Partiti e politici
Devianza e parabola straniera di Giorgia Meloni
“Per chi sta in alto
Parlare di mangiare è cosa bassa.
Si capisce: hanno già
mangiato, loro.
Chi sta in basso deve andarsene dal mondo
senza aver mangiato
un po’ di carne buona”.
Devianza è pubblicare il video di uno stupro e non vergognarsi, non sentire il bisogno di chiedere scusa. Devianza è non curarsi di aver esposto così alla massa le urla disperata di una vittima mentre subisce l’abuso e infischiarsene che possa essere riconosciuta da parenti e amici. Devianza è nascondersi dietro al fatto che il video in prima battuta è stato condiviso da un quotidiano. Chissà se tra le devianze da cancellare, per favorire lo sviluppo di un’Italia migliore, Giorgia Meloni, in arte “sono una madre, sono una donna, sono italiana, sono cristiana”, include anche il suo modo di fare politica. Tutto ciò è riprovevole, spinge all’indignazione. Eppure l’indignazione è di pochi perché pochi sono quelli che hanno il tempo per indignarsi.
La maggior parte tira la carretta, schiacciata dalle difficoltà quotidiane. Quello che i potenziali elettori indecisi colgono è solo una lontana polemica contro la probabile vincitrice. Eppure sono proprio i figli dei più poveri a dover temere la perfezione selettiva sbandierata dalla leader del centro destra. Proprio loro, quelli che ogni giorno devono schivare il pericolo di annegare. “Vittime delle devianze come droga, alcol, spirale di violenza” perché sarebbero stati lasciati soli”, dice Meloni. E sul fatto di essere stati lasciati soli, come obiettare. Intere generazioni cresciute vedendo i genitori abbrutire sotto il peso delle fatiche. Gli stessi che probabilmente diserteranno le urne.
Per mettere una pezza a colori con chi si è sentito offeso dalle sue parole dice che se sarà premier cercherà “di aiutare chi ha dei disturbi del comportamento alimentare” investendo sul “diritto allo sport”.Riconosco il valore salvifico dello sport, i benefici fisici e psicologici della pratica sportiva. Il lavoro, però, prima di tutto a salvare e distribuire dignità, la possibilità di curarsi, di avere un tetto dignitoso sotto cui vivere. Non un lavoro qualsiasi, sottopagato.
È la giustizia sociale a placare la sete di vendetta. È la disuguaglianza la prima piaga che si dovrebbe aver voglia di sanare. Più che “crescere generazioni di nuovi italiani sani e determinati”, si dovrebbe sentire la responsabilità di sottrarli ad una condanna già emessa: quella dell’arretratezza dei diritti, della diseguaglianza.
Come se ciò non bastasse, spingiamoci oltre, cerchiamo di capire dove vuole realmente arrivare Giorgia Meloni.
La chiamano la Margaret Tatcher Italiana o rockstar per il suo carisma, l’energia e la verve.
Giorgia Meloni non è solo la leader di Fratelli d’Italia ma anche l’amministratore delegato di tutti i sovranisti europei. Si ispira a Steve Bannon, che ha incontrato riservatamente più volte nel corso degli ultimi anni e ha per amici, tra gli altri, l’ultranazionalista ungherese Victor Orban e il partito franchista spagnolo Vox .
Nostalgica fascista, fomentatrice di odi e veleni, rancorosa dell’emarginazione a cui la destra sociale è stata relegata negli anni subito dopo il fascismo. Ciò che, però, è ancora più inquietante delle accuse del fascismo, è il disegno che la Meloni sa portando avanti con i suoi fratelli d’Europa e d’America.
La leader di fratelli di FDI, infatti, oggi può contare anche sul sostegno politico e finanziario dell’ala più radicale dei conservatori americani del Tea Party, un potentato al cui fianco sono da sempre schierati industriali statunitensi di alto rango con interessi ultra- liberisti e atlantisti nostalgici dello Small Government di reaganiana memoria: poche tasse, molta difesa e sicurezza, poco Stato, tanta fede religiosa e cristiana. E tutto ciò che ne consegue dai diritti sociali a quelli civili.
L’obiettivo che persegue è quello di sovvertire la “deriva mondialista di chi reputa l’identità, in ogni sua forma, un male da combattere e agisce costantemente per spostare il potere reale del popolo a entità sovranazionali guidate da presunte élite illuminate” al fine di tornare al concetto di “tribù alla base delle nazioni dove la coesione è fondata sulla fedeltà e non sul consenso. In altre parole “Dio onore e patria”.
Da quanto afferma Giorgia Meloni, si evince, quindi, non più solo Casa Pound, non più solo i valori storici della destra sociale, non più solo il fascismo italico, ma un progetto aggiornato alle dinamiche del mondo iper-complesso di oggi, molto più ambizioso e articolato nel suo intento.
La radice alla base dell’ultra conservatorismo nazionalista è una federazione nata e riunita intorno al nome di Steve Bannon, l’ex stratega consigliere di Donald Trump e facilitatore degli incontri tra i sovranisti d’Europa con quelli Usa. Tengono raduni e conferenze, questi signori. La critica da cui traggono il concetto di fondo, che è alla base del loro movimento, è la seguente: l’urgente necessità di riportare il conservatorismo alle sue origini, quello delle identità nazionali, di cui la classe dirigente britannica è stata la massima espressione poi culminata con la Brexit. Il che significa la disintegrazione della Ue, la fine del Consiglio di sicurezza dell’Onu, dell’Organizzazione mondiale del commercio, della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite.
Il 25 Settembre, quando andremo a votare, ricordiamoci chi è oggi Giorgia Meloni. Da dove proviene e, soprattutto, dove ambisce arrivare.
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