Partiti e politici

Far vincere Renzi per affossarlo. È questa la strategia dentro e fuori il Pd?

20 Febbraio 2017

La due giorni che ha sancito una ormai più che probabile scissione del Partito Democratico, andrebbe letta con un occhio attento rivolto al prossimo futuro e guardando nel complesso a cosa potrebbe accadere nel campo del centrosinistra nel suo complesso dai “duri e puri” di Nicola Fratoianni ai “turborenziani” fedelissimi all’ex premier.

Come già ho scritto in un articolo precedente, la frammentazione e la nascita di più liste conviene praticamente a tutti, compreso Matteo Renzi che nell’immediato potrebbe gestire congresso, amministrative e l’eventuale voto anticipato (che resta il suo principale obiettivo) senza quella che fino a ieri era l’unica vera opposizione interna dichiarata. Il condizionale resta d’obbligo fino a domani, giorno in cui la direzione nazionale del partito dovrà nominare la commissione che gestirà il congresso. Se Michele Emiliano, Roberto Speranza e Enrico Rossi non presenteranno lì le loro candidature, la scissione dovrà ritenersi compiuta nei fatti. Ma anche se il presidente della Puglia dovesse ripensarci, il quadro cambierebbe meno di quanto si pensi.

A quel punto la candidatura del ministro della giustizia, Andrea Orlando – che in queste ore sembra abbia fondato una nuova componente interna insieme a Gianni Cuperlo e Cesare Damiano – potrebbe essere ufficializzata, consentendo ai dem di svolgere un congresso “normale”, con una o due candidature alternative a Renzi sulla carta competitive, che scongiurerebbero il rischio della mono-candidatura del segretario uscente. In realtà, come sempre avviene nel Pd, la candidatura del guardasigilli servirebbe soprattutto a quantificare il peso politico delle aree che la sosterrebbero, in uno schema speculare a quello dei gruppi che sosterranno l’ex premier. Ed è proprio questa perpetua danza delle correnti – legate a questo o quel “generale”, non certo espressione di punti di vista diversi – a rappresentare il vero problema di Renzi e dei suoi nel prossimo futuro, perché i “renziani” – malgrado il largo sostegno di cui gode l’ex sindaco di Firenze nel partito – restano una corrente minoritaria.

Ciò che potrebbe accadere, specialmente se dovesse essere confermato un ritorno al proporzionale senza premi di coalizione e con capilista bloccati, è che all’indomani delle elezioni politiche l’ex premier subisca un accerchiamento sia dentro il partito che lo lascerà stravincere al prossimo congresso, che fuori da esso, dove le forze con cui potrebbe dover essere costretto ad accordarsi dopo il voto per costituire un governo di larghe intese (in primis i fuoriusciti, che comunque andrà eleggeranno più deputati e senatori di quanti ne avrebbero mai eletti restando nel Pd) chiederebbero verosimilmente e un nome di compromesso da mandare a Palazzo Chigi, una figura alla Gentiloni o alla Delrio per intenderci. A quel punto le resistenze di Matteo Renzi sarebbero sconfitte non tanto dalle pressioni degli altri partiti (Bersani&Partner e pezzi di centrodestra, questa potrebbe essere la composizione del prossimo esecutivo, a meno che un exploit del Movimento 5 Stelle non stravolga tutto) ma dalle stesse componenti interne de Pd, sia da quelle formalmente in minoranza, che da quelle formalmente in maggioranza.

Chi conosce un po’ la storia dei partiti del ‘900 e in particolar modo alcune strategie che spesso venivano utilizzate dai democristiani dorotei per isolare gli avversari interni, sa bene che non sempre la vittoria di un congresso – specie se molto larga nei numeri – è un buon segno. Siamo chiaramente nel campo delle ipotesi, ma non ci sarebbe nulla da meravigliarsi se nell’occulta cabina di regia della scissione del Partito Democratico ci siano degli insospettabili, personalità che ieri lanciavano accorati appelli all’unità, ma che forse un accordo unitario lo avevano già stretto da tempo, alle spalle del leader a cui potrebbero far celebrare il più velleitario dei trionfi. Nel dubbio, Matteo Renzi farebbe bene a tenere a mente quel noto proverbio toscano che recita: “dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io”…

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