttuazione statistica: come si può interpretare questi comportamenti se non come una totale, spensierata inconsapevolezza della grave situazione economica nella quale si trova l’Italia?

In effetti, una seppur ridotta cognizione della realtà spegnerebbe la gaia noncuranza con la quale l’equipaggio alla conduzione del Paese si dedica quotidianamente a polemicucce infantili, gite elettorali e pavoneggiamenti sui media; un barlume di lucidità suggerirebbe di evitare promesse mirabolanti e rosee previsioni. Invece si ha la sensazione che più le cose vanno male, più i due leader si spericolano in dichiarazioni fantastiche per rassicurare madama la marchesa, cioè i loro elettori.

I quali, e qui sta la tragedia, sono ormai gli unici titolati ad aprire la cabina di guida del locomotore, cioè del governo: non abbiamo infatti un capotreno incaricato di verificare l’idoneità del personale di condotta e di fermare, se necessario, la corsa; si può solo aspettare che il convoglio inizi a deragliare e sperare che qualcuno tiri il freno di emergenza per tempo. Fuor di metafora, solo se le cose si metteranno davvero male possiamo sperare che il governo cada e che arrivi un provvidenziale senatore a vita a rimettere in sesto i nostri conti pubblici.

Forse noi elettori dovremmo essere più consapevoli di questa responsabilità: quando votiamo non stiamo partecipando alla giuria di una gara di simpatia, ma stiamo (indirettamente) selezionando le persone che guideranno il Paese per i prossimi anni. Dovremmo dunque dotarci di un metaforico etilometro e preoccuparci di usarlo al momento del voto, per evitare che il treno sul quale tutti stiamo viaggiando finisca fuori dai binari…

 

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