Partiti e politici

Giorgia, se tuo padre si chiama Ignazio qualche problema ce l’avrai sempre

9 Luglio 2023

Prima l’Europa, poi la giustizia. Prima le discussioni interne alla destra italiana, su quale destra vuole e può essere nel Parlamento Europeo che verrà dopo le elezioni del 2024, e poi il ritorno alle radici dell’atavico conflitto tra politica e magistratura. La settimana passata e – ancora una volta, presumibilmente, quelle che verranno – sembra in fondo la sintesi e il punto di emersione di due grandi tendenze consolidate nello scenario politico italiano in generale, e in questa fase della destra di governo in particolare. Sono argomenti e questioni che sono tornate molte volte tra le righe di questa rubrica e, presumibilmente, continueranno ad animarle, almeno fino alla prossima grana improvvisa, al prossimo rinvio sul PNRR o alla prossima emergenza calamitosa che, per qualche settimana, ci porterà a parlar d’altro. La vita di questo governo e di questa maggioranza, insomma, sembra scandita da un metronomo che ad intervalli precisi, regolari, tiene il tempo per ricordare una storia lunga, che vive in Giorgia Meloni una sua reincarnazione originale e specifica, certamente, ma tuttavia affonda le radici in un passato coerente. Quello del tormentato rapporto della destra berlusconiana con diversi partner europei, che pure avevano sempre riconosciuto piena legittimità all’appartenenza alla famiglia politica dei Popolari; e quello, tormentatissimo, con la magistratura, le leggi dello Stato e ogni ipotesi di riforma dell’ordinamento giudiziario. Questa è storia, si sa, ma come sempre a fare la storia di domani sono le pagine di cronaca dell’oggi.

Quelle di questa settimana, dicevamo, ci restituiscono la coda lunga delle discussioni delle settimane scorse. Come quella sulle alleanze europee, e la possibilità di stare – per i partiti che insieme governano in Italia – in una coalizione con gli alleati che ciascuno ha oltre confine. Come in tutte le famiglie, anche le migliori, le contraddizioni non mancano, e quindi capita che governare in Italia tra diversi sia possibile, ma poi – quando si sale di piano – la musica cambia, e sensibilmente. Il problema è in fondo sempre lo stesso: la destra di Salvini vorrebbe immaginare una “coalizione Giorgia” a livello europeo, mentre quel che resta di Forza Italia pensa – ragionevolmente – che per continuare a esistere a Roma e a Milano, magari davanti alle platee di imprenditori lombardi che una volta si mettevano in coda per un sorriso benedicente del Signore di Arcore, sia indispensabile non mischiare il proprio sangue con l’estrema destra ungherese, polacca o tedesca. Chi vincerà? Non lo sappiamo. Salvini butta la palla in avanti, e dice che il futuro lo decideranno gli elettori, lasciando intendere che – qualora l’ircocervo che va dai moderati tedeschi fino alle destre dell’Est dovesse raggiungere davvero una teoria maggioranza del Parlamento UE – sarebbe difficile poi non provare a formare un governo comunitario fondato su quella maggioranza, estromettendo “finalmente” i socialdemocratici dalla stanza dei bottoni di Bruxelles.

Il discorso è così lontano nel tempo da consentire alla propaganda di non confrontarsi con la realtà. Quella che invece bussa, insistente, alle porte della maggioranza, quando sono le carte della magistratura che arrivano sulle scrivanie di avvocati e indagati. Abbiamo sentito tutti la difesa di Daniela Santanchè in parlamento. La ministra del turismo ha spiegato che lei non sapeva nulla dell’indagine che la riguardava, che l’hanno saputo prima i giornali di lei, e che questo non va bene. Se davvero è così, non va bene, anche se sul punto qualche dubbio in più, rispetto al passato, sembra legittimo. Non perchè non sia possibile che ancora una volta il rapporto tra fatto giudiziario e fatto mediatico sia stato scorretto. È possibile, perfino probabile. Tuttavia, lascia perplessi la prontezza della difesa vittimistica rispetto a qualunque discussione sul merito dell’indagine, un merito che è anche politico, dato il tenore delle accuse. Anche perchè l’indagine su Santanchè è rimasta lungamente secretata, e il segreto per mesi e mesi è stato rispettato. A rafforzare la sensazione di un eccesso di vittimismo, stanno poi gli sviluppi del caso Delmastro/Donzelli, i due compagni di partito e di casa, con il primo che rivela segreti relativi alla vicenda di Alfredo Cospito al secondo, e il secondo che ne parla in parlamento per fare polemica politica. Il Pm Ielo aveva chiesto l’archiviazione per assenza dell’elemento soggettivo – in sostanza, l’avvocato e parlamentare Delmastro non aveva capito che non avrebbe dovuto parlare, in cucina, al proprio coinquilino Donzelli, di certe cose – ma il Gip chiede invece che si proceda, e si apra un processo per verificare l’esistenza o meno del reato. Quest’ultima diversa, peraltro del tutto diversa negli attori giudiziari, spinge Palazzo Chigi a parlare anonimamente ai giornali, e a dire che “ci sarebbe un disegno” della magistratura per far perdere le Europee a chi governa il paese. Berlusconi, almeno, ci metteva la faccia, e tutto il resto.

Chi poteva evitare di metterci la faccia, almeno nel modo in cui l’ha fatto, è Ignazio La Russa. La brutta vicenda che vede indagato il suo figlio minore per violenza sessuale, e che lo vedrà ragionevolmente dover testimoniare al processo, visto che i fatti oggetto del procedimento si sono svolti proprio a casa del presidente del Senato, lui presente, ha visto una pagina sicuramente esecrabile – senza attendere il processo – nel momento in cui lo stesso La Russa padre ha emesso una nota in cui ha spiegato di aver “interrogato” il figlio, di non aver nulla da rimproverargli se non perchè ha portato a casa una che conosceva poco, che peraltro ha denunciato in ritardo e quindi vatti a fidare, e via dicendo. Prima di fare quel che fa Elly Schlein, che entra già nel merito del processo penale dicendo che c’è una colpevolizzazione di una vittima che invero potrebbe non esserlo – se lo è stata lo dirà appunto il processo – ci fermeremmo a sottolineare un’ovvietà istituzionalmente molto grave: il presidente del Senato può mettere una pressione così netta sugli organi giudiziari, emettendo una nota ufficiale, nella quale dice che un cittadino sottoposto a procedimento penale è sicuramente innocente? Ma del resto La Russa è così, era così da prima. Che sarebbe stato un problema per Giorgia Meloni lo abbiamo detto da subito, modestamente. Solo che ai propri padri tutti devono molto, a volte troppo. Chiedere ad Apache, oppure a Giorgia.

 

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