Partiti e politici
Mattarella ha fatto il suo dovere: adesso, ragazzi, tocca a voi fare il vostro
Giuseppe Conte è il presidente del Consiglio incaricato, che come da prassi, ha accettato con riserva l’incarico. Ma a meno di clamorosissimi colpi di scena, sarà lui il prossimo presidente del Consiglio italiano che la settimana prossima chiederà alle camere del parlamento italiano di accordargli fiducia. Il tono del discorso di Conte è stato pacato, misurato, minimale. Sul finale però si è lasciato andare a una parola di sicurezza: “non vedo l’ora di cominciare a lavorare”. Passate le tempeste dei Cv e quelle della sua distanza dalla politica attiva e dai partiti che ne hanno espresso la candidatura, insomma, Conte vede la meta vicina. Mèta che ovviamente è solo un punto di partenza.
Per sommi capi, il discorso di Conte, dopo due ore di colloquio evidentemente fitto di temi politici e giuridici, come ci si aspetta da due accademici quali sono i due presidenti, si è composto di due parti. La prima, di esplicità fedeltà alla costituzione e all’istituzione. La seconda, di appartenenza alla coalizione. Inizialmente infatti Conte ha confermato la continuità dell’appartenenza italiana all’Europa e alla comunità internazionale. Con una formula che sembrava essere torniata e limata direttamente con il presidente Mattarella. Ha poi rivendicato un proprio ruolo attivo nella costruzione nel programma di coalizione, anche per sopire le polemiche che lo volevano del tutto estraneo all’attività politica della coalizione di maggioranza che lo esprime. Ha usato una metafora che a molti fa sorridere, dichiarandosi, in quanto avvocato, pronto a difendere gli interessi degli italiani, di tutti gli italiani. Sono ingenuità che faranno sorridere gli addetti ai lavori, ma che nulla dicono (giustamente) alla maggioranza dei cittadini, a cominciare dagli elettori della coalizione Giallo-Blu. (Sì, non più giallo-verde: il verde era quello della Lega di prima, a quanto pare nella cerchia di Salvini il tema cromatico è molto sentito)
Serpeggiano critiche e malumori nei confronti di Mattarella. Ma sembra, in realtà, che alle condizioni date abbia fatto tutto e solo quel doveva, come poteva. Avrebbe preferito che i due leader politici si accordassero tra loro perché la responsabilità primaria della guida toccasse appunto a loro due. Ma non c’era lo spazio, e ha dovuto registrare le indicazioni di Salvini e Di Maio. Le ha vagliate, ha verificato che non ci fossero problemi reputazionali che potessero inficiare alla radice l’affidamento dell’incarico, e poi ha ribadito nel lungo colloquio i doveri di indipendenza e di guida che spettano, nella nostra costituzione, al presidente del Consiglio. Ha ribadito che vigilerà sul rispetto della Carta, e l’ha rispettata per primo riconoscendo a forze politiche che esprimono la maggioranza del volere popolare la formazione di una coalizione di governo. Spiace ricordarlo, ma siamo alle basi della democrazia rappresentativa.
Il bello naturalmente comincia adesso. Adesso che il tempo della propaganda è finito, adesso che è ora di governare e non è più nemmeno il tempo di dire che non vedete l’ora. L’ora è arrivata, e la realtà assalirà un governo fondato su parole d’ordini semplici, promesse enormi e una gran quantità di balle, da un lato, e su un’empatia col popolo non sempre paziente, non sempre riflessivo, che si costruisce sicuramente più facilmente stando all’opposizione, di questi tempi e non solo. È la prova dell’età adulta per Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e non è facile credere che la supereranno agevolmente, perché molto spesso chi sembra inesperto, avventato, facilone, poi davvero lo è. Non sarà facile superare per loro la prova, ma non sarebbe onesto dare per scontato che questo governo sarà un disastro, come – con troppa leggerezza – fanno analisti politici e qualche giornalista tifoso. La coalizione di governo, la squadra di governo a partire da Conte, passando per Salvini e Di Maio, andrà misurata alla prova dei fatti, ricordando che il consenso popolare che la fa nascere si concentra lontano lontano da dove si fa – si è convinti di fare – opinione. A tutti quindi è suggerita un po’ di prudenza, ai Di Battista che minacciano fuoco e fiamme al cospetto del presidente della Repubblica proprio mentre quest’ultimo si predisponeva ad incaricare Conte, e a chi si siederà tra i banchi dell’opposizione. Da questi ultimi per il bene di tutti ci aspettiamo intransigenza assoluta sui contenuti qualificanti e meno altezzosi sfottò. La prima serve al paese, i secondi non servono a nessuno. Nemmeno al consenso di chi si bea per qualche retweet.
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