Partiti e politici

Gentilezza e valori: vi racconto come costruiamo il Campo Progressista

28 Marzo 2017

Con queste righe vorrei raccontare i primi passi mossi da Campo Progressista.

Partendo dall’inizio. L’immagine di un “palco rovesciato”. Sopra, microfono alla mano e ascoltati con attenzione da una sala pienissima, una nuova generazione di ricercatori e dottorandi, alternati ad alcune esperienze territoriali virtuose. Sotto, in un rispettoso silenzio, la politica, il sindacato, i volti noti.

È stata questa “La (nostra) prima cosa bella”, l’incontro che si è tenuto sabato 11 marzo al teatro Brancaccio di Roma. Quella mattina, per la prima volta, Giuliano Pisapia ha raccontato il percorso e il futuro di Campo Progressista.

Alcuni sguardi si sono dedicati alla platea, con l’occhio attento alle biografie presenti, concentrandosi quasi esclusivamente sul discorso di Giuliano Pisapia, in particolare sui passaggi più notiziabili relativi alla fase politica contingente: le possibili alleanze future e il rapporto con il Governo Gentiloni.

In realtà in quell’occasione non solo abbiamo provato a rovesciare la piramide dell’agire, puntando i riflettori dove erano meno attesi, ma abbiamo soprattutto messo al centro l’Italia. Siamo partiti da temi e storie che la attraversano e che condizionano davvero la vita di donne e uomini di questo Paese.

Abbiamo parlato di welfare e lavoro, di ambiente e diritti, di cultura, formazione e rapporti tra i generi.

Convinti che oggi ci sarebbe bisogno anzitutto di questo. Ascoltare, capire, entrare in connessione. Partire da un lavoro di ricerca curiosa, coraggiosa, complessa. Comprendere le domande sociali che emergono dal cuore del Paese per trovare risposte serie e adeguate.

Non è più tempo di una politica che agisce sull’onda dei sondaggi, fatta di slogan elettorali sempiterni e politiche pubbliche immaginate per coccolare il consenso nel brevissimo periodo.

L’Italia ha bisogno di una crescita sostenibile, equità e giustizia sociale. Per arrivarci serve prima di tutto un nuovo modo di fare politica.

Questo per noi significa discontinuità, asse portante della nostra prospettiva. Una nuova politica capace di generare politiche pubbliche nuove e diverse.

Oggi, nel mondo occidentale, il populismo divora la complessità, alza muri, aggrava le diseguaglianze e le solitudini. Un populismo che contamina il contesto europeo e che ci deve fare paura. Per fermare populismi e destre, però, non bastano fredde alleanze o un programma elettorale calato dall’alto, con la speranza di eventuali capacità mediatiche di leadership solitarie. Per fermare i populismi e le destre serve altro. Servirebbe, per esempio, un centrosinistra inedito, radicalmente credibile.

Noi abbiamo una tesi che nei prossimi mesi vorremmo provare a dimostrare empiricamente. In Italia, secondo noi, esiste ancora il popolo del centrosinistra. Un popolo spinto sempre più lontano dalla politica, frustrato da anni di vicende politiche nazionali poco entusiasmanti (per usare un eufemismo); un popolo che oggi si trova sempre più spaesato e insoddisfatto dell’offerta politica nazionale. Immaginiamo un popolo riunito intorno a valori comuni, ma allo stesso tempo plurale e complesso. La sinistra, l’ambientalismo, il civismo e il cattolicesimo sociale. Un popolo spesso socialmente impegnato, magari anche già coinvolto in esperienze amministrative locali. Esperienze che oggi, quando alzano lo sguardo sullo scenario nazionale, sono costrette a rassegnarsi al centrosinistra delle compatibilità economiche e del realismo subalterno o alla sinistra degli slogan, quella che ha sempre ragione, ma poi di quella ragione non sa bene cosa farsene.

In Italia ci sono migliaia di Comuni, molti dei quali governati bene dal centrosinistra. A quel civismo, a questa buona politica vogliamo dare spazio. Facendo la nostra parte per ricomporla con il centrosinistra dei corpi intermedi (associazioni, partiti, sindacati). È un popolo aperto e plurale, che quando riesce a emozionarsi parla davvero al Paese, trasforma le paure in speranze, l’esclusione in inclusione.

Ecco, oggi noi vorremo provare a dare il nostro contributo per rimettere insieme quel popolo.

Vogliamo ricostruire il centrosinistra (o come piace a noi sinistra centro), non per un mero esercizio di stile, ma perché vogliamo un’Italia migliore, diversa.

Un Campo largo che risolva i problemi concreti e che lo faccia con lo sguardo alto di chi sa davvero immaginare un futuro non scontato.

Abbiamo un metodo e un obiettivo. Il metodo è la gentilezza, ovvero la valorizzazione dell’Italia progressista e l’investimento sulla capacità collettiva di generare idee.

L’obiettivo è ricostruire il centrosinistra, partendo da idee, progetti, esperienze, valori e territori.

Per questo, abbiamo inaugurato le Officine delle idee. Percorso che avrà un giro di boa tra 4 mesi, quando ci riuniremo da tutta Italia per conoscerci, per condividere e valorizzare i contenuti emersi e ripartire da lì. Vogliamo trovare le idee, concrete e realizzabili, per fare dell’Italia un Paese migliore in cui vivere.

Quando diciamo che non vogliamo fare un partito, non lo diciamo per accarezzare retoriche antipolitiche o perché pensiamo che i partiti politici siano per definizione ostacolo alla buona partecipazione. Anzi. Lo diciamo, invece, perché immaginiamo un percorso aperto a tutto il popolo che vuole costruire un nuovo centrosinistra: chi è iscritto a un partito della sinistra o del centrosinistra, chi anima un’associazione o un sindacato, chi una lista civica locale. Ovviamente un progetto aperto a tutti quei singoli cittadini che di nuovo, o per la prima volta, hanno voglia di dare il proprio contributo.

Le Officine sono case aperte, case di buona politica. Sono temi e idee, ma anche aggregazione e socialità. Sono il primo passo di un viaggio.

Ad oggi sono già circa 150, registrate sul sito www.campoprogressista.info. In tutta Italia stanno nascendo e si aggregano spontaneamente.

Siamo convinti, che in questi quattro mesi, potremmo davvero ricostruire l’humus di un nuovo centrosinistra capace di competere davvero con i populismi e le destre.

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