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Genova, il teatro del dialogo nella terra di Babele
Ma quanto è bella la Torre di Babele con i cento idiomi e le mille parlate che si incrociano, si sfiorano, si sommano e si sottraggono. Così lontano da quella immagine negativa della condanna di Dio agli uomini esplicitata nel capitolo 11 della “Genesi” della Bibbia. Una disgregante figura di umanità alla deriva, condannata a non parlare più la stessa lingua… anche perché, tirare fino al cielo quella gigantesca costruzione, altro non fu che sfidare l’Assoluto. Che mica la prese bene. “E il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”. Così la Genesi. “Ba-Bel” è quindi città di Dio. Città santa. Come si potrebbe tradurre? E le tante lingue del mondo? Jacques Derrida in “Des tours de Babel” (1982) leggeva nel gesto divino la punizione verso l’uomo “per aver voluto in questo modo assicurarsi autonomamente una genealogia unica e universale”. Di conseguenza diventerà vitale e necessario sviluppare la conoscenza apprendendo a parlarsi oltre le differenze. Non esiste, non può esistere una sola razza, magari eletta, non può esistere una sola identità. Ma molte, tante differenze da riconoscere e rispettare. Nuove regole per il presente-futuro del mondo. Non più confusione negativa e da scartare bensì apertura e comunicazione come linea di incontro, base per una democrazia dell’accoglienza e della accettazione delle differenze. Nessuno resti da solo. Nessuno può restare solo. Per realizzarlo non c’è niente di più efficace dell’arte. L’arte facilita il dialogo, anche “sans parole”, avvicina gli sguardi e sollecita le complicità. Qui il teatro ha il suo spazio utile per aprire le porte che restano chiuse per paura o timidezza. E poi c’è la musica, che sa muovere i sentimenti e parlare ai cuori. Aprirsi per non soccombere. Aprire per diventare più ricchi di umanità. E così che da ventiquattro anni avviene a Genova al “Suq”. E, cosa c’è meglio di una città di mare così ricca di storia dove la Babele da sempre si compone e sfila tra i carrugi e le piazze? Il Porto Antico è così luogo giusto per un festival che da sempre apre all’accoglienza e alla solidarietà, in cui si parla e si fa cultura, anzi “intercultura”, discutendo di innovazione e ambiente, sottoscrivendo la lotta al razzismo e i “no” alla guerra. 55 appuntamenti e 95 ospiti in dieci giorni inaugurati da una serata dedicata interamente alla pace. “Atlante di voci” questo è il titolo prescelto per questo anno da chi lo dirige, Carla Peirolero, che assieme a Valentina Arcuri è anche l’ideatrice del progetto, riconosciuto “Best Practice d’Europe” per il dialogo e la promozione della diversità.
“Sarà bello ritrovarci, dopo due anni difficili – dice Peirolero – riflettere insieme, e fare vincere comunque la bellezza e il desiderio di sorriderci. Perché questo è dalla sua nascita l’obiettivo del “Suq”, mercato in arabo, luogo simbolico di incontro e dialogo”. “Raccogliere voci – spiega ancora- è coltivare l’immaginazione, seguire itinerari, predisporci a scambi e rappresentazioni. Per avere delle mappe e non smarrirci, per capire la complessità della realtà contemporanea, partendo dalle storie di chi ci sta intorno, ma anche di chi è lontano. E come definire il lontano e il vicino quando assistiamo a continui movimenti migratori e la percezione geografica cambia, e talvolta anche i confini?”
E tante sono le voci e le lingue di questa edizione: è prevista infatti la presenza di artisti provenienti da trenta paesi che a vario modo presenteranno spettacoli e performance. Concerti di musica o rappresentazioni teatrali, showcooking, laboratori etc… Questi i luoghi indicati: all’isola delle Chiatte, Piazza delle Feste, Chiesa di San Pietro in Banchi, Claque al teatro della Tosse, piazza Scuole Pie e nei vicoli del Sestiere del Molo. Cuore pulsante della rassegna è il Teatro del Dialogo che propone otto spettacoli di cui un’anteprima nazionale e due prime nazionali. I palermitani di Amunì-Babel crew _ il 18 e in replica il giorno dopo – porteranno in scena “OIDA” un esperimento di total body percussion che si ispira alle “Baccanti” di Euripide nella rilettura di Beercock che lascia grande spazio all’improvvisazione. L’intera performance è musicata dal vivo solo con i suoni del corpo e della voce. Un lavoro di Roberta Biagiarelli rievocherà in prima nazionale la guerra serbo bosniaca trenta anni dopo Serajevo in “Pazi Snajper-Attenzione cecchino” il 22 giugno. Si sono invece ispirati al libro omonimo scritto da Kossi Komia Ebri, “Imbarrazzismi” quelli di Compagnia del Suq in scena con Carla Peirolero, Alberto Lasso, Enrico Campanati, Kalua Rodriguez, Jo Choneca ed Esmeralda Sciascia (in scena il 19 e il 20).
“Radio International” di Beppe Rosso e Hamid Ziarati, scene e luci di Lucio Diana, regia di Beppe Rosso è l’allestimento messo in scena dal teatro del Dialogo e dedicato all’informazione in tempo di migrazioni (25). Il 20 all’isola delle Chiatte su il sipario su “Radio Ghetto Voci libere” con Francesca Farcomeni “per farci attraversare in punta di piedi, ascoltando le voci di chi ci vive, il confine che divide noi, da chi sta nei ghetti”. Per chiudere la rassegna ecco gli altri spettacoli che compongono il ciclo del Teatro del Dialogo: “Gli altri”, spettacolo della Compagnia Corps Citoyen con l’attore italo tunisino Rabii Brahim che propone un dialogo sulla percezione dell’Altro (26); “Il settimo continente” della compagnia La Ribalta, di e con Alberto Ierardi, Giorgio Vierda e Luca Oldani sul rapporto anche grottesco intercorrente tra l’uomo e la plastica (21 e 22 ); e infine “Laudato si” con l’attore e regista Michele Merisi che si confronta con l’ardua sfida di parlare con Dio tra uno scritto papale e “Il Cantico delle Creature” alla Chiesa di San Pietro in Banchi (il 23).
Folto il cartellone della musica che si apre il 17 con “La dolce voce del Suq- Serata per la pace” protagoniste le cantanti ucraine Elena e Oksana Nadyakm la cantante russa Tatiana Zakharova, Alessandra Ravizza canta in arabo e in italiano, Laura Parodi ed Esmeralda Sciascia, con sonorità popolari e africane e il rapper nigeriano Preci P, il trio del violinista italo marocchino Jamal Quassini, il chitarrista e compositore Franco Minelli e il percussionista Matteo Rabolini. L’indomani pomeriggio sarà trutto dedicato alla Comunità Ucraina della Liguria con i cori e le danze di diverse parti dell‘Ucraina.
Tra gli artisti in arrivo la cantante italo senegalese Awa Fall (22) stella del reggae e della black music. Il 18 musica metropolitana dal Senegal con i rappers Leuz Diwane G e F.U.L.A. e il dj Frank Sativa. Il 19 torna Jo Choneca con “Bantu” omaggio alla musica del Mozambico. Il 21 è di scena l’African Jam Band con repertorio reggae e afro beat. “Sentire il silenzio” è il titolo del concerto della violoncellista Giulia Mazza (22). Funky, soul house e hip hop al Live Breaking Showcase (23). Si chiude il 26 con una serata di liscio con l’orchestra del fisarmonicista Marino Castelli. Ricco anche il carnet degli incontri. Il 18 l’antropologo Marco Aime e Kossi Komia Ebri autore del libro “Imbarazzismi. Quotidiani imbarazzi in bianco e nero” (edizioni dell’Arco Marna) dialogheranno con Husein Salah. Andrea Costa di Baobab Experience rievocherà la figura di Don Gallo nella Giornata Mondiale del Rifugiato (20). La scrittrice Arianna Dagnino parlerà il 21 del suo ultimo libro “Le impronte di Eva” (Ensemble edizioni). Il 22 si terrà la tavola rotonda “La guerra dei Balcani… e oggi?”, Tra i relatori anche Silvio Ferrari. Il 24 Antonio Scurati presenta il suo libro “Guerra. Il racconto delle armi da Omero ai giorni nostri” (Bompiani). Oliviero Ponte di Pino e Giulia Alonzo (25) conducono “Il teatro sta cambiando o no?” con gli attori Deniz Ozdogan e Rabii Brahim. Goffredo Fofi infine (26) sarà il protagonista dell’incontro “Che fare?”. Numerose anche le iniziative che vanno dallo showcooking alla proiezione di film (info festival@suqgenova.it ).
Genova si conferma città sempre molto vivace sul fronte della scena. Dal 28 giugno al 1 luglio si svolgerà in diversi luoghi la rassegna di danza contemporanea “Fuori Formato” voluta dal Comune di Genova e curata da Teatro Akropolis, Associazione culturale Rete Danza contempoligure e Associazione culturale Augenblick, in sinergia e collaborazione con diverse istituzioni pubbliche e private della città. Il via il 28 a Villa Durazzo Bombrini, Di scena Emanuele Rosa e Maria Focaraccio in “All you need is” in prima nazionale. La coreografia intende esplorare “e mettere in discussione la logica delle opposizioni binarie che dominano il nostro sistema di pensiero, la nostra cultura e la nostra società attraverso l’intromissione di un terzo elemento “nella relazione”. A seguire altra prima nazionale, “No Bautizados. Lo invisible” della coppia spagnola Rolando Salamè e Katia Humenyuk. In questo lavoro i due performer giocano “con le loro differenze fisiche ed esperienze di vita mostrando la dualità dell’essere, avvolgendosi nelle contraddizioni, successi, desideri, paure”. La coreografa senese Silvia Giordano chiude la serata con “La Cap-Refreshed oranges into the ocean”. Sulla scena le danzatrici Cristina Ruggerini, Matilde Cortivo ed Emersey Nagy. In scena un viaggio intimo e metaforico nel passaggio all’età adulta di tre giovani donne.Il giorno dopo, 29 giugno, stessa location. Si apre con YoY Performing Arts che presenta in prima nazionali “Fiori assenti 1 Studio” ispirato dai “Fiori assenti” di A. Morandi di e con Emma Zani e Roberto Doveri. Nella coreografia “i corpi diventano forme scultoree in una contro-danza che, nell’ottica del contrasto, si snoda tra piccoli dettagli, gesti armoniosi nello spazio e momenti ritmici dissonanti”.
Asmed, Balletto di Sardegna mostra in prima regionale “Four/Virtus”, coreografia e danza di Matteo Marchesi. “Partendo dalle allegorie delle quattro virtù cardinali e dalle iconografie dell’uomo virtuoso (dai manifesti anni ’40 ai manichini di De Chirico) “Virtus” diventa un gioco per destrutturare Giustizia, Prudenza, Fortezza e Temperanza attraverso un corpo che cerca di mostrarsi virtuoso, di essere all’altezza di grandi aspettative, di essere un individuo vincente”. A seguire Kinesis Contemporary Dance company in prima regionale mostrerà “Fa’stama”, concept e coreografia di Angelo Egarese. Danzano: Anna Pesetti e Francesca Piergiacomo. “Fa’atama” è un termine samoano per persone nate donna che si identificano come uomo. La coreografia si ispira al libro “Matalasi“di J. Bennett-Tuionetoa, attivista per i diritti umani, un racconto sulla vita di un fa’atama, ambientata il giorno del suo matrimonio come donna, accettato per non recare danno alla famiglia. Una storia sul conformismo, su un individuo costretto a scegliere tra identità e sopravvivenza”. Giovedì 30 si apre con Dame de Pic con Karine Ponties, Ares D’Angelo e Martina Martinez Barjacoba in “Subito” (prima nazionale). Coreografia di Karine Ponties. Danzano: Ares D’Angelo e Martina Martinez Barjacoba. Nella sua coreografia “Karine Ponties ha deciso di andare oltre l’ordinario e di dare un senso alla moltitudine di eventi che non sappiamo più guardare o vivere, quei momenti discreti che percepiamo come “insignificanti” e che tuttavia hanno valore”.A ruota Dehors/Audela in prima nazionale presentano “Mentre tutti intorno fanno rumore”. Coreografia di Elia Turco Liveri. In questo lavoro i performer provano a collocarsi nello spazio “infrasottile tra pelle e abito e poi, per concreta metafora, a cercare la stessa possibile relazione tra i corpi in movimento e lo spazio/paesaggio che viene attraversato dagli stessi, negoziando e dissolvendo la distinzione tra interno ed esterno, a favore di uno spazio condivisibile e comunitario”.
Si chiude con la prima regionale di “Entanglement Studio 2” di Rocco/Rosati, coreografia di Lorenzo di Rocco e Jennifer Lavinia Rosati. Di questa coreografia gli autori dicono che “nasce dall’indagine di quel fenomeno della meccanica quantistica, l’entanglement, già definito da Einstein come un’azione a distanza in cui due microparticelle, se poste nello stesso stato quantico, risultano connesse anche dopo essere state divise. Da qui si sviluppa una riflessione che proietta l’entanglement sulle relazioni che si instaurano tra gli esseri umani, capaci di influenzare lo status emotivo gli uni degli altri, dando vita a un legame impercettibile ma indissolubile”.
Ultima serata, 1 luglio, si cambia di location e la rassegna si sposta al Teatro Akropolis dove si terrà “Stories we dance”-Laboratorio Italia. Qui si assisterà alla visione di diverse opere. Si apre con “Fresh Oranges into the ocean” – Silvia Giordano e Nuanda Sheridan; “Piazza Marina 51 di Zoe Bernabéu e Lorenzo Covello; “Sei ancora tu”- Chiara Caterina; “Pronto sabré si su nombre es violencia” – Elisa Baccolo; “ἀνδρεία[andreia] “- Paola Bianchi e Gianluca Camporesi; “Attalea “- Giovanna Pesce Dalla Francesca. Per la competizione internazionale visione dei film finalisti e della premiazione finale Partecipano “Blue” – Ann Oren, Germania; “Chute” – Nora Longatti, Svizzera; “Fibonacci” – Tomáš Hubáček, Repubblica Ceca; “Danzamatta” – Vanja Victor Kabir Tognola, Svizzera; “ÉTUDE “- Chrysanthi Badeka e Christina Sotiropoulou, Grecia [anteprima mondiale]; “Há uma profeta nas Olaias, tenham cuidado!” – Lucas Camargo de Barros, Portogallo/Brasile; “THREE” – Naoto IINA, Giappone, 17’ 48’’ [anteprima mondiale]; “Tradere” – Laia Santanach e Ignasi Castañé, Spagna.
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