Partiti e politici

Gentiloni for President?

1 Luglio 2017

Tanti i sondaggi usciti oggi (i principali quotidiani si metteranno d’accordo prima? bah) e come sempre molti risultati sono convergenti, mentre altri paiono abbastanza distanti, sul medesimo soggetto di analisi. Non c’è da meravigliarsi. Come ho raccontato nel mio libricino “Attenti al sondaggio!”, le rilevazioni demoscopiche sono divertenti da analizzare proprio perché possono fornire, volendo, qualsiasi risultato, al di là del classico errore di campionamento. Dipende da come si formulano le domande, dal metodo di rilevazione utilizzato, dal periodo del giorno in cui si fanno le interviste, da come si ponderano le risposte, eccetera eccetera.

Dunque, secondo alcuni una ipotetica unione di tutta la sinistra con il PD supererebbe il 36% dei voti, secondo altri è il centro-destra unito ad essere egemone, con molti punti di distacco. I 5 stelle sarebbero (contemporaneamente) in netto calo oppure in buona tenuta. Gli elettori sono per alcuni nauseati, e diserteranno le urne in massa, mentre per altri sono particolarmente ansiosi di tornare al voto per far sentire la loro voce, dopo anni di governi “di palazzo”. Un po’ come i commenti all’indomani di ogni elezione, anche dai sondaggi si possono ricevere informazioni beneauguranti. Basta scegliere il punto di vista che piace di più ed il gioco è fatto.

Su un elemento però tutte le rilevazioni demoscopiche, incredibilmente, concordano. Con soltanto piccole variazioni, il gradimento dell’attuale premier Paolo Gentiloni appare in aumento o comunque in buona tenuta. La fiducia in lui è concordemente ritenuta superiore al 40%, ovviamente in misura maggiore tra gli elettori di centro-sinistra, ma con un buon appeal anche da parte di quelli dell’opposizione. Un giudizio positivo piuttosto trasversale e, quel che è più indicativo, proveniente perfino dagli italiani più distanti dalla politica, o da quelli che non si identificano in nessun partito.

Il cosiddetto “ventre molle” dell’elettorato viene spesso, giustamente, ritenuto la cartina di tornasole della buona performance di un politico, o di un governo. Se piace a chi non piace la politica, significa che è riuscito ad andare oltre i confini del suo orticello, convincendo chi è più distante. Generando dunque un clima di opinione generalizzato a lui favorevole.

Ma il dato più interessante è quello che riguarda le percezioni degli elettori all’interno dell’area di sinistra-centrosinistra. Gentiloni, unico tra i possibili leader di quell’area, viene giudicato molto o abbastanza positivamente da tutti gli elettorati, da quelli di Sinistra Italiana, di Articolo 1, del raggruppamento legato a Pisapia (che, certo per colpa mia, ancora non ho capito come si chiamerà), degli altri di sinistra, oltreché – ovviamente – del Partito Democratico.

Una specie di mini-plebiscito che, forse, potrebbe risolvere definitivamente il problema degli eventuali accordi tra le centinaia di anime che popolano quella parte del paese. Se pochi sono pregiudizialmente contrari all’attuale capo del governo, perché non si pensa a lui come possibile riunificatore di tutte queste anime bellicose? Gentiloni non urla, non sbraita, non pone condizioni pretestuose, non è del tutto vicino a nessuno (nemmeno a Renzi, come si è capito), governa in modo efficace, per quel che può fare oggi un governo di coalizione un po’ strampalata, è stimato sia in Italia che soprattutto all’estero e, oltre tutto, è abbastanza assente dal quotidiano cicaleccio dei politici sui social.

Perché allora non scegliere lui come candidato premier per le prossime elezioni? Forse potrebbe riservare sorprese positive a quell’area politica.

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