Costume
I gatti del Crocino
La strada statale 206, detta anche via Emilia, è una stretta lingua di asfalto che da Pisa si protende verso Sud, più o meno parallela alla costa del Tirreno, fino quasi alla cittadina di Cecina. La via Emilia è da sempre trafficata da grandi camion che risparmiano chilometri e pedaggio rispetto al percorso autostradale, mantenendo incredibilmente una velocità quasi da autostrada. A circa metà della via Emilia si trova un paese piccolissimo, il “Crocino”, dove, prima della costruzione di una breve variante, i camion sfrecciavano in mezzo alle case. Con alcuni amici abbiamo ipotizzato spesso che i gatti del Crocino siano in media più veloci dei gatti normali. Generazioni di gatti schiacciati dai camion lungo la strada, perchè troppo lenti ad attraversarla e quindi incapaci di riprodursi, rappresentano un mirabile esempio di selezione naturale all’opera. E in effetti i pochi gatti che ho mai potuto scorgere tra le case del Crocino mostravano uno scatto da ghepardi.
Ora, per il mio lavoro sono avvezzo ai processi di selezione naturale . Però la storia dei gatti del Crocino mi è tornata alla mente quando Beppe Grillo ha dichiarato, molto soddisfatto, che il M5S è un po’ come la vecchia DC: né di destra, né di sinistra; e per questo il MoVimento si adatta molto bene alle mutate condizioni politiche, ha avuto un grande successo alle elezioni del 4 marzo, e sopravviverà a lungo. Gli altri partiti sono avvertiti.
Il paragone è paradossale, ma dopo averci riflettuto un po’ su penso proprio che Grillo abbia ragione. Qualche tempo fa ho partecipato ad un convegno di un’associazione politica riformista; in quell’occasione, il Professor Salvatore Vassallo ha mostrato i risultati di una sua indagine riguardo alle analogie tra “elettori”, “temi perseguiti” e “autopercezione” delle forze politiche attuali e del passato. Ebbene, se ho ben capito il M5S risultava totalmente sovrapponibile alla vecchia DC. Forse non esattamente sovrapponibile, -aggiungerei io che un po’ da ragazzo l’ho conosciuta- alla DC dei dirigenti nazionali (molti, invero, possedevano la profonda cultura politica del cattolicesimo democratico italiano). Ma coincidente piuttosto con la DC elettorale che esprimeva quel sentimento sottilmente qualunquista dell’occuparsi del proprio orticello e di difenderlo; quella politica che scambiava l’assistenza con l’aiuto, agli antipodi di qualunque idea minimamente controversa, un placido e sterile moderatismo del niente. Moderatismo in cui, alla fine, i deboli pagavano per tutti, in particolare per la mancanza di un vero ascensore sociale. Ma tanto si andava avanti.
Il M5S, televisivamente parlando, non sembra questo, anzi. Ci sono proclami forti, richiami all’onestà, stigmatizzazione degli avversari. C’è una struttura partecipativa innovativa, che peraltro non decide alcunché poiché tutte le proposte e decisioni dal basso sono, esplicitamente, vagliate da un direttorio. Ma scavando un po’ cosa si trova? Niente. La calda rassicurazione di una lista civica composta da persone perbene, il qualunquismo (sempre sottile) che facendo le cose bene, si fanno le cose bene. Il desiderio proclamato di interpretare cosa vuole la gente, tutta, senza scegliere, senza aiutare nemmeno qualcuno a scegliere. Immigrazione? Vediamo. Malagiustizia? Vediamo. Vaccini? Si certo, ma ognuno decide come vuole. Europa? No all’euro dei banchieri, si all’euro dei cittadini, facciamo un referendum, ora forse no, poi vedremo.
E in tutto questo rispunta, puntuale, il richiamo della foresta della cultura sterile di una certa sinistra e destra sociale che si sono sempre identificati nel consociativismo: ultratutele, dietrologia a go-go, reddito minimo a tutti come diritto, i soldi ci sono basta trovarli, la rete ci unisce (e nella solitudine della rete si può scrivere qualunque fesseria), e –mi raccomando!- non dimentichiamoci delle lampade a LED che consumano meno. Un modernismo reazionario.
Più ne scrivo meno vedo (in effetti) identificazione con i grandi capi democristiani che furono, ma al contempo una totale identificazione in quello che tanti anni fa mi appariva la base sociale della DC. Evviva la brava gente che pensa alla propria vita, e poi comunque gli altri sono peggio, sono divisivi.
Non sono un analista politico, non pretendo di cogliere nel segno, la mia è una sensazione. Spero di sbagliarmi. Ho scritto qui qualche giorno fa che sento una distanza abissale, una vera alienazione, quando ho un’interazione (televisiva) con i capi M5S. Mi sembrano i discepoli del Marchese del Grillo, più cinici perchè travestiti da rivoluzionari. La stessa trasversalità neutra dei loro elettori mi infastidisce: di sicuro non vorrei mai tornare alle “lotte di classe”, ma non rinuncio facilmente ad una idea della politica dove chi vota per un partito è accomunato, al di là della propria condizione sociale, da un’idea simile di futuro insieme. E non da una somma di individui, come direbbe Vasco, “ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi”.
Si, penso che abbia ragione il comico genovese. Il MoVimento ha escogitato una ricetta molto buona per sopravvivere in un Paese dove scelte e coraggio non sono all’ordine del giorno. Dove la competizione e la diversità, economica, politica e sociale, sono da sempre viste con sospetto. I pentastellati sono come i gatti del Crocino. Guardinghi, abili nel presente, capaci di attraversare la via Emilia in un lampo. Totalmente adattati alla vita e ai suoi problemi. E i loro (tanti) elettori probabilmente sono rassegnati, forse anche per mancanza di credibili alternative, a non scegliere un’idea di cambiamento profondo che non vada oltre la buona gestione dell’esistente.
Si, proprio come i gatti del Crocino, che dal pericoloso Crocino non se ne sarebbero andati mai. Non pensavano che qualcuno potesse un giorno, anche sulla via Emilia, realizzare una variante. Tu guarda la vita…alla fine forse c’è speranza oltre il presente.
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