Partiti e politici
E tu contro chi voti?
Arriviamo nudi alla meta, e proprio nel fine settimana più freddo dell’anno.
Ci passiamo sondaggi riservati, ci facciamo telefonate ciniche o allarmate.
Ci guardiamo in giro e facciamo fatica a capire quale anima cosciente si rechi a queste urne potendo dire di votare “per” qualcosa, per qualcuno, e non contro qualcosa o qualcun altro. Parlo dell’elettore sofisticato e cosciente, di quello chiuso nella nostra bolla due volte urbana che parla del “paese reale” come di qualcosa che, giustamente, conosce solo per sentito dire. Ma, sempre per sentito dire, parlo anche di quella massa di popolazione che vive nelle sconfinate e desertificate nostre campagne. Dove una volta c’era la piccola e media impresa e ora ci sono file di capannoni vuoti. O dove invece lo sviluppo non è mai arrivato, e quel che resta sono sciami di rancore mantenuti da avanzi di welfare familiare. Perchè, certo, la ripresa esiste e il pil cresce: ma dopo tanti anni di recessione e con una disoccupazione ancora stellare, prima che la speranza torni a riempire le case degli italiani – che dopo tutto sono occidentali quasi come gli altri, e anche gli altri non sono granché ottimisti, nè razionali – un po’ di tempo ci vorrà.
Fate un gioco, a tutte le latitudini politiche, provate a immedesimarvi in una geografia interiore che non sia la vostra, e poi analizzate anche la vostra, se già avete deciso se e cosa voterete. Con ogni probabilità, la dominante delle scelte che vedrete compiere attorno, e dentro, sarà la voglia di evitare, abbattere, punire qualcuno che sembra il problema principale per voi. Il rischio più grave per i vostri desideri, per i vostri affetti. Scorrete le istantanee della nostra offerta politica.
La mummificazione di un Berlusconi non più in grado neppure di reggere credibilmente una mezzora di televisione. Non più in grado, insomma, di esistere davvero nel luogo da cui ha costruito i primordi del suo sogno e del suo consenso. Il suo contrario spaventoso è il baratro gridato di Salvini, sventolato con in mano il rosario e il vangelo, per indicare la strada non nuova della forca per chi è straniero.
L’apprendistato permanente di un Movimento a 5 Stelle che ieri contava sull’istinto politico di Grillo e sull’algoritmo imperscrutabile di GianRoberto Casaleggio, e oggi si fonda sulla mimetica costante di Luigi Di Maio e sul controllo societario di Davide Casaleggio. Un mondo strano, dove si favoleggia di un perenne complotto contro le genti, da un lato, e però si è agevolati nel compito da una classe dirigente che si sente unica depositaria della verità, e incomprensibilmente passa il tempo a sfottere Di Maio e soci.
L’incapacità del Partito Democratico di mostrare la primazia di una azione di governo quantomeno ampiamente sufficiente rispetto alla infinita guerra intestina che, pur preesistendogli, ha finito col diventare l’unica ragione dello stare insieme nell’era disorientante di Matteo Renzi. Un’era in cui l’antica ambizione della rottamazione è sembrata assumere la sagoma di un eterno Termidoro in cui, prima o poi, rotolano teste per fare posto a nuovi cortigiani. Lì accanto, tra cespugli di cui non ci ricorderemo con ogni probabilità già all’alba del 5 marzo, sta il percorso faticoso di + Europa. A chi ricorda certe battaglie Radicali per la legalità e la trasparenza con una qualche nostalgia, viene da chiedersi se davvero non si potevano raccogliere le firme (lo ha fatto Potere al Popolo, e molti altri perfino più piccoli), invece di appoggiarsi al furbo mestiere di un vecchio (e sapiente) arnese della politica come Bruno Tabacci. Questo avrebbe significato mobilitarsi per tempo sfidando un tempo avaro, per poi correre in solitudine una battaglia di testimonianza coraggiosa, ed esposta al mare aperto delle critiche di tutti. Si è scelta una strada diversa, quella dell’alleanza che rendeva impoensabile la raccolta delle firme in autonomia e, al di là di tutto, è ragionevole temere che il progetto politico tale non diventi, e riesca semmai a eleggere un piccolo gruppo di parlamentari che saranno poi nel mezzo dell’agone alle camere e serviranno forse a stabilizzarne gli equilibri, ma difficilmente radicati nel piccolo ma rilevante pezzo di società che a questo progetto sta provando a dare fiducia.
La sterilità di un ennesimo tentativo alla sinistra del Pd, quello di Liberi e Uguali, in cui vecchi movimentismi e nuove burocrazie (o viceversa) hanno già l’aria di un cartello per superare una soglia di sbarramento e poi per sciogliersi in tanti rivoli, com’è normale quando tante e incompatibili sono le pulsioni che compongono un gruppo. Si offendono molto quando si ricorda loro che le stesse masse proletarie non voteranno per loro, ma è sicuramente a causa dell’incapacità di comprensione delle masse proletarie.
L’elenco è breve, non può essere esaustivo, ma ciascuna di queste opzioni rappresenta, per molti la ragione per cui si decide di votare qualcun altro. Che sia antipatia epidermica, che sia addirittura odio politico, che sia paura di una disfatta per il paese o, infine, paura di un’invasione incontrollata di stranieri, il movente al voto è e sarà soprattutto difensivo. Sarà contro, e non per. Sarà per contrapposizione agli avversari, e non per matura adesione a un’idea di società e di paese. Qualunque cosa uscirà dalle urne, qualunque equiibrio sarà disegnato dal voto degli italiani e da un’astrusa legge elettorale, sarà l’equilibrio di un paese in cui sappiamo scegliere i nostri nemici, più che i nostri rappresentanti. I più accorti ci ricordano sempre, a questo punto, che è colpa degli elettori prima che degli eletti. O quantomeno, le colpe sono equamente distribuite tra popolo e poteri. È vero per definizione, e ci ricorda una volta di più che quando la politica è stata grande, quando ha contribuito a cambiare in meglio le cose e a dare rappresentanza sensata ai bisogni e ai meriti, è stata operosa e paziente, ha calcato le strade, ha preso i fischi nelle piazze e ha continuato a spiegarsi, ha creduto al proprio ruolo, ha usato l’autocritica, non ha disprezzato il popolo che le ha dato torto anche se lei aveva ottime ragioni.
Chi fa così, dal 5 Marzo in poi, ha già vinto un pezzo di futuro.
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