Partiti e politici

gli speculatori del virus

28 Febbraio 2020

La speculazione finanziaria non guarda in faccia a nessuno e così anche  il coronavirus diventa l’occasione per guadagnare (tantissimi) soldi: del resto l’epidemia si diffonde comunque, sia che qualcuno ci guadagni, sia che no su temi etici ognuno è libero di pensarla come meglio crede. Amen.

Se i consulenti finanziari fanno il loro cinico mestiere come sempre, qualche dubbio etico in più nasce però davanti alle variegate speculazioni dei principali protagonisti.

La più innocente è quella degli specialisti virologi in cerca di visibilità, che alternano allarmi rossi a paternali tranquillizzanti, lasciando nel pubblico il dubbio su quale sia la posizione corretta (meno male che è arrivato l’instant book chiarificatore). Innocente, ma non innocua, perchè la sovraesposizione di opinioni contrastanti può creare il panico in un’opinione pubblica già disorientata: la prospettiva della quarantena di massa, ad esempio, ha indotto gli ingenui a svuotare alcuni supermercati facendo incetta di scatolame e di pasta (con l’eccezione delle famose penne lisce).

Molto più grave è la speculazione mediatica di alcune testate nazionali, che prima hanno sparato titoloni terroristici e oggi pubblicano condiscendenti editoriali sull’irrazionalità degli italiani; o quella di programmi tv che indugiano sulle vite private dei morti e dei contagiati e raccontano la “caccia al paziente zero come se fosse un giallo, al solo scopo di conquistare un po’ di audience. Il vero compito dei media sarebbe invece quello di informare in modo chiaro, razionale e utile: lo è sempre, ma diventa ancora più urgente in situazioni di emergenza come questa.

Davvero imperdonabile è invece la speculazione politica compiuta da quei partiti che stanno utilizzando il coronavirus come leva per destabilizzare il governo  e hanno sostenuto tesi praticamente opposte nel giro di pochi giorni  pur di delegittimare gli attuali ministri. Gli stessi leader che in un primo momento esigevano la chiusura dei confini sono presto passati ad additare lo stop ai voli con la Cina come misura inefficace e controproducente, invocando al suo posto la quarantena obbligatoria a terra per tutti i loro passeggeri; poi, con una capriola degna di un olimpionico, hanno lasciato intendere che il governo ha esagerato con le misure per il contenimento del contagio e ha così inutilmente “creato allarme” danneggiando l’economia. Ora la linea di attacco è quella del danno economico procurato dal governo e le avanguardie si stanno già lanciando nel negazionismo clinico: l’emergenza del coronavirus non c’è ed è ora di “tornare alla normalità” – intenzione peraltro condivisa dal sindaco di Milano. Intanto, nelle chat private dei cittadini compaiono le teorie del complotto e a breve vedremo spuntare un Braveheart di Codogno che si batterà per la liberazione dei residenti della zona rossa…

Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, perché gli esperti infettivologi hanno spiegato bene il problema. Vietare la palestra o l’aperitivo ai lombardi non è un capriccio sadico per guastare loro le serate: è una misura necessaria per ridurre i contatti sociali non indispensabili e, con quelli, la diffusione del contagio.

E’ vero: il coronavirus non è la peste bubbonica e la gran parte di chi lo prenderà non avrà conseguenze più gravi di quelle di una banale influenza; le persone a rischio sono le stesse alle quali si prescrive normalmente il vaccino anti influenzale (va notato però che il vaccino contro il nuovo virus ancora non c’è – e viene da chiedersi perchè i media, che ogni estate raccomandano agli anziani di bere molto e di stare a casa nelle ore più calde, non stiano spiegando loro che dovrebbero evitare i luoghi affollati).

Il SARS-CoV-2 è però un patogeno molto contagioso, in grado di raggiungere moltissime persone in poco tempo e questo può portare al collasso una sanità pubblica efficiente, ma comunque dimensionata per trattare numeri di pazienti molto inferiori. Con una diffusione così importante, cresce il rischio che il virus colpisca gran parte dei soggetti più vulnerabili (come i malati cronici, i pazienti oncologici e gli anziani debilitati) e che i reparti di terapia intensiva non siano in grado di far fronte alla crisi; il sistema economico, già danneggiato da questi primi giorni di limitata emergenza, sarebbe messo in ginocchio da un suo estendersi incontrollato.

Vi sono poi rischi generali, che riguardano l’intera comunità umana: più velocemente il coronavirus  raggiungerà le aree povere del pianeta (i dati ci dicono che sta cominciando a farlo) e più le troverà impreparate, cosa che potrebbe trasformare l’epidemia in una pandemia dalle conseguenze disastrose. Inoltre, più numerosi sono i contagi e le repliche del virus e più esso rischia di mutare, vanificando almeno in parte gli sforzi per produrre un vaccino efficace o – peggio ancora – facendo crescere la sua letalità.

Ce n’è insomma abbastanza per attenersi con fiduciosa cautela alle indicazioni delle autorità sanitarie, aspettando che passi la nuttata: si ha però l’impressione che le contraddizioni e le delegittimazioni (molto più che gli inevitabili errori) abbiano fatto crollare la fiducia nelle istituzioni e che ora ognuno cerchi di smantellare come può quell’argine al contagio che sta intralciando la sua personale esistenza: dagli evasori della zona rossa agli esercenti lombardi, ognuno tira l’acqua al proprio mulino, ormai noncurante delle conseguenze sulla salute pubblica.

Spero di sbagliarmi, ma se l’argine cederà del tutto ci ritroveremo in grossi guai entro poche settimane; allora dovremo prendercela con gli speculatori del virus, ma un po’ anche con noi stessi che gli abbiamo creduto.

 

(Immagine dal web)

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