Partiti e politici
Ha ragione Calenda: senza Berlusconi, arriva il tramonto per Forza Italia
Il sogno, durato quasi trent’anni, sta per finire, e il risveglio è sempre più vicino. Non ha tutti i torti, fatte salve le modalità utilizzate, Carlo Calenda nell’ipotizzare che il tramonto politico di Silvio Berlusconi determini in poco tempo anche il tramonto del suo partito e, di conseguenza anche della cosiddetta Seconda Repubblica, venendo meno uno dei pilastri principali su cui si è costruita e su cui si è retta dal 1994 ad oggi.
Da una parte questo probabile destino non può che dispiacerci, almeno in parte, perché ci rende tutti un po’ orfani, orfani di quella configurazione dell’arena politica che ci eravamo immaginato potesse poco alla volta ricondurci nell’alveo delle principali democrazie occidentali, come almeno un tempo erano strutturate: grandi paesi dove vigeva il principio dell’alternanza, tra democratici e repubblicani, tra laburisti e conservatori, insomma tra centro-destra e centro-sinistra.
Una parte politica governava per qualche anno, l’elettorato si faceva un’opinione su quel governo, si tornava a votare e i cittadini ridavano la fiducia al partito di governo oppure tentavano con l’opposizione. E così via. La democrazia realizzata, come eravamo abituati a pensarla ai tempi della scuola.
Ed effettivamente la Seconda Repubblica è stato un periodo molto simile a quanto si era studiato: Berlusconi e Prodi, con il proprio seguito di partiti e partitini, si sono alternati al potere per almeno cinque legislature, con la speranza che, come affermava all’epoca Walter Veltroni, si arrivasse effettivamente ai due partiti con vocazione maggioritaria, all’americana, l’unico luogo forse insieme agli UK, dove peraltro l’alternanza di cui sopra è riuscita a sopravvivere fino ad oggi.
Non in Italia, ormai, di questo ne siamo certi, e quindi un po’ ci dispiace: sarebbe stata in qualche modo una semplificazione, ma anche un deciso passo verso una importante chiarezza per lo stesso elettore, come accade più o meno con i sindaci.
Se da una parte ci dispiace, dunque, dall’altra ad alcuni potrà far piacere, soprattutto a quelli che hanno sempre pensato a Forza Italia come ad una mera emanazione di Berlusconi, e non come ad un vero partito. La fine di questo possibile equivoco di fondo rende più chiaro lo scenario politico, privato di intrusioni troppo extra-politiche. E probabilmente proprio pensando al partito del Capo, ci si rende conto che senza più il suo Capo politico il partito non reggerà più di tanto.
Ancora nelle ultime consultazioni, l’elettorato di Forza Italia, a domanda, rispondeva che votava quel partito perché c’era Berlusconi, non per la politica che nel tempo è stata portata avanti, non per la classe politica che esprimeva (da Brunetta a Gelmini, da Carfagna a Tajani) e che in misura significativa gli ha poi voltato le spalle, senza peraltro incidere minimamente – è bene sottolinearlo – sul successivo consenso elettorale, che in realtà è un po’ cresciuto rispetto alle aspettative.
Forza Italia, dunque, il baluardo della Seconda Repubblica, esiste per la presenza in campo di Berlusconi e non può prescindere da lui, che scientemente non ha lasciato eredi, né voleva lasciarne. Molti hanno negli ultimi anni ipotizzato come Matteo Renzi potesse rappresentare in qualche modo una sorta di “nuovo” Berlusconi, ovviamente sotto altre forme e altri contesti. E, forse, nei prossimi mesi, potrebbe essere proprio Renzi colui che raccoglierà il testimone di un popolo politicamente orfano di quella forza politica “inventata” dal Cavaliere. Non ci resta che attendere…
Università degli Studi di Milano
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