Partiti e politici
E mo?
Per la seconda volta in questa legislatura, che ha quattro anni che sembrano cento, la ricostruzione dell’imene populista di un partito imprenditore del caos finito per sbaglio nella stanza dei bottoni causa una crisi di Governo.
Se alla prima era stato un pokerista scarso convinto di portarsi a casa il piatto con una coppia, alla seconda è il capo dell’ex prima forza politica in Parlamento che terremota il Governo sperando di evitare la bocciatura in extremis dopo aver fatto poco e male i compiti.
Ovviamente la rottura ha motivi ideali, li ha sempre, anche se l’avvocato Conte, uno che si iscrive al golf e al Rotary per fare pubbliche relazioni, risulta un tantino poco credibile nei panni dell’idealista. Gestisce per caso, come ha fatto il Primo Ministro, una delle più avventurose meteore nella storia della Repubblica, oggi ridotta (disvelata?) a caravella di povere anime che mettono la mosca nel piatto per non pagare elettoralmente il conto di aver fatto parte di tutti i governi, da Salvini a Provenzano a Provenzano e Salvini.
Ma i populisti sono questa cosa qui, dove gli altri tessono, loro rompono, dove alcuni cercano di non fare crollare i titoli, loro ci hanno abbondantemente scommesso contro, tanto pensano di vincere sempre. È per questo che a Putin piacciono tanto, sono produzione di caos a km zero, puliti, economici (abbastanza) ed efficienti. Intercambiabili pure, quando smettono di funzionare. Se i due al Governo arrancano, ce n’è fuori dalla maggioranza una nuova e intonsa, pronta a fare lo stesso mestiere.
E mo, dicevamo? Che il Paese non si possa permettere instabilità in questo momento è una frase vera, ma che è vera da così tanto tempo da aver perso la sua allure magica.
Magari qualcosa di qui a martedì si accrocchierà che vada bene anche a Draghi, che non ha l’estetica e l’interesse del politico a reggere in piedi una casa a cui ognuno che passa tira una martellata. L’hanno chiamato per altro e non ha torto. Anche l’argomentazione che avrebbe i numeri lo stesso non regge, sarebbe un’altra cosa e lui davvero un Amato qualsiasi e fa bene a non starci. Qualunque sarà l’accrocchio, una fase è comunque finita e si entra in modalità lunghissima campagna elettorale.
Per chi non ha scommesso sulla rovina del Paese non ci sono alternative: tocca buttarsi nell’occhio del ciclone del malcontento che continua a generare il consenso populista e cercare almeno di rallentare la riproduzione dell’infezione, che non si può arrestare.
Per il PD, che spero abbia abbandonato ogni nostalgia vintage per i collateralismi (tu non sei il PCI e lo sguardo benigno ai movimenti come tue propaggini lo riponi nel museo della Politica), significa almeno provare a dare risposte, a suo modo ma darle, a chi si sta impoverendo. Vuol dire difendere col forcone il rdc (unica cosa buona fatta dagli orologi rotti a 5 stelle) e occuparsi di chi in autunno non si ritroverà con i conti.
È tardi ovviamente, ma la Politica è generosa con chi non fa i compiti e magari la sfanghiamo…
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