Partiti e politici

Gli otto referendum di Civati

14 Agosto 2015

Cinquecentomila firme entro il 30 di settembre. E’ un obiettivo ambizioso quello di Pippo Civati. L’ex del Pd, insieme al nuovo movimento Possibile, ha lanciato una campagna referendaria che, come ha precisato l’amico Giulio Cavalli in un post dedicato sul suo blog, mette nero su bianco le decisioni politiche che non ha condiviso durante la sua esperienza nel partito e che quindi ha deciso di combattere. Peccato se ne parli davvero poco. Secondo Civati la sfida referendaria consentirebbe di restituire ai cittadini la sovranità che hanno ormai smarrito, rispetto a quanto successo in Parlamento in questi due anni. I referendum proposti sono 8. Vediamoli insieme, con le motivazioni approfondite delle quali si riporta il testo.

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Primo quesito: eliminazione dei capilista bloccati e delle candidature plurime nell’Italicum.

Se si ammette il voto di preferenza per gli altri candidati, è irrazionale escluderlo per i capolista, creando così due tipologie di candidati. Contestualmente si elimina la possibilità di candidarsi in più (dieci) collegi prevista, appunto, solo per i capolista. L’Italicum, che entrerà in vigore il primo luglio 2016, prevede dei grossi collegi plurinominali, nei quali ogni partito presenterà una propria lista composta da un capolista bloccato e da altri candidati, che invece saranno eletti tramite preferenze. Come risultato, dato il premio di maggioranza, i partiti perdenti eleggeranno quasi solo capilista. Di conseguenza la Camera sarà composta per almeno la metà da deputati nominati dai partiti. Ma ai capilista è data la possibilità di candidarsi in più collegi, fino a dieci: nelle mani sempre dei partiti sarà quindi la scelta dei primi non eletti. Il quesito proposto elimina i capilista bloccati (tutti eletti con preferenze) e la possibilità di questi di candidarsi in dieci collegi (potranno candidarsi in un solo collegio).

Secondo questito: eliminare la legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza, capilista bloccati e candidature plurime.

L’Italicum è un pessima legge elettorale poiché decreta un vincitore attraverso un premio di maggioranza che potrebbe essere spropositato, mortifica la rappresentanza con candidature bloccate, collegi enormi e il riparto dei seggi su base nazionale (il risultato nel singolo collegio non conta). Il quesito prevede quindi l’eliminazione completa dell’Italicum, prima della sua entrata in vigore, con un ritorno al Consultellum, in attesa di una legge elettorale migliore.

Terzo quesito: riconversione ecologica dell’economia, eliminazione delle trivellazioni in mare.

L’obiettivo è abrogare quelle parti dell’articolo 38 del cosiddetto “Decreto-sviluppo” (Governo Monti, 2012) che derogano al divieto generale di trivellazioni entro le 12 miglia dal perimetro delle aree protette marine e terrestri, per quanto riguarda gli iter autorizzativi già in corso.

Quarto quesito: riconversione ecologica dell’economia, eliminazione del carattere strategico delle trivellazioni.

Attraverso lo “Sblocca Italia”, il Governo ha incluso le attività di ricerca e coltivazione (estrazione) di idrocarburi tra le attività strategiche indifferibili e urgenti che, pertanto, possono usufruire di iter autorizzativi facilitati e in deroga, oltre a prevedere tempi più lunghi per le concessioni di esplorazione (fino a 12 anni) e di sfruttamento del giacimento. Il quesito mira a eliminare il carattere strategico della ricerca e trivellazione di idrocarburi, riportando l’iter autorizzativo alla procedura ordinaria e, al contempo, riducendo la durata delle autorizzazioni di esplorazione e sfruttamento (rispettivamente 6 e 30 anni). L’obiettivo è abrogare quelle parti dell’articolo 35 del decreto “Sblocca Italia” (Governo Renzi) che, a partire da una qualificazione delle trivellazioni come opere strategiche indifferibili e urgenti, le sottraggono alle procedure autorizzative ordinarie, cancellando tra l’altro per tali tipologie di interventi importanti elementi di garanzia e di controllo quali il vincolo preordinato all’esproprio e depotenziando la partecipazione delle Regioni (e degli enti locali per quanto riguarda l’intesa in conferenza unificata) ai relativi procedimenti amministrativi.

Quinto quesito: riconversione ecologica dell’economia, dalle grandi alle piccole opere.

Il referendum di soppressione della legge Obiettivo punta ad eliminare le procedure speciali per le grandi opere voluta nel 2001 dal Governo Berlusconi e mai cancellate, nonostante il presidente dell’Autorità Anticorruzione le abbia definite “criminogene”. Una lista sterminata di opere inutili e devastanti ad alta intensità di cemento, asfalto e consumo di suolo, con molte autostrade, pezzi di alta velocità e quasi nulla destinato alle reti per il trasporto in città, le uniche davvero utili. Semplificazioni che hanno eliminato la possibilità per i Comuni di decidere sul loro territorio, indebolito la valutazione ambientale e la vigilanza pubblica, potenziato i poteri delle imprese, cancellato la qualità del progetto ed evitato una selezione rigorosa delle opere. Il referendum abolisce la legge 443 del 2001 e tutti gli articoli del Codice Appalti vigente n. 163/2006 che hanno attuato le procedure semplificate della legge Obiettivo.

Sesto quesito: tutela del lavoratore, esclusione del demansionamento.

Con il Jobs Act il datore di lavoro può decidere di assegnare al lavoratore mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte, senza consultarsi con il lavoratore: sarà sufficiente che siano in corso processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Come se non bastasse, sono consentiti accordi individuali che comportino lo svolgimento di mansioni inferiori, associati ad una riduzione della retribuzione. Queste norme, dunque, incidono sulla retribuzione: in modo indiretto in caso di scelta aziendale, come l’esclusione delle indennità accessorie (e.g. le trasferte); in modo diretto: il lavoratore, che è anche la parte debole, potrebbe essere costretto a firmare un accordo sconveniente perché minacciato di perdere il posto. Le norme inoltre gravano sulla professionalità del lavoratore, di fatto dando legittimità a ipotesi di vero e proprio mobbing. Con la loro abrogazione rientrerà in vigore la precedente formulazione dell’art. 2103 del Codice civile per cui il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte senza alcuna diminuzione della retribuzione: a tutela della professionalità del lavoratore.

Settimo quesito: tutela del lavoratore dai licenziamenti illegittimi.

Con il Jobs Act, il lavoratore licenziato per motivi economici non ha più la possibilità di essere reintegrato. Il diritto alla reintegrazione è limitato ai soli licenziamenti discriminatori, e a casi particolari di licenziamento disciplinare ingiustificato, ed è previsto un indennizzo economico proporzionale all’anzianità di servizio: una sorta di risarcimento del danno. Inoltre, il contratto a tempo indeterminato è stato trasformato in un contratto risolvibile in ogni momento da parte del datore di lavoro solo per i neo assunti, aumentando così la discriminazione per questa categoria di lavoratori. Abrogando queste norme, il cosiddetto “contratto di lavoro a tutele crescenti” godrà, finalmente, delle tutele quanto meno nella misura previgente di cui alla “riforma Fornero”, e oggi applicabili solo ai contratti stipulati prima del Jobs Act: ove il fatto sia del tutto insussistente, il licenziamento disciplinare potrà prevedere il reintegro, oltre all’indennità; il licenziamento economico (cioè per ragioni inerenti all’attività produttiva) comporterà il pagamento di un’indennità, a meno che il motivo del licenziamento non sia manifestamente infondato, nel qual caso il giudice potrà ordinare la reintegrazione.

Ottavo quesito: tutela della docenza e dell’apprendimento, eliminazione del potere di chiamata del preside-manager.

L’ottavo quesito intende cancellare la norma contenuta nella recente riforma della Scuola che attribuisce al Preside la facoltà di chiamata diretta degli insegnanti. Lo scopo del quesito è quello di evitare la precarizzazione progressiva di tutti i docenti, sopprimendo sia il potere di scelta del dirigente scolastico, sia l’incarico triennale. In particolare, è evidente come lo strumento della chiamata diretta, in altri ambiti della Pubblica Amministrazione, si sia prestato ad usi distorsivi che hanno favorito i clientelismi. La Scuola Pubblica deve essere difesa da “Parentopoli”.

La campagna referendaria si associa inoltre alla raccolta firme per la cannabis terapeutica (in Lombardia).

 

 

 

 

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