Partiti e politici
Extra PD nulla salus
L’aver ragione sulla sinistra extra-PD non consola dall’aver avuto torto su Renzi. Anzi, brucia quasi allo stesso modo e non prova nessun particolare intuito. Mentre infatti Renzi, almeno fino alla defenestrazione di Letta, era in buona sostanza un oggetto non identificato, dei tiramenti della sinistra-sinistra esiste una vastissima letteratura, basata su infinite evidenze sperimentali (oltre all’esperienza diretta di noi che vi abbiamo militato). Il povero Pippo Civati, fallita la sfida dei referendum, alla quale i potenziali alleati Landini e Vendola hanno risposto picche, fatica a trovare una direzione. Più che ai residui del movimento operaio, dai quali è di fatto molto distante, guarda alla società civile, occhieggia ai grillini o agli ex grillini, spera in un improbabile massiccio recupero degli astensionisti.
Possibile non ha però ancora trovato una sua forma, mentre il suo leader accenna a costituenti dal basso e radicaleggia tra raccolte firme e battaglie civili, dalla cannabis all’eutanasia. Il nodo fondamentale che si porrà nei prossimi mesi rimane quello dell’elezione dei sindaci di Milano, Roma, Napoli, Torino. Civati è in una fase di rigetto tale da fargli escludere in linea di principio qualunque alleanza col PD, ma su questo punto lo scontro con Vendola è inevitabile. SEL è nata espressamente per andare ad occupare lo spazio lasciato libero da Rifondazione in una coalizione di centrosinistra, esiste solo in funzione di un’alleanza con un partito di massa come il PD, e se questa alleanza si è rotta a Roma, non può rompersi anche nei governi delle grandi città italiane.
Bizzarra anche l’idea, sempre di Civati, di ricostruire «un soggetto ulivista» all’esterno del PD. Anche soltanto un Ulivo bonsai richiede necessariamente la presenza di una robusta componente cattolica, ma al momento i cattolici prodiani rimangono nel PD e la stessa Rosy Bindi sembra aver cessato le ostilità. D’altronde, se in politica niente è davvero impossibile, immaginarla a tenere comizi con Landini accanto a Oreste Scalzone è ben al di là della soglia dell’inverosimile.
Del tutto inimmaginabile, poi, è l’uscita di Bersani e dei giovani bersaniani come Speranza. A prescindere dal fatto che il vecchio nucleo della Ditta è, per così dire, socio di maggioranza del partito (anche dal punto di vista patrimoniale, dal momento che la maggior parte dei circoli del PD rimane proprietà delle varie Fondazioni Rinascita…), non ha molto senso abbandonare un soggetto che si è contribuito a fondare. Un uomo saggio come Bersani, già comunista nella bianca Piacenza e laureato su S. Gregorio Magno, sa bene che extra PD nulla salus. Fuori dalla Casa non c’è possibilità di salvezza ed esiste anzi il rischio, una volta usciti, di non riuscire più a rientrare, perché qualcuno potrebbe, per così dire, cambiare la serratura.
Purtroppo Civati e i suoi continuano a dimostrare una grande immaturità politica e una scarsa attitudine a sopportare le durezze della vita di partito, tra le quali vi è la necessità di accettare le sconfitte ai congressi e saltare un giro, lavorando dall’interno con pazienza – e possibilmente con astuzia – per vincere al prossimo. Un filo di coerenza non guasta: Elly Schlein non aveva nemmeno in tasca la tessera del partito al momento della protesta di “occupy PD” – nata, ricordiamolo, dal rifiuto di un voto parlamentare – e occupava il circolo sotto casa in virtù del peso che, da statuto, il semplice elettore o simpatizzante ha nella vita del Partito Democratico.
La stessa apertura del partito verso l’esterno che ha consentito alla Schlein di passare nel giro di dodici mesi da non iscritta ad europarlamentare ha permesso la scalata dei renziani. Infine – e soprattutto – ciò che i benintenzionati delusi dal PD non riescono a capire è che andarsene dal PD vuol dire lasciarlo a Renzi in via definitiva, vuol dire accelerare la deriva centrista e la costituzione del cosiddetto “partito della nazione” al quale alla fine anche gran parte del fantomatico “popolo di sinistra” aderirebbe turandosi il naso. Ma per capirlo occorrerebbe forse avere davvero il polso di quel “popolo”, occorrerebbe ammettere che le proprie cerchie non rappresentano tutta la Sinistra, né per cultura politica, né per ceto, né per mentalità.
A quelli che hanno salutato con favore l’elezione di Corbyn alla guida del Labour andrebbe ancora una volta ricordato come il buon Jez non abbia mai abbandonato il partito quando Blair spadroneggiava. In molti abbiamo provato a ricordarlo a Civati. Con scarso successo.
(foto copertina: Partito Democratico Alberone Roma)
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