Partiti e politici
Fare il ministro dell’Interno non è come far casino a Milano o Bruxelles
Le indagini e i processi penali esistono apposta per dire cosa è successo davvero, in quel Metropol da giorni sulla bocca di tutti. Per dire se ci sono stati reati, anche solo tentati, oppure no. Se davvero si tentava di finanziare la politica leghista utilizzando come vettore i giganti dell’energia nazionale, come Eni, oppure se chi parlava millantava credito, o chissà cos’altro ancora. Vedremo, sarà dentro alle aule dei tribunali, con tutte le dovute garanzie che il processo riserva alle parti, che si potrà sciogliere la questione giudiziaria, che per il momento, per quanto ne sappiamo, non vede coinvolto il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Quella che già lo riguarda, invece, è una questione tutta politica, e non è una questione di poco conto. Quando anche fosse certissimo che di reati non ne sono stati commessi, e che comunque non sono stati commessi nell’interesse della Lega e del suo segretario, o men che meno su suo mandato, resterebbe in campo una selva di domande e dubbi. Un vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno – cioè guida del ministero che garantisce in modo primario la sicurezza nazionale – non dovrebbe portarsi in delegazione, mentre svolge una visita ufficiale importante e per definizione delicatissima, persone men che fidatissime. Quindi, o Savoini era fidatissimo, e questo verrebbe da pensare dato che le garanzie sarebbero arrivate da persone assai vicine a Salvini, oppure non lo era, e allora a quel tavolo non doveva proprio starci, in quelle foto non doveva comparire, e in quei nastri la sua voce non l’avremmo mai dovuta sentire perchè quei nastri, semplicemente, non avrebbero potuto esistere.
Del resto, un ministro dell’Interno dovrebbe evitare di essere contraddetto e smentito in maniera ufficiale da una nota diffusa dal capo del governo, Giuseppe Conte, in cui si precisa che Savini era presente su invito di D’Amico, e dovrebbe anche evitare di sottrarsi, sprezzantemente, al confronto col parlamento su una questione che comunque ha una rilevanza politica nazionale. Sia chiaro, parliamo sempre di politica, non di questioni giudiziarie: e proprio perchè di politica stiamo parlando, al ministro Salvini servirebbe prendere atto che la fase dell’improvvisazione – se non c’è altro, e fino a prova contraria non c’è – non può reggere oltre, tanto più che si è chiusa anche questa finestra elettorale e anche ad Autunno non sarà possibile votare per nuove elezioni politiche, e l’esperienza di governo è destinata a continuare quindi almeno fino a 2020 inoltrato.
In fondo, la coincidenza è anche istruttiva: lo scoop di BuzzFeed che ha rilanciato notizie già diffuse mesi fa dall’Espresso ha portato a scoprire che sul tema un’inchiesta è aperta presso la procura di Milano già da febbraio. Lo scoop è arrivato proprio mentre Salvini avrebbe potuto alzare ulteriormente la posta e tirare ulteriormente il collo ai suoi alleati a 5 Stelle, ormai sotto schiaffo e apparantemente impossibilitati a rialzarsi. Solo una coincidenza, ovviamente, ma che dovrebbe insegnare a Salvini che quando si governa, e quando si ha potere e popolarità, a crescere non sono gli onori, ma gli oneri. Che gli equilibri sono delicati, e che bisogna avere un controllo assoluto dei propri movimenti, e di quelli di chi si ha a qualunque titolo e in qualunque modo vicino. Sono evidenze che dovrebbero apparire chiare, ora, anche a chi è passato quasi di colpo da una lunghissima gavetta all’opposizione (e sempre lontano dalle stanze romane) ai vertici del governo e degli apparati dello stato. Perchè governare non è facile come fare opposizione a Milano, fare qualche comparsata rumorosa a Bruxelles, e non è semplice – nè piacevole, in certe sere d’estate – come sorseggiare una Vodka ghiacciata.
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