Partiti e politici
«Essere Giovanni Malagò», il sogno di mezza estate di Matteo Renzi
C’è una perfezione stilistica della vita nella decisione del premier di mandare la Puglia a farsi un giro, rinunciando alla pallosissima inaugurazione della Fiera del Levante, e mettersi invece lui a girare l’oltreoceano per abbracciare due pugliesine spaccamontagne come Vinci e Pennetta. E non è un caso che per ribaltare l’ammuffito concetto secondo cui il politico va solo a tagliare dei nastri pubblicamente e poi sgavazza privatamente, il nostro Matteo inverta l’ordine istituzionale dei suoi divertimenti, sgavazzando pubblicamente alla faccia dei benpensanti e affidando a un inutile sottosegretario il taglio del nastro sulla pubblica piazza barese, dove decine di imprenditori resteranno tanto male perché volevano toccare la madonnina toscana e invece gli toccherà il diversamente triste De Vincenti.
Non riusciamo a nascondere una simpatia immediata per questa vita «a modo mio», soprattutto perché ha il grande ombrello protettivo di Giovanni Malagò, presidente del Coni, con cui il premier divide viaggio e sgavazzo, il quale Malagò in anni lontani costituì puntuale riferimento romano (e in parte internazionale) per l’Avvocato che a lui, a Giovannino il bello – intorno alle sei e mezza/sette di ogni mattina nel momento del massaggio – chiedeva il punto sulla gnocca, approfondimento dotto a cui Agnelli teneva più d’ogni altra bagattella Fiat. Converrete, roba tosta.
Un’accortezza. Evitate di rappresentare questo tipo di vita, che il Renzi in qualche modo amerebbe e che in parte ha già fatto lavorando un po’ per modo di dire prima di far politica attiva, a qualche imprenditore fuori da Roma, sulle cui spalle gravano famiglie di dipendenti, responsabilità, sviluppo dell’azienda e tanto altro. Vi manderebbe a quel paese fors’anche con uso di violenza, non avendo gli strumenti minimi per capire un tipo di esistenza così à la carte. Ma insomma, questa gioventù romana che ora ha il capello argentato, alla testa della quale marcia il generalissimo Montezemolo, diede già prova di sé a Italia ’90, le cui rovine, ormai storicizzate, i milioni di pellegrini che pioveranno per il Giubileo della misericordia potranno apprezzare.
E proprio per quella quindicina d’anni di sopravanzo sull’imberbe Matteo, anche considerando il carico di esperienza, il nostro Malagò saprà essere l’impeccabile precettore del giovanotto che dev’essere introdotto in società, partendo da come ci si comporta a tavola, considerando che le buone maniere della conversazione gastronomica sono alla radice del saper vivere, all’avvicinamento elegante ma deciso di un certo emisfero femminile, a cui una nuvoletta di cinquecento parole ben dette saranno più che sufficienti per ottenerne udienza. Insomma, quel romanzo di formazione tardo-giovanile, che poi il presidente del Consiglio potrà agevolmente tradurre in un intelligente storytelling per il Paese.
Lasciate dunque perdere la polemicuccia su chi spende i soldi del viaggio in America, se li spendiamo noi contribuenti, se ci mette i suoi personali, Giovannino Malagò, che comunque avrebbe anche un certo diritto essendo presidente del Coni. Qui c’è una certa idea di vita in discussione, mica le solite robette di retroguardia.
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