Partiti e politici

Front National: chi di paura ferisce, di paura perisce (una lezione per Salvini)

14 Dicembre 2015

Matteo Salvini, che così tanto si ispira al Front National francese, impari la lezione: una politica populista è un ottimo metodo per conquistare consensi, un facile metodo per rimanere sulla cresta dell’onda, un pessimo metodo se si ha l’ambizione di governare.

A maggior ragione quando ci si deve confrontare in elezioni basate su due turni, in cui spesso e volentieri, al secondo turno, ha la meglio “il meno peggio”, come da antichissima regola delle elezioni politiche. E siccome i due turni, per via dell’Italicum, li avremo anche in Italia (per quanto costruiti in maniera molto meno coerente di quella francese), sarà il caso che il centrodestra ripensi alla sua volontà di cedere le chiavi del listone al leader della Lega Nord, uno che va a braccetto con CasaPound e sembra essere in grado solo di cavalcare la rabbia della gente (sull’immigrazione e non solo) senza avere un’idea di paese.

Il Front National, da questo punto di vista, è sicuramente più evoluto della Lega Nord: ha compiuto un percorso deciso e lineare (sotto la guida di Marine Le Pen) da partito di nostalgici di Pétain a forza nazionalista di destra con vere ambizioni governative. Cercando con tutte le sue forze di diventare un movimento “presentabile” senza rinunciare alle sue caratteristiche più evidentemente di destra.

La situazione, quindi, era molto diversa da quella vissuta in quel celebre 2002, quando al ballottaggio con Chirac andò un impresentabile Jean Marie Le Pen. Questa volta, davvero, si pensava che il Front National potesse conquistare una buona fetta delle regioni transalpine.

Si è invece scontrato pesantemente contro un sistema, quello del doppio turno, che è costruito per dare più legittimità possibile al vincitore, ma anche per stoppare le ali estreme che da forza d’opinione vogliono trasformarsi in forza governativa.

Quanto è avvenuto in queste elezioni francesi ne è la dimostrazione plastica. Al primo turno, il lavoro di Marine Le Pen e la paura su cui ha costruito buona parte del suo successo (non per forza la paura legata al terrorismo – che ha influito meno di quanto si è letto in giro – ma una paura rabbiosa legata alla situazione complessiva della Francia e dell’Europa) hanno premiato il FN.

Al secondo turno, quella stessa paura si è ritorta contro il Front National. È diventata la paura DEL Front National. In questo, l’intelligente mossa tattica di Hollande, che ha ritirato i suoi candidati nelle regioni in cui non avevano speranze, ha agevolato non poco la rincorsa dei Repubblicani di Sarkozy (al secondo turno francese hanno accesso tutti i candidati che superano il 10%).

La paura ha consentito al FN di conquistare una valanga di voti al primo turno; mentre la paura del FN ha consentito a Repubblicani e Socialisti di ritornare in auge e ripartire tra le forze moderate (più o meno) tutte e 12 le regioni. Nel momento in cui i francesi si sono dovuti schierare, hanno scelto il “meno peggio”. E per la maggior parte degli elettori, il meno peggio significa “tutto tranne il Front National”.

Chi gioca troppo sulla paura e sulla rabbia, insomma, finisce per fare paura e, quindi, per perdere le elezioni. Questo è il limite più evidente delle forze estreme, che catalizzano voti, ma coalizzano contro di sé tutti gli altri. E un sistema elettorale a doppio turno non fa che evidenziare ulteriormente questo aspetto, spingendo ancora di più sul “voto utile”.

Se si pensa alla situazione italiana – in cui il voto sarà ripartito tra tre forze: PD, Movimento 5 Stelle, listone di Centrodestra – è abbastanza evidente come i due turni avvantaggino notevolmente il PD. I sondaggi, adesso come adesso, raccontano altro (soprattutto in caso di ballottaggio Pd-M5S), ma, nel momento della verità, la paura del salto nel buio si impossessa dell’elettorato e lo spinge a ripiegare su soluzioni rassicuranti. Lo si è appena visto in Francia, potrebbe accadere benissimo anche in Italia.

@signorelli82

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