Partiti e politici
Giusto Capitano, giù le mani dai bimbi (anche dai suoi però)
Perdendoci un paio di minutini scarsi, potrete agevolmente apprezzare il video con cui un Capitano in piena onda emozionale ha proposto al pubblico adorante di Pescara il nuovo elemento drammaturgico da piena campagna elettorale: il pianto per i suoi “bimbi, la lontananza che brucia, quei secondi eterni di silenzio con la saliva che non scende, le luci del palco che intercettano il lucido degli occhi, e la chiusa di un tenero padre in crescendo garibaldino: «Mi mancano, lo faccio per loro, lo faccio per voi. Viva l’Italia, viva la Lega!».
Eppure, solo pochi giorni prima lo stesso Salvini che ieri lacrimava, si era scagliato contro l’uso strumentale dei minori, in quella storia-patacca della moto d’acqua della Polizia. “Giù le mani dai bambini”, aveva risposto ai cronisti che gli chiedevano spiegazioni sul fatto, quello sì, del tutto marginale, giacchè i figli di un ministro degli Interni girano regolarmente scortati e farsi un giro coi poliziotti è la normalità assoluta.
Ma se dobbiamo metter davvero giù le mani dai bimbi, caro Capitano, allora dovrà essere almeno un disarmo bilanciato, perchè se ieri doveva essere la prova generale di un must elettorale – il privato che diventa pubblico – beh possiamo già concludere che Lei è ampiamente “rivedibile”. L’episodiuccio infatti ha avuto la sua bella comicità involontaria, ma la prova d’artista non avrebbe superato, si fidi, le colonne d’Ercole dei fratelli Vanzina. Mentre scorrono i lunghissimi secondi di silenzio, che su un palco equivalgono sempre al terrore, immaginando, la platea, che l’attore abbia dimenticato la parte, alle sue spalle soccorrono due mani militanti e solidali, una da una parte, una dall’altra, che la stringono e la scuotono, come per riportarla alla realtà. Lei si volta appena, compreso, socchiude gli occhi, poi ruota lentamente la testa per ritrovare il suo pubblico, davvero ispirato come forse poteva fare Giulia Lazzarini nel Giardino dei Ciliegi.
Piuttosto, caro Capitano, ci sarà da rompersi i cabbasisi tutti i giorni in questa campagna elettorale, dunque cerchiamo di passarla il meglio possibile. Abbiamo aperto le danze con i figli, ma adesso lasciamoli alla nostra, personalissima, tenerezza di padri. Pare più divertente sfancularsi per paradossi, tipo Renzi che sostiene che lei non fa un cazzo da 26 anni – ma neppure lui è mai sembrato Stachanov – e lei che indica ai parlamentari di “muovere il culo” In pienissimo agosto. Questo rimpallo su chi (non) ha fatto cosa, ci richiama alla memoria l’unico sul quale dubbi non avremmo, avendo fondato un impero che ancora esiste e dà lavoro a migliaia di dipendenti. Nei conversari che precedettero il suo primo giorno alla Camera dei Deputati, anche lui emozionato per la verità, Silvio B. ci fece un paio di confidenze che ancora ricordiamo con nostalgia. La prima era di ordine sanitario-compulsivo, essendo Berlusconi un maniaco dell’igiene. Il suo terrore era di stringere inevitabilmente centinaia e centinaia di mani sudate, non lavate, portatrici di germi. La cosa lo inquietava assai, ma era appunto il primo giorno di scuola. Diciamo che in 25 anni ha visto anche di peggio.
La seconda, questa sì sgorgò davvero dal cuore, fu la risoluzione meneghina al problema del lavoro applicato alla politica: «Questi non hanno mai lavorato un giorno», confidò. E “questi”, nella sua considerazione, erano naturalmente i parlamentari. Lui aveva soprattutto un nome in mente, quello di Massimo D’Alema. E perchè proprio D’Alema? Perchè D’Alema era un politico importante, era un leader, e un uomo della “trincea del lavoro” come Berlusconi trovava inaccettabile quel dislivello tragico tra le esperienze lavorative del nostro – praticamente zero – e la sua inequivoca gloria politica. Ecco, viene da chiedersi: ma se nel suo primo giorno di scuola, Berlusconi avesse trovato lei, gentile Salvini, e Matteo Renzi, cosa avrebbe detto in proposito?
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