Partiti e politici
I discorsi del tubo della nuova sinistra
All’inizio degli anni ottanta, dei geniali buontemponi inventarono “il tubolario della politica”. Si trattava di un vero e proprio tubo colorato, composto da sette ghiere ruotabili. Ogni ghiera riportava una decina di frammenti di frase. La prima ghiera conteneva il soggetto, la seconda il predicato, la terza un complemento oggetto; dalla quarta iniziava una serie alternata di complementi di modo e di limitazione che arrivavano ad un secondo complemento oggetto. Tutti questi frammenti erano stati recuperati da testi, per la maggioranza piani sanitari e delibere amministrative, verbosi ed oscuri. Il Tubolario permetteva di generare milioni di frasi sintatticamente corrette ma di nessun senso, secondo il classico copione del politichese nostrano. L’effetto era (ed è) esilarante.
Un esempio: “ L’approccio programmato porta avanti il ri-orientamento delle linee di tendenza in atto, in maniera articolata e non totalizzante, evidenziando ed esplicitando, nel rispetto della normativa esistente, l’adozione di una metodologia differenziata”.
Se volete divertirvi, esiste una versione web del tubolario a questo link.
Accanto al suo aspetto ludico, il tubolario aveva il pregio dei giochi più belli: insegnava qualcosa. Nella fattispecie, che forma e contenuto possono tranquillamente non coesistere, se non si ha, o non si vuole, dire alcunchè.
La storia del tubo mi è tornata a mente stasera quando ho letto e sentito qualche passaggio degli appassionati interventi politici all’Assemblea Nazionale di Liberi e Uguali. Sono rimasto sconcertato, in realtà, da tre cose: l’assenza di significato in molti passaggi, il richiamo a fatti apparentemente scontati ma a me totalmente ignoti, e la ripetitività. Intendiamoci: non è che le assemblee delle altre forze politiche, qualcuna delle quali pure frequento, siano popolate da profondi filosofi o divulgatori. Ma l’Assemblea di oggi ha un posto speciale nella classifica della vacuità e del surrealismo politico.
Qualche passaggio, dalla registrazione con trascrizione di Radio Radicale, che vi invito comunque a consultare (link).
Laura Boldrini: “Non possono essere le grandi società di telecomunicazioni a decidere che chi ha soldi riceve internet più veloce e chi non ce l’ha, si attacca. Va bene? Questa è diseguaglianza, ed è diseguaglianza che le grandi società di telecomunicazioni decidano quali contenuti avere [abbiano, ndr] la precedenza su altri; loro non possono avere questa prerogativa. Questa è diseguaglianza digitale e noi non possiamo permetterlo”.
Rossella Muroni: “noi siamo resistenti e partigiani, ma anche resilienti e coraggiosi, lo cambieremo questo Paese”
Enrico Rossi: “…perché non puoi continuare ad impermeabilizzare il suolo, perché non puoi continuare a costruire, devi scommettere sulle città, sulla rigenerazione!”
E poi ho sentito un continuo appello ad una sinistra numericamente enorme che aspetta solo di essere chiamata al voto, perché, come dice Boldrini, non sbaglia chi non vota, sbaglia chi non ti offre la via giusta da votare.
Bastava solo pensarci. Boh, sarà. Io non ci avevo pensato, ammetto. Ho un approccio riformista, mi contento di meno.
In conclusione, occorre un nuovo tubolario. Forse. Ripensandoci, però, le frasi del vecchio tubo hanno quella calda sicurezza del politichese amministrativo, quella forma rassicurante di nullità che però non pretende di insegnarti come la realtà dovrebbe essere, e per colpa di qualcuno (Renzi, Destre, multinazionali, il grande vecchio) non è.
E quindi, torno a girare le ghiere. “Il modello di sviluppo privilegia la ricognizione del bisogno emergente, senza precostituzione delle risposte, sostanziando e vitalizzando, quale sua premessa indispensabile e condizionante, la confluenza verso obiettivi comuni.”
Giusto, no?
Devi fare login per commentare
Accedi