Partiti e politici

Fuori dalla Leopolda c’è Firenze, che al nome “Renzi” sorride e se ne va

18 Ottobre 2019

FIRENZE – Qui si dovrà ragionare solo sulla forza dell’uomo, che ancora un partito non c’è e chissà soprattutto se avrà una forza. E guardando l’erba dalla parte delle radici, schiere di uomini e donne, rovesciati come in una tela di Baselitz ancora urlano, si incazzano, hanno paura di lui, producono il vero peggio di sé alla sola evocazione del nome Matteo Renzi. Perchè Matteo Renzi, a dispetto di quelli che già ne sostengono le prossime, indimenticabili, gesta, in realtà è ancora famoso e odiato per le dimenticabili, che per tutto il popolo rancoroso ancora rappresentano le sue finali di Champions. La domanda chiave è: si può mettere a reddito questo pozzo nero? Forse sì, Matteo, ma è un lavoro di cesello, è un meraviglioso restauro, far tornare la luce. E il restauro è donna.

È questo, semmai, il dato che dovrebbero mappare gli analisti politici che invece intignano a dare numeri futuribili – intenzione di voto al 13! , no 15! – ma chi è quel tapino che in Italia ha solo una minima, mezza intenzione politica e la dichiara seriamente al telefono al primo sconosciuto che chiama?

Meglio farsi un giro più concreto per Firenze, un giro da bar, rilassatevi, per capire se qui il ritorno dello Jedi è atteso come la sera dei miracoli o rimane una tra le cose che una città che ne ha viste molte (anche del medesimo) vive con il cinismo delle occasioni semplici. E per esempio, quelli di “Quercioli&Lucherini dal 1895”, che per tutti sono passati alla piccola storia contemporanea delle calze come gli Anti Gallo in purezza, neppure alzano lo sguardo se gli ricordi che stasera, proprio stasera vi volevo dire, il buon sindaco che fu presenta la sua nuova creatura. “Ma per piacere – sorride un pronipote – è come quei talenti del calcio che alla fine si perdono, all’inizio  strabiliano poi non lo vuoi più vedere in squadra”. Qui da Quercioli, che pure è la storia di una città, sanno cos’è la grazia e forse un piccolo corso di estrazione-rancore e riposizionamento garbo, potrebbero tenerlo qui in questa Broadway all’uccelletto che è la Leopolda numero 10.

Neppure ci va meglio con l’affascinante Antonella Montano (ci autorizza a declinarne le generalità) che governa l’edicola di piazza della Repubblica, dove il povero cronista che viene dall’inferno capitolino nota un cartello timido timido che campeggia all’interno e che dice che Antonella, a nome di Nardella, può distribuire regolari certificati di morte (ci portiamo avanti), nozze, vari stati di famiglia e tutto il cucuzzaro dei documenti che a Roma ti toglierebbero l’intera dotazione ematologica. “No, guardi, Firenze è stato uno dei primi comuni digitalizzati, ci hanno copiato, sono stati davvero bravi. Io sono parificato a un messo comunale”. Certo, con questa premessa mi gioco subito il soldino e ammicco: quindi adesso con il nuovo partito di Renzi…ma non mi lascia concludere, e il sorriso si allunga sino a un tratto di serietà consapevole: “Vede, noi che viviamo per strada sappiamo di cosa c’è bisogno, noi la città la sentiamo prima ancora di giudicarla. E se posso dirle…”. Lasci finire me, Antonella, lei sta per dirmi che preferisce Salvini? “Certo, un Salvini con un poco più di decoro mi piacerebbe ancora di più, ma certo la strada è quella, la sicurezza, i bisogni dei cittadini”. Vedi alla voce: senso di realtà. Antonella è una donna del suo tempo, grande educazione, stile, bonomia e per sovramercato, direi vestita fichissimo, almeno per il gusto del povero cronista. Ma cazzo, vota Salvini con straordinaria serenità. Meglio ragionarci su, adesso che il Capitano lo danno già per defunto.

Giracchiando per la città senza una meta precisa, senza intenti puramente demoscopici ma solo sentimentali, ecco i ragazzi di “simBiosi organic café lovely bistrot” in via de’ Ginori che come idea di titolo non ci pare struggente ma che in realtà nasconde professionisti superappassionati di miscele, storie dei produttori, dei paesi, gente allegra soprattutto e soprattutto ragazzi a cui chiedere di Renzi, perdiana. Perchè lì abbiamo un problema, giusto? Michele Maria, che mi siede accanto e che gusta un filtrato, sociologicamente è una spada: “Vuole fare il giovane, vuole essere giovane, ma così facendo si rende ridicolo agli occhi dei giovani. E così con i vecchi diventa vecchio, con le femministe, femminista. Vuole sempre essere gli altri, per non perdere nulla, per avere il consenso”. Vorremmo dire a Michele Maria, ma non abbiamo cuore, che in passato già un celeberrimo richiese  il consenso di Tutti – giovani, vecchi, femmine e cantanti – e Tutti gli consegnarono le volontà politiche perchè ne facesse ciò che era meglio per il Paese. Non tollerava che neppure l’essere più sperduto dicesse di no, non gli tributasse amore, una condanna che infatti sulla lunga distanza diede gli esiti che sappiamo. Ma come può un nanetto seppur di talento come M.R. immaginare di “ rubargli la idea “? (cit.)

Michele Maria ci richiama, per un attimo. Vuol dare a Cesare ciò che è di Renzi: “Non si può negare la sua capacità luciferina di ribaltare i tavoli, di avere visione dove gli altri vedono solo un muro. No, attenzione. L’uomo è molte cose. Anche se non avrà mai i tratti dello statista.” E me ne vado, pensando che i 21 anni di Michele Maria non sono né pochi né troppi per essere lucidi, quindi non è conseguente che se non votano o sembrano disinteressati, i giovani poi lo siano davvero.

E adesso siamo qui, al Salone delle Feste edizione n.10, dove già la settima batteva in testa, poi ottava e nona non giudicabili per manifesta inferiorità, tanto che nacque addirittura il dibattito se chiuderla qui con il circo e annesso Giglio. E invece, Matteo ha più che sparigliato, ha sbalordito tutto il pubblico pagante che in pochissimi giorni è passato da un ohhhhhhhh di autentica meraviglia per quello zenit di faccia tosta, alla fase surrealista di un governo geneticamente modificato. E non solo, perché la boxe ti insegna che il tuo avversario lo devi finire: ha umiliato il suo partito, il Pd, gli ha sputazzato sulla tomba facendosi Partito personale, sotto il nome Italia Viva. E in fin dei conti ha restituito vita ai morti viventi che prima camminavano con lui convinti di un prossimo patibolo e che ora accavallano pensieri turbolenti di prossimi trionfi. Sarà quel che sarà.

E poi, perché negarlo, è passato con un pasto caldo anche da noi, quelli della stampa, vedendoci all’affanno zingarettiano di una tristezza senza fine, regalandoci l’idea che magari ci può di nuovo riavvicinare a un leader dandogli affettuosamente le peggiori parti che abbiamo. Tanto da tracciare un solco ramazzottimista che ha chiamato più che generosamente “ItaliaVentinove”, la qual cosa ha richiesto, per noi anche un poco tardi di comprendonio o forse solo un attimo perplessi, che si chiedesse la serena spiega di un collega accanto a noi, certamente – lui – più convinto dell’impresa di cambiare l’Italia da qui, appunto, al 2029. L’affettuoso scambio di amorosi sensi, comunque, ha partorito ciò che Matteo, conoscendo i suoi polli, dava per arcisicuro, che ogni giorno giornali e tv avrebbero parlato di lui, di sotto, di sopra e di lato, come avesse già una solida maggioranza nel Paese. In passato abbiamo anche tentato di esaminare la spinosa questione, che vede i giornali pieni e le urne poi non così tanto, ma niente, in certe stanze resta l’idea che Renzi è sempre attrattivo sino al punto, quella domenica mattina, di decidere di non votarlo. Ma stavolta è tutto nuovo, almeno la confezione.

Ma poi, al fondo, quello che più ci ha impressionato è proprio Firenze, che per una volta si è fatta Roma. Nel disincanto, e anche con qualche punta di ragionato cinismo. Per cui prendersi il meglio di quello che Renzi è stato, il sindaco bravo che la comunità gli ha riconosciuto, ma poi sottrarsi a ulteriori trascinamenti sentimentali che non hanno la minima aderenza con i problemi di una città. L’arrivo di un altro partito qui non scuote nessuno e per quelli che vogliono proprio stropicciarsi gli occhi, è comunque sempre qui la festa. Leopolda numero 10, non esattamente un indirizzo nuovo, ma almeno fedele come un pacco Amazon.

 

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