Partiti e politici
Grillo scavalca Renzi nella classifica dei leader meno amati
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Pareva una leadership indiscussa, impossibile da ribaltarsi, quella di Matteo Renzi nella speciale classifica dei leader politici meno amati dalla popolazione elettorale. Passato in soli cinque anni dall’altare alla polvere, dal 71% di gradimento nel 2014 al 15% del 2019, e poi ancor più giù, fino al 10%, quando decise di boicottare il secondo governo Conte, l’appeal dell’ex-segretario del Pd rimane da allora costantemente il più basso, intorno a quella quota percentuale, tra tutti i principali uomini politici che vengono periodicamente testati.
In molti ci hanno provato, negli ultimi anni, a insidiare quella posizione, senza peraltro mai riuscirvi: Salvini con le sue citofonate, il primo Conte avvocato del popolo, Meloni che difende la famiglia con una figlia extra-coniugale, Zingaretti con i suoi repentini dietro-front su Conte, e molti altri ancora, con le loro improvvide gaffe su questioni più o meno rilevanti della vita socio-politica.
Ma non c’è stato niente da fare: Renzi ha mantenuto facilmente quel primato, anche attraverso costanti comportamenti, dichiarazioni e prese di posizione particolarmente mal giudicate da quasi tutti gli elettori. Non per nulla gli unici che esprimono oggi valutazioni positive sulla sua figura (ma per soltanto il 65%) sono coloro che dichiarano di voler votare Italia Viva, mentre per tutti gli altri arriviamo a stento al 5-6% di giudizi sufficienti.
Sembrava inattaccabile, dunque, fino a quando è giunta la ben nota esternazione video di Beppe Grillo. Il livello di fiducia nel fondatore del Movimento 5 stelle, sia ben chiaro, non è mai stato particolarmente elevato. Fin dalla sua comparsa sulla scena politica, all’inizio dello scorso decennio, esprimeva giudizi positivi su di lui una quota intorno al 20-25% della popolazione elettorale, con un buon appeal proveniente solamente da chi era intenzionato a votare per il suo Movimento, accanto a qualche leghista o qualche potenziale non-votante, che si sarebbe poi convinto ad approdare al M5s.
Nel corso degli anni, che hanno visto diradarsi la presenza “politica” di Grillo, i test relativi alla sua figura si sono fatti più episodici, ma in ogni rilevazione la misura del suo tasso di gradimento non si allontanava troppo dal precedente livello, mai inferiore comunque al 16-18%. Soltanto a seguito del video “incriminato”, gli intervistati (da Ipsos) hanno fatto registrare un drastico e repentino peggioramento nel loro giudizio.
Soltanto un misero 6% gli assegna infatti un voto positivo, e nemmeno tra gli attuali votanti pentastellati il dato si incrementa in maniera significativa: anche tra loro i voti sufficienti restano infatti fermi al 15-16% del suo elettorato, che dichiara al contrario un pieno sostegno a Giuseppe Conte, accreditato del 95% di fiducia.
Per il bene del Movimento 5 stelle, che sta oggi vivendo crisi provenienti da più fronti, sarebbe opportuno che Conte prendesse saldamente e velocemente in mano la leadership di quella forza politica, cercando di oscurare per quanto sia possibile la controversa figura del fondatore. Il quale attualmente porta con ogni probabilità più discredito che vantaggi sostanziali al possibile consenso pentastellato.
Università Statale di Milano
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