Partiti e politici

In Emilia Romagna e Umbria vince una visione solida tra concretezza e civismo

Le elezioni regionali in Emilia Romagna e Umbria premiano il centro-sinistra unito, mentre la destra arretra e l’astensione raggiunge livelli record. Un voto che evidenzia la necessità di progetti credibili e strategie territoriali.

20 Novembre 2024

Nel voto regionale in Emilia Romagna e Umbria vincono l’unità, la serietà dei candidati e il realismo dei progetti, con un centro-sinistra unito e vicino ai territori. Perde la politica “sguaiata” di Bandecchi e si indebolisce la “strategia di sommatoria” della destra, con una grande fuga degli elettori che sembra penalizzare più la destra che la sinistra, come potrebbero confermare i flussi. Tuttavia, l’astensione rimane oceanica e forte in entrambe le regioni e andrà analizzata a fondo per capirne le cause profonde e avviare azioni di coinvolgimento e inclusione, possibilmente super partes, per riavvicinare la politica ai territori.

In Emilia Romagna l’affluenza è scesa al 46%, ossia 21 punti in meno rispetto al 2020, un vero crollo, pur comprensibile dopo le ripetute alluvioni e la distanza percepita del Governo. In Umbria hanno votato circa 100.000 elettori in meno rispetto alle ultime elezioni regionali, con un calo dal 64% del 2019 al 52% di questa tornata. La destra perde circa 90.000 voti, mentre la sinistra ne guadagna circa 16.000. Questi dati iniziali spiegano molto del significato di un voto in cui i vincitori sono coloro che riescono a perdere meno votanti, soprattutto se uniti. Nonostante i 5 Stelle continuino a soffrire per il tradizionale mancato “radicamento territoriale”, il traino del PD unisce e vince, con un forte impulso del civismo, più evidente in Umbria che in Emilia Romagna. Questo risultato dovrebbe insegnare qualcosa al centro-sinistra, che deve puntare su un modello “molecolare e diffuso”. È un esito che spingerà Conte ad accelerare la “rivoluzione interna” per evitare il rischio di uno sganciamento esterno dal centro-sinistra e dal PD.

In entrambe le regioni prevalgono un disegno di sviluppo credibile e una visione di medio-lungo termine, con candidati competenti, affidabili e inclusivi. In Emilia Romagna non sembra aver pesato la vicenda degli scontri bolognesi con la polizia o la manifestazione delle 300 camicie nere; inoltre, sono stati respinti gli “sciacallaggi” legati alle alluvioni. Il popolo emiliano-romagnolo, come quello umbro, guarda al concreto e ai progetti. Elly Schlein ne esce rafforzata, in vista dei prossimi appuntamenti del 2025 con altre regioni al rinnovo. Fallisce invece il progetto di Salvini di una Lega Nazionale, con molti voti che “scivolano” verso Fratelli d’Italia e Forza Italia. Nel complesso, la destra estremista e sguaiata esce sconfitta: Bandecchi, con il suo approccio “trumpizzato”, non solo non guadagna consensi, ma sembra causare perdite.

Sul piano nazionale, il PD mostra segnali di crescita, ma deve rafforzare le alleanze con partner eterogenei (5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Azione, Italia Viva), puntando sul civismo come collante per attrarre giovani e recuperare l’ampio bacino di astenuti. Dall’altra parte, la Lega Nazionale di Salvini appare destinata a un ritorno ai territori, mettendo però in discussione la leadership di Salvini stesso, con figure come Zaia e Fedriga pronte a farsi avanti. Meloni, pur non indebolita, dovrà prestare attenzione all’omogeneità della coalizione e ai temi divisivi, come l’autonomia differenziata, che non riesce a convincere gli elettori del centro-sud. Nel complesso, l’esito del voto regionale evidenzia la necessità di una politica nuova, connessa ai territori, credibile e in grado di affrontare le fragilità sociali e ambientali. Il rilancio di De Pascale, neo-presidente dell’Emilia Romagna, con un “Patto Repubblicano” con il Governo, potrebbe rappresentare un passo importante. Meloni saprà cogliere questa sfida collaborativa su temi fondamentali come ambiente, sanità, scuola e competitività?


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