Partiti e politici
Giorgia ti forgia
«Io non intendo sostituire un intollerante sistema di potere con un altro intollerante sistema di potere. Voglio liberare la cultura italiana da un intollerante sistema di potere, in cui non potevi lavorare se non ti dichiaravi di una certa parte politica. Voglio un sistema meritocratico e plurale che rappresenti tutti che dia spazio a tutti in base al valore che dimostrano e non alla tessera».
Sentendo questa dichiarazione di Giorgia Meloni, vale la pena rivedere la spiegazione che Marco Giallini fa QUI della differenza tra le espressioni “sticazzi” e “me cojoni”. Se ho ben capito la lezione direi che è più adatta la seconda espressione, perché me cojoni si usa in caso di stupore, insomma quando qualcuno la spara grossa.
E la premier l’ha fatto, e adesso potrà arrotondare il suo slogan/tormentone: io sono Giorgia, sono una madre, sono italiana, sono cristiana con e voglio liberare la cultura italiana
Però c’è un problema, perché se prima faceva campagna elettorale adesso governa e una frase tipo “voglio liberare la cultura italiana” risulta (guarda un po’?) davvero sinistra.
Ma entrando nel merito poi, esattamente dove sarebbe questo baco? questo tarlo che impedisce a questi professionisti/artisti di lavorare?
A farla lunga si potrebbe iniziare dal Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati) l’esposizione, organizzata nel 1863 per accogliere le opere degli artisti rifiutate dal Salon “ufficiale”, ovvero quello dell’Académie des beaux-arts di Parigi in cui però trovarono posto pittori immensi che avrebbero cambiato la storia dell’arte.
Il mito dell’artista rifiutato dal sistema è un classico e quindi Pino Insegno sarebbe una sorta di Édouard Manet, e la Meloni diventerebbe Napoleone III che volle scardinare un intollerante sistema di potere con l’istituzione del suddetto Salone.
Certo, certo.
Il rapporto tra identità di sinistra e liceità artistica sarebbe pure molto interessante, in fondo abbiamo assistito qualche anno fa, con la vittoria di Trump e la trombatura di tutto lo star system americano pro Hillary, a una sparigliamento delle carte. Il fatto che Lady Gaga, Madonna e Bruce Springsteeen non fossero bastati a far vincere la prima presidente donna degli Stati Uniti fotografò una debolezza di pensiero prima che del candidato.
Non è che la sinistra ha perso l’appalto sugli artisti, è proprio la gara d’appalto ad essersi chiusa.
Il costume vince sulla politica, e da quando rivoluzioni culturali come femminismo e movimento LGBTQ e concetti come sostenibilità e condivisione sono entrati a far parte di un sentire comune è finita la necessità di schierarsi.
E’ rimasta solo quella di aver qualcosa da dire.
Mettere Pino Insegno al posto di qualcun altro riavvolgerà il nastro solo nella testa della premier. E non c’è bisogno che qualcuno venga a liberare la cultura italiana, perché la cultura italiana, come tutte le altre culture, si libera da sola o non si libera proprio.
Ma se comunque la Meloni, volesse in qualche modo contribuire a liberare la cultura italiana, inizi da chi scrive i suoi discorsi.
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