Partiti e politici
Dopo la batosta nei comuni, ecco la svolta fascioleghista del Movimento 5 Stelle
Il voto di domenica scorsa ha decisamente ridimensionato le rumorose aspirazioni del Movimento 5 Stelle. Il partito del comicoleader genovese è fuori da quasi tutti i ballottaggi, sia nei comuni più grandi che in quelli minori. Motivo del flop la palese incapacità dimostrata dai grillini nell’amministrare le poche città dove oggi governano. In particolar modo pesa il calvario di Roma, una capitale ormai allo stremo paralizzata dall’inconsistenza di Virginia Raggi e del personale politico espresso, dal Campidoglio fino ai municipi. Gli esponenti del partito di proprietà della Casaleggio Associati, nelle ultime quarantott’ore, hanno provato a sminuire il risultato negativo puntando il dito contro le liste civiche messe in campo dagli schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Una giustificazione oggettivamente blanda e in fondo assai poco sensata: se gli elettori avessero voluto votare i candidati del M5S lo avrebbero fatto senza guardare le liste a sostegno dei concorrenti. Se non li hanno votati, è perché la situazione di degrado in cui versa la Capitale ha fatto il giro del mondo, così come le immagini di Piazza San Carlo a Torino.
L’altro dato emerso dal primo turno delle amministrative è una crescita – talvolta esponenziale – della Lega di Salvini, che ha trainato tutto il centrodestra portandolo al ballottaggio in moltissimi comuni. Il Carroccio cresce sull’onda della crisi economica che da anni affligge il ceto medio, sfruttando ormai da tempo le parole d’ordine del lepenismo, in particolar modo su due temi: l’antieuropeismo e il contrasto alle migrazioni. La parola più usata dai leghisti e dal loro leader è ormai da tempo “invasione”, un termine semplicistico e sbagliato che distorce la realtà delle cose e mette tutti i flussi migratori sullo stesso piano, rafforzando pulsioni xenofobe e intolleranza verso gli immigrati, la loro cultura, il loro credo religioso. Tutto quello che nel secolo breve ha causato i disastri che conosciamo, insomma.
Sul tema delle migrazioni il Movimento 5 Stelle ha mantenuto inizialmente una posizione ambigua, giustificata con il mantra “non siamo né di destra né di sinistra”, ma già da tempo ammicca agli argomenti delle destre europee, con cui – va ricordato – è alleato in sede di Europarlamento. Una strategia di comunicazione probabilmente imposta dalla Casaleggio Associati, a cui non sarà sfuggito che la paura dell’uomo nero che arriva dal mare porta decisamente più consensi di scie chimiche e chip sotto pelle. A questa strategia – e all’accelerazione ad essa impressa negli ultimi mesi – dobbiamo perle come quella di “Giggino” Di Maio, che aveva definito le navi di soccorso delle Ong “taxi del Mediterraneo”.
La batosta nei comuni e il contemporaneo rafforzamento della Lega hanno dunque imposto alla società fondata da Gianroberto Casaleggio e oggi gestita dal figlio Davide di compere il passo definitivo: sposare a pieno le idee lepeniste posizionando il logo M5S in quel campo, su posizioni analoghe a quelle di Salvini e di Fratelli D’Italia. Nel giro di poche ore abbiamo così assistito a due prese di posizione nette: quella di Virginia Raggi – che con il solito post su Facebook ha annunciato di aver inviato una lettera al Prefetto di Roma per chiedere al Ministero dell’Interno una moratoria sui nuovi arrivi di migranti in città – e l’ordine impartito dal sacro blog ai senatori grillini, che dovranno astenersi sullo Ius Soli che domani approderà a Palazzo Madama, dove di fatto l’astensione equivale a un voto contrario. Una vera e propria svolta fascioleghista, che ha tutta l’aria di un gesto disperato per contrastare l’emorragia di consensi verso destra registrata da nord a sud.
In questi tempi bui, l’odio, la paura e l’egoismo sono fonti inesauribili di consenso. Il partito dell’uomo qualunque, forte della sua non-identità imposta dal marketing, anche questa volta seguirà inesorabilmente il trend del momento. Con buona pace di quei rispettabili esponenti della sinistra italiana che con quel partito erano arrivati a teorizzare future alleanze di governo.
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