Partiti e politici
È tornato Silvio…
Il risultato delle elezioni regionali in Sicilia non ha regalato sorprese, confermando le previsioni della vigilia. A vincere è Nello Musumeci, candidato del centrodestra, che supera di misura il grillino Giancarlo Cancelleri. Alle loro spalle, staccati di molti punti, il candidato del centrosinistra Fabrizio Micari e quello della sinistra, Claudio Fava. A pochi mesi dalle politiche, il voto nell’isola rappresenta molto più di un test – soprattutto se gli schieramenti in campo dovessero essere quelli che si sfideranno su scala nazionale in primavera – poiché risponde alla domanda che echeggiava già da diverse settimane nei palazzi del potere e un po’ in tutte le redazioni: “è tornato Silvio?”. La risposta è sì, ma – come nella battuta finale di “Questi Fantasmi” di Eduardo – “sotto altre sembianze” e non solo grazie alla chirurgia plastica.
L’ex Cavaliere, pur attestandosi a una distanza siderale dai risultati degli anni d’oro, sta riuscendo nella titanica impresa di riunire il centrodestra, una coalizione assai diversa e instabile rispetto a quella che ha guidato in passato, vuoi perché Forza Italia non gode più di quel vasto consenso che ne faceva il partito leader, vuoi perché Matteo Salvini non è Umberto Bossi e Giorgia Meloni non è Gianfranco Fini. L’ex premier sta giocando il ruolo del federatore, cosciente che non potrà essere il candidato premier, ma che, mettendo sul piatto una più che probabile vittoria, sarà lui a sceglierlo. La coalizione che ha vinto in Sicilia si candida dunque prepotentemente a primeggiare anche alle prossime politiche e probabilmente è quella che meglio si adatta alle attuali tendenze dell’elettorato. È una coalizione con due anime, una più moderata rappresentata da Forza Italia nella sua attuale versione “light” e una più estrema composta dall’asse Lega-Fdi. La prima può seriamente intaccare parte del consenso d’opinione del Pd renziano (quello strutturato, sempre più ridotto, resta fortemente antiberlusconiano), la seconda è in grado di contendere al Movimento 5 Stelle i voti delle fasce meno alfabetizzate e più permeabili alle semplificazioni populiste, battendo sul ferro ancora caldo della crisi e lucrando sull’emergenza migranti. Ciò che stupisce è che lì in mezzo il meno populista di tutti sia proprio il vecchio Silvio, che paradossalmente potrebbe rassicurare gli ambienti dell’alta finanza e ciò che resta del ceto medio candidando un fedelissimo di spessore, magari quell’Antonio Tajani così apprezzato come Presidente del Parlamento Europeo.
A cercare di fermare il ritorno di Silvio saranno ovviamente il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. In casa dem il voto siciliano ha di fatto aperto una notte dei lunghi coltelli e rinvigorito l’infinita discussione sulla leadership. Sembra ormai quasi certo che le manovre del Nazareno saranno volte ad allargare il più possibile la coalizione a sinistra e che per farlo Matteo Renzi potrebbe rinunciare a esserne il candidato premier. Tuttavia, le ripercussioni di quella che per molti si configura come l’ennesima debacle dell’ex inquilino di Palazzo Chigi potrebbero mutare anche gli equilibri interni del partito. Difficile immaginare un cambio di guida a pochi mesi dalle elezioni, ma un accerchiamento del leader da parte dei “generali” appare oggi assai più di un’ipotesi. In fondo lo stesso Renzi – prevedendo le conseguenze della scontata disfatta di Micari – aveva cercato di declassare il voto a questione locale, facendo arrivare al rettore dell’Università di Palermo il più gelido degli endorsement («Fossi siciliano voterei quello che ritengo il miglior candidato, Fabrizio Micari, indicato al centrosinistra dal sindaco Leoluca Orlando sulla base del “modello Palermo”») e tenendo le carrozze del suo treno ben lontane dalle acque di Cariddi.
Chi sembra avere qualche problema in meno è il Movimento 5 Stelle, che malgrado la sconfitta potrà raccontare ai suoi elettori-fan di aver sfiorato l’impresa di eleggere Cancelleri sfidando in solitudine le “forze del male”, tutte unite contro i “paladini dell’onestà”. All’ombra dei pezzi di comunicazione della Casaleggio Associati, però, la realtà non è poi così rosea per i seguaci del comicoleader genovese. I grillini si sono spesi più di tutti gli altri per la “campagna di Sicilia”, battendo per mesi in lungo e in largo l’isola con un serrato tour elettorale in cui sono stati schierati tutti i big. Il risultato del loro candidato è importante (soprattutto se rapportato al 2012, dove prese poco più della metà dei voti) ma è comunque una sconfitta che non potrà essere utilizzata per trainare mediaticamente il voto alle politiche. A questo vanno aggiunte tre considerazioni: il Partito Democratico nel resto della penisola non è debole come nella terra della Trinacria; molti elettori di destra, che negli ultimi anni avevano “spostato” il loro voto su Grillo, subodorando la vittoria potrebbero “tornare a casa”; Virginia Raggi e Chiara Appendino sono due mine vaganti, in grado di far perdere ogni giorno che passa consensi e credibilità al movimento. A Ostia, municipio di Roma dove si è votato in contemporanea con la Sicilia, al primo turno ha vinto la candidata schierata dal M5S ma, rispetto a 18 mesi fa, i grillini perdono circa 20mila voti e lasciano sul campo 13 punti percentuale. In pratica, un’eventuale vittoria del centrodestra alle politiche si potrebbe tradurre per loro in un deludente terzo posto, giocato all’ultima scheda con la coalizione guidata dall’odiato Pd.
Era il 12 novembre del 2012 quando Silvio Berlusconi rassegnava le dimissioni al Quirinale, mentre folle festanti si riversavano per le strade di Roma. Sembra passato un secolo. Oggi l’ex Cavaliere è di nuovo in campo nel ruolo di regista – neanche troppo occulto – della coalizione che sembra favorita per la vittoria delle politiche del 2018. In mezzo c’è stata l’esplosione del partito dell’antipolitica e la rottamazione renziana, ma lui è ancora lì. Perché in fondo siamo figli del paese del “piove, governo ladro”, dove i treni arrivavano in orario solo “quando c’era lui” e c’è un po’ di Silvio in ognuno di noi…
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