Partiti e politici

Dimentichiamoci Piazza Duomo, ecco le domande giuste in vista del voto

19 Maggio 2019

A una settimana dal voto per le elezioni europee, che serve a dire che faccia avrà l’Europa di domani ma anche (provincialisticamente) a fare il tagliando al governo, possiamo mettere in fila qualche elemento.

La piazza Duomo di ieri non è stata un successo di pubblico, anzi, ma questo non significa che la Lega non sarà, comodamente, il primo partito. Ieri in quella piazza c’ero, l’ho calcata da prima che Salvini arrivasse a quando ha finito di parlare. Da mezza vuota è passata a mezza piena, niente di più. Per lo più un popolo di vecchi del nord, l’antica costituency leghista meticciata con qualche canto sardo e un po’ di militanza lucana. Nessuna adunata oceanica: del resto, chi c’era, ricorda che anche la Piazza del Popolo di Renzi non era piena, eppure fu subito prima del 40%. Insomma, diffidare dalle piazze aiuta sempre, in ogni senso.

A questo punto, però, la dimensione del successo di Salvini si giocherà tutta sul superamento (e di quanto) del 30%. Nessuno discute più neanche l’ipotesi che il suo partito sarà il primo partito, e questo la dice lunga su quanto in fretta cambiano le cose in politica. Qualche analista attento crede che sia iniziato un processo di “vergogna” rispetto ai sondaggi: è troppo estremo per dire che lo si vota (e forse anche per questo ieri ha fatto un discorso da destra moderata). Qualcun altro invece dice che anche il 30% rischia di essere troppo, per una leadership che avrebbe già imboccato la strada del tramonto. Una cosa è certa: quel 30% è la soglia che divide in due la storia, almeno in questa fase.

In questo quadro, il Movimento 5 Stelle sembra giocarsi tutte le sue carte con l’obiettivo di arrivare secondo: ampiamente dietro la lega, ma davanti al Pd, e con percentuali superiori a quelle raggiunte dal Movimento alle europee del 2014, quelle dell’effimero trionfo renziano. Siccome infatti ognuno si prende i riferimenti che vuole, Di Maio dirà che le Europee sono un terreno ostile per i 5 Stelle (ed è pur vero), e potrà dire che il Movimento non è morto nonostante i gufi e i rosiconi. E non avrà torto.

Lo stesso dirà il Pd, prendendo però a riferimento il 4 marzo 2018, rispetto al quale avrà ragionevolmente guadagnato qualche punticino (a tacere della ben più scarsa affluenza elettorale). Ma anche arrivasse secondo (per ora improbabile) il Partito Democratico non potrà nascondersi diversi problemi: è il partito di Calenda o dei transfughi che rientrano da sinistra? In un caso e nell’altro, chi dovrebbe votarlo, di nuovo, a parte quelli che schifano radicalmente avversari come Silvio, ieri, o Matteo e Gigino oggi?

Tra una settimana ci staremo trastullando coi numeri, le domande iniziamo a farcele da oggi.

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