Partiti e politici

Flussi e riflussi: ma Milano si scopre un po’ più di sinistra

9 Giugno 2016

Finalmente i flussi elettorali, quelli veri, basati non su sondaggi ma dall’analisi di tutti i voti reali, a partire dalle oltre 1200 sezioni elettorali di Milano. Si chiama “modello di Goodman”, ed è un modello statistico che permette di avere le stime più probabili del comportamento degli elettori in due consultazioni. E non sto a dirvi di più, talmente è complicato.

Alcuni, come D’Alimonte e De Sio l’hanno già utilizzato, ma per confrontare tra loro le comunali del 2011 con quelle del 2016. Paragone che a me pare molto difficoltoso, perché da 5 anni fa ci sono state di mezzo troppe elezioni e quindi molti possibili cambiamenti nelle scelte individuali, oltre al fatto che allora i 5 stelle praticamente non esistevano. Ho preso invece in considerazione le politiche del 2013, come base di confronto, invece che le Europee, più vicine ma anche molto diverse e un effetto Renzi troppo distorsivo. Cosa emerge dunque dall’analisi?

Prima di tutto guardiamo alle astensioni. Come accade sempre più spesso, si è mobilitato anche in questa occasione soprattutto l’elettorato che aveva un candidato in grado di vincere: quindi la quota di partecipazione è stata molto elevata in particolare per il Pd (90%), per la Lega (83%) e per Forza Italia (80%). Hanno invece disertato circa la metà dei 5 stelle e degli ex-montiani. Un discorso a parte riguarda i due raggruppamenti di sinistra: conosciamo bene le forti critiche su Sala provenienti dall’area di Sel, Rifondazione e Sinistra Italiana, dubbi che hanno portato gli elettori vicini a quell’area a comportamenti abbastanza diversificati.Molti si sono astenuti, mentre chi è andato a votare si è diviso in parte quasi simile sui tre candidati dei partiti che nel 2011 sosteneva Pisapia.

Una forte fedeltà di fondo è arrivata dall’elettorato dei tre partiti meno astensionisti: Pd, Forza Italia e Lega registrano tassi di fedeltà molto simili nei confronti del proprio candidato, tra il 70 e l’80. Non così accade per i 5 stelle: già decurtato dalla scarsa partecipazione, Corrado ha vissuto un livello di appoggio dal suo popolo molto limitato. Meno del 30% lo ha votato, mentre una quota quasi simile ha optato per Parisi, soprattutto, e per Sala.

Certamente un comportamento assai strano, quello tenuto da chi nel 2013 e nel 2014 aveva comunque scelto il movimento fondato da Grillo. Dei 130mila milanesi delle politiche ne sono rimasti poco più di un quarto, 35mila circa. Le ragioni potrebbero essere molte: forse un candidato non ben giudicato, dopo il difficile percorso che ha portato alla scelta di Corrado; forse la percezione di non poter entrare realmente nella competizione per la vittoria; forse ancora un ridimensionamento della carica critica dei milanesi nei confronti di chi ha governato la città. Certo è che, in un momento di forte crescita anche in altre importanti città, Torino e soprattutto Roma, i 5 stelle a Milano sono sì aumentati rispetto al 2011, ma manifestano una forte involuzione nei più recenti consensi.

Un ultimo dato è ancora interessante. Dal 2011 ad oggi le due aree politiche maggiori (destra e sinistra, diciamo così) registrano a Milano una costante contrazione di elettori: erano 600mila nel 2011, ora sono ridotti a 450mila, passando dai quasi 500mila delle politiche. All’interno di questo trend negativo, chi ne soffre di più è la destra, che presenta un distacco dalla sinistra progressivamente maggiore. Dal quasi pareggio di 5 anni fa (-3mila), oggi l’elettorato di destra è distaccato di oltre 30mila voti. Come dire: i milanesi si identificano sempre meno con le due maggiori aree politiche (in favore spesso dell’astensionismo, a volte di altre formazioni) ma chi abbandona la propria parte politica maggiormente è quello vicino al centro-destra. E la sinistra ne beneficia.

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