Partiti e politici
I bonus “Fertilità” del governo Meloni
Basta fare una ricerca su Google e scrivere bonus 2024, per trovare un elenco variopinto dei bonus che possono essere richiesti, secondo un elenco altrettanto variopinto di requisiti, anche se in realtà il fattor comune dell’ultima scarriolata di bonus sembrerebbe quello della Fertilità femminile. Ma prima continuare il ragionamento sui bonus e in particolare su quelli pro-figli, devo accennare (farò in fretta) ai miei ricordi di bambina, quando in molte case degli italiani entravano due riviste, “Oggi” e “Gente”, più altri periodici di stampo popolare, che organizzavano dei concorsi a premi. Bisognava ritagliare dei quadratini di carta – gli annunci dei concorsi a premi – compilarli con il nome e il cognome e poi mandarli in genere a una casella postale.
Potevi vincere da un frigorifero a una macchina, da un frullatore a un aspirapolvere, insomma di tutto e di più. Periodicamente, sempre su quelle riviste, comparivano le foto di qualche concorrente seriale che aveva raccolto tutti gli annunci, ritagliandoli anche dai giornali acquistati dagli amici, li aveva spediti per posta, e si era riempito la casa di ogni ben di Dio.
Un’altra delle mode di quegli anni consisteva nel lanciare da piccoli aeroplani che passavano vicino alle spiagge degli omaggi, piccoli gadget degli anni ‘60, legati a dei minuscoli paracaduti, producendo un fenomeno particolare: tutti si lanciavano per prenderli, in una specie di rito isterico di massa, fra urla e spintoni, pur di afferrare i piccoli paracaduti. Mi ricordo che stavo ben lontana dalle scene diaboliche di uomini adulti che si strappavano dalle mani i gadget piovuti dal cielo, perché avevo paura di venire ferita in una di quelle che in inglese si chiamano stampede, fughe disordinate, in cui si può morire calpestati.
Bene, in entrambi i casi, i concorsi a premi e i gadget piovuti sulle spiagge, capivo benissimo che anche se si trattava di una formula di marketing innovativa, era pur sempre pubblicità. Sembra invece che sia stato perduto questo concetto – si tratta solo di pubblicità, in questo caso elettorale – quando si elargiscono i bonus.
Il primo a lanciarsi nella nuova specialità di marketing politico credo sia stato Renzi, con il famoso bonus degli 80 euro, più il bonus maggiorenni, 500 euro a 18 anni, che oggi è stato cancellato, oltre al bonus annuale di 500 euro per gli insegnanti (questo invece è rimasto).
I bonus non sono paragonabili a un vero e proprio voto di scambio, perché chi dovrebbe votare in cambio di un bonus è uno sconosciuto sul quale si fa una scommessa: “Se gli do un bonus, in cabina elettorale si ricorderà di me!”.
Non c’è una vera e propria trattativa, nel caso dei bonus, come per il cosiddetto voto di scambio, dove magari dei politici locali trattano con i loro elettori, promettendo posti di lavoro, nuovi cantieri, eccetera, in cambio del voto. Ma ormai il sistema permanente dei bonus come misura di marketing politico ha profondamente modificato il rapporto tra elettori ed eletti, perché i futuri eletti non promettono a chi li voterà di promuovere nuove idee, magari di profondo rinnovamento nel modo in cui si lavora o si fa a scuola, ma offrono delle mancette ai loro elettori. In alcuni casi mance molto consistenti, vedi il bonus facciate del governo Conte, ma in molti casi i premi sono ancora simili a quelli dei vecchi concorsi degli anni ‘60: un monopattino, una bicicletta, una vacanza, qualche sacco di pellet (il bonus “Pellet”, c’è anche questo), e così via.
La politica economica abbandona così ogni visione strutturale, intesa come l’insieme di misure che potrebbero modificare il modo in cui funzionano alcuni meccanismi che sono alla base della formazione del Prodotto Interno Lordo delle Nazioni, e al loro posto entra la spasmodica ricerca dei finanziamenti necessari per elargire i bonus ai propri (plausibili) futuri elettori.
Ma nonostante i bonus siano uno strumento di marketing, ripeto politico, non dobbiamo pensare che siano slegati dalla visione politica del partito al governo che li sta elargendo. Non mi dilungo sulla storia dei bonus in Italia, ma vorrei dire solo qualche parola sulla filosofia dei bonus del governo Meloni. Credo che la parola che li rappresenti meglio sia: “Fertilità”.
I bonus del governo Meloni sembrano usciti da un romanzo distopico, ne cito uno, “Il diario dell’Ancella” di Margaret Atwood, dove alle donne viene chiesto soprattutto di adempiere alla loro funzione di fattrici: le donne devono generare figli. Ed ecco il bonus Asilo nido 2024, gratuito dal secondo figlio, il Bonus mamme 2024, un bonus in busta paga per le mamme che scatta a partire dal secondo figlio, al quale dobbiamo aggiungere una maggiorazione dell’assegno unico, sempre a partire dal secondo figlio.
Insomma, una vera e propria politica pro-nascite che, mi si permetta di contraddire il nostro Presidente del Consiglio, è gravemente discriminatoria nei confronti delle donne che per qualche motivo non sono fertili o sono già per esempio in menopausa. Sto scherzando, naturalmente, anche se forse qualcuno potrebbe prendermi sul serio, visto quanto ci stiamo pericolosamente avvicinando alla distopia.
Concludo, ahimè, con un’altra battuta: sono disposta a votare a chiunque mi proponga un buono “mèche”, a 64 anni ce le facciamo tutte, ma anche un buono “dietologa” (sono in sovrappeso), ma magari anche un buono “Cura delle mani e dei piedi in un centro estetico convenzionato”, perchè alla mia età sono in tante quelle si fanno le unghie finte (non io, ma qualche amica sì), più naturalmente un buono “10 massaggi linfodrenanti”, che sembra facciano smaltire i liquidi in eccesso.
Voto per qualsiasi partito – non faccio distinzioni, lo giuro – disposto a metterli nel suo programma elettorale.
Certo che scherzo, ma come siamo ridotti…
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