Partiti e politici
Elezioni. Se per Grillo ‘come Movimento abbiamo già vinto’
In dirittura d’arrivo dello show, Beppe Grillo la butta là: “Noi come Movimento abbiamo già vinto: anche se non vinciamo abbiamo cambiato il modo di fare politica in questo Paese” . La platea, a forte trazione pentastellata, applaude. Sciamando sotto la pioggia fuori dal Teatro EuropAuditorium di Bologna – dove il comico genovese, qualche sera fa, ha portato in scena il suo ‘Grillo Vs Grillo’ – la ‘base’, sembra approvare: nello stagno della politica italiana il Movimento è stato un gran bel sasso, che ha fatto le sue belle onde. E ancora – discorrono – non è finita. Anzi. Il gruppetto di cronisti, che si avvia verso la macchina, un po’ concorda e un po’ si chiede: ‘avrà mica voluto mettere le mani avanti, in caso di elezioni amministrative non troppo brillanti?
A meno di un mese dalle consultazioni locali, con i sondaggi che danno i 5 Stelle sempre più incollati al Pd – come seconda forza politica nazionale – e ben messi nella corsa alla guida di Roma e Torino, l’uscita di Grillo – quella sorta di ‘comunque vada sarà un successo’, dal taglio quasi-sanremese – è tutto meno che una boutade da spettacolo. Perché il Movimento 5 Stelle la politica, in qualche modo, la ha cambiata davvero se riesce a correre pur vestendo un curioso e inedito paradosso. Alle amministrative, come riportato da diverse parti – dal blog di Massimo Mantellini alla riflessione di Jacopo Jacoboni su ‘La Stampa’ in edicola lunedì scorso – i pentastellati avranno liste in 251 comuni sui 1.368 chiamati al voto mentre in 1.116 staranno alla finestra: in pratica saranno presenti appena nel 18% delle città.
Solo nella mia Romagna, per dire, saranno fuori dai giochi – per mancata certificazione delle liste da parte dello staff di Casaleggio – due capoluoghi di peso come Ravenna e Rimini. Posti in cui il M5S, avrebbe potuto dare battaglia e puntare al ballottaggio con il Pd, pure con buone prospettive. Invece niente, come a Caserta, Latina, Salerno, per citare altri centri di spicco. Eppure il secondo partito italiano, avanza nei sondaggi. Paradossalmente. Perché l’uno vale uno, i meet-up sorti sul territorio, il movimento nato dal basso – tutti passi compiuti dagli attivisti della prima ora – parlano di una base, di un radicamento nel tessuto sociale, di periferie attive: un quadro che ‘cozza’ con quel 18% coperto, complessivamente, tra i comuni al voto a giugno.
Eppure, come che sia – anche tra i casi di Quarto e Livorno che tanto hanno interessato i media – il Movimento, stando alle stime, va. Si muove, continuando a incarnare l’alterità rispetto alle forze concorrenti. Va, pure se un poco diverso, forse, dall’idea primigenia. Probabilmente quella considerazione regalata alla platea da Grillo, in una serata a teatro, non cadeva troppo lontana dal vero. Nella società liquida, con una politica poco amata dai cittadini – che frequentano sempre meno le urne – già il solo essere entrato nell’arena, per il Movimento 5 Stelle sarebbe stato un successo. La realtà, poi, è andata oltre. Molto oltre. E – a suo modo – la creatura di Grillo e Casaleggio, la politica italiana la ha mutata davvero. Non rivoltata come un calzino o aperta come una scatoletta di tonno, magari. Ma mutata sì. Quasi una vittoria. In attesa di vedere cosa uscirà dalle cabine elettorali a giugno. Manca poco.
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