Partiti e politici

Due semplici motivi per cui i grillini non saranno mai un’alternativa credibile

13 Dicembre 2015

“Una donna italiana quarantenne intreccia una relazione con un tunisino di 26 anni. Lui l’ammazza come un cane. Non voglio vedere il suo nome nella lista delle ‘martiri’. Dire che se l’è cercata è il minimo. Se fosse sopravvissuta l’avrei insultata”. Questa illuminante frase non è la trascrizione di un volantino di CasaPound o una fotonotizia presa da un sito di bufale fascioleghiste come “piove governo ladro”, ma un post scritto su Facebook da una consigliera comunale del Movimento 5 Stelle di Civitavecchia, tal Rosanna Lau, non nuova ad uscite di questo tipo.

Si tratta solo dell’ultimo caso di idiozia pentastellata diventata virale grazie ai social network e a quella “rete” osannata come un dio dagli stessi sostenitori del comicoleader genovese. Per la cronaca, il sindaco grillino di Civitavecchia, Antonio Cozzolino, ha poi accolto le dimissioni della consigliera – chieste da più parti – che non avrà più la delega al mercato.

Nulla di nuovo insomma, ma è proprio questa la notizia. Sono infatti passati ormai sei anni da quel 4 ottobre 2009 in cui Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio posarono la prima pietra del movimento che dopo aver esordito nelle varie tornate amministrative cambiò la geografia politica italiana ottenendo oltre il 25% dei consensi alle elezioni politiche del 2013. Ma da allora non è cambiato assolutamente niente e niente potrà cambiare a causa della natura stessa di quel movimento.

Proviamo a mettere in fila le questioni. La disaffezione degli italiani verso la politica e verso  quelli che la praticano di professione, ha prodotto negli anni un crescendo di effetti collaterali più o meno estremi. Dopo Tangentopoli fu lo stesso Berlusconi a presentarsi come il “nuovo che scendeva in campo” e in molti videro in lui l’uomo della provvidenza che avrebbe spazzato via i grigi dirigenti della Prima Repubblica. Nacque allora la cosiddetta “antipolitica”, non anni dopo come erroneamente si pensa. L’illusione del “nuovo miracolo italiano” è durata quasi un ventennio, a suon di slogan e annunci spot. Sappiamo tutti come è andata a finire. Ma il fenomeno è ciclico e si manifesta oggi in varie forme. La stessa Leopolda spa di Matteo Renzi, che oggi controlla il Pd e il Governo, è una reazione al lassismo e all’inefficacia dell’azione dei vecchi dirigenti del suo stesso partito.

Torniamo dunque all’oggi e a quella geografia politica che fu stravolta nel 2013, con l’avvento del Movimento 5 Stelle e la fine del berlusconismo. Da allora il consenso si concentra su 3 “poli”, attualmente rappresentati dal Pd a guida Leopolda Spa, dalla destra populista a guida Salvini (sostenuta da ciò che resta di Forza Italia e di Fratelli d’Italia) e appunto dal M5S. Il resto è residuale e peserà solo per quanto riuscirà a sottrarre a uno dei tre poli.

Il Movimento 5 Stelle è l’effetto collaterale più estremo alla disaffezione degli italiani verso la politica. Il suo consenso così ampio è proporzionato all’incapacità e alla disonestà dimostrata negli anni da molti esponenti dei partiti tradizionali, partiti che ormai da decenni non sono più in grado di offrire risposte adeguate alle crescenti richieste di una nazione in crisi economica e di valori. Sarebbe disonesto non partire da questo presupposto.
Ma un effetto collaterale non è una cura e per questo elementare assunto il movimento di Grillo non potrà mai essere una reale alternativa di governo  – cosa che tra l’altro sta dimostrando nei pochi comuni dove governa – per almeno due motivi.

Primo motivo: uno non vale uno.

Le tante Rosanna Lau –  ma di nomi se ne potrebbero fare a bizzeffe, da Vito Crimi in giù – ci raccontano che senza una selezione della classe dirigente e dei candidati, il rischio di ritrovarsi fieri esponenti della plebe ignorante al potere è altissimo. Ne consegue che i grillini eletti ai vari livelli decisionali sono nel migliore dei casi dei rumorosi spettatori, nel peggiore dei pericoli pubblici; vedere alla voce Livorno. E se per sbaglio qualche mente più illuminata decide di spendersi per il movimento, mettendone magari in luce le criticità, la reazione più ovvia è il suo allontanamento come dissidente. Ormai la casistica è assai diffusa. Se uno vale uno, difficilmente emergeranno quindi i “dieci e lode”, perché la selezione interna si baserà sempre su movimenti di pancia e non su ragionamenti lungimiranti. Il “battutista” di turno la spunterà sempre, senza che nessuno possa fare una seria valutazione sulla sua preparazione e prima ancora sul suo quoziente intellettivo.

Secondo motivo: destra e sinistra esistono.

Il superamento della naturale divisione politica tra due diverse concezioni della realtà è un’aberrazione che oggi va molto di moda. Viene spesso condita con le solite frasi scontate sulla fine delle “vecchie ideologie”, ma in realtà i fondamentali di entrambe le aree politiche fondate su altruismo ed egoismo sono radicate nell’animo umano e sempre lo saranno. Nella storia sono cambiate solo le modalità con cui si sono espresse. Ce lo dimostra proprio la consigliera Rosanna Lau, che con la sua frase xenofoba e al contempo irrispettosa della dignità di una donna vittima di femminicidio, ci racconta che ci si può anche travestire da grillina e darsi un tono ai meetup, ma se si è fascisti lo si rimane per sempre.

La politica, non solo in Italia, sta vivendo – per sue gravi colpe – momenti di estrema debolezza. Forti di questa debolezza i populismi stanno prendendo il sopravvento esprimendosi in varie forme. L’obiettivo dei più saggi dovrà essere quello di invertire questa involuzione, rimettendo al centro risposte e idee scaturite da una sintesi di valori e obiettivi, non dai desideria di popoli stressati e messi in ginocchio dalle crisi, dai flussi migratori fuori controllo e dalle tante sfide della modernità. Mai come oggi c’è bisogno di persone in grado di ricostruire solidi equilibri, non di chi esiste solo in funzione del caos.

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