Partiti e politici

Elly, l’armocromista e la luna

30 Aprile 2023

L’armocromista a pagamento nell’intervista a Vogue è un classico esempio di dito, che gli sciocchi e i semplici indicano mentre la luna, la pola dell’intervista sta in tutto il resto, nel medium che l’ha pubblicata, certo, ma soprattutto nel pronome personale di cui nell’intervista stessa si fa uso e abuso: IO.

Siamo, è evidente, ben oltre il rivestimento (letterale) di grigi, e maschi, funzionari ex comunisti assurti o speranzosi di assurgere a ruoli da salotto buono. ricordo ovviamente le scarpe di D’Alema quando si mise in proprio e cambio il look da “pignoratore di appartamenti” secondo Alba Parietti, il bianco e blu Armani in luogo del cammello di Filippo Penati, le scelte discutibili di Bonaccini. Qui lo stile non è quello provinciale di vestirsi bene, è arma politica e messaggio. Che ovviamente non dice molto, anzi da fastidio, ai compagni che pure avevano accolto Elly Schlein come l’ennesima messia, loro sono quello che già c’è, che va bene ma non basta.

L’obiettivo della pipolisation schleiniana è il popolo di Netflix, che lavora precario, gioca alla playstation (come la segretaria del PD) e commenta i look di Sanremo. Oggi non vota e domani potrebbe votare per quella ragazza vestita in modo a loro riconoscibile (troppo Cos per i miei gusti, ma ci sta). Quello stesso popolo che vota la vera ispirazione di ES, ossia AOC, Alexandra Ocasio Cortez, che si presenta al Met Gala (anche qui non siamo in un luogo del conflitto sociale) con un delizioso vestito bianco con scritto in rosso “Tax the Rich”, politica spettacolo, netflixizzazione della lotta di classe.

Una moltitudine impolitica, individualista, attenta al tema dei diritti civili e magari dell’ambiante più che al resto, che potrebbe scegliere non il PD in sé, ma l’attuale leader, e qui casca l’asino.

Mesi a parlare di NOI, ma alla fine funziona sempre la scorciatoia dell’IO. Renzi, Meloni, Schlein in questo pari sono, personaggi che stanno davanti e che si rivolgono agli elettori in un rapporto di identificazione personale: ti sono simpatico, mi voti, ti sono antipatico voterai quell’altro.

Poi, come fa Schlein nel resto dell’intervista, posso parlare di collettivo, posso anche dire (ci credo fino a un certo punto) che amo circondarmi di persone che la pensano diversamente da me, tutto insaporisce il brodo del personaggio che sto vendendo a un segmento di mercato nuovo. Sapendo che, come quando il nostro gestore telefonico tira fuori un’offerta pazzesca per i nuovi clienti e noi ci sentiamo cretini per essere lì da prima e pagare il doppio, chi c’è non conta, conta solo il nuovo.

Io lo trovo anche divertente, come tutti i fenomeni che si guardano da lontano, come il campionato del Napoli e la crisi della Juve, li osservo e non me ne frega più di tanto. Mi frega invece che ancora una volta non ci sono uscite collettive, indipendentemente dalla simpatia dei personaggi. Vuol dire che tutto seguirà ancora una volta il ciclo di vita disegnato da quel genio di Andrea Bozzo. Ormai è una legge ferrea, peccato, vuol dire che butteremo altro tempo.

PS: non rompete le scatole con la storia che è una donna, siamo tutti grandi e prendiamoci le nostre responsabilità senza frignare per cose inutili. Se Bonaccini avesse rilasciato un’intervista sulla sua supposta eleganza a, chessò, “How to spend it” avreste rognato lo stesso.

PPS: mi pregio di avere con alcuni amici regalato una consulenza di un personal shopper a un amico comune ben 10 anni fa, dunque non sono insensibile al tema. Se la mia cliente più famosa mi avesse fatto la grazia di nominarmi su Vogue non mi sarei affannata a rilasciare interviste dandole della stracciaiola in eskimo e soprattutto avrei evitato di blaterare di prezzi come al banco della frutta. ma sono questioni, appunto, di stile.

 

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