Partiti e politici
Democrazia e scrittura della storia
“I solchi in cui dondolano i pensieri della moglie
Barche tozze e concrete
Piene di vestiti e capelli, servizi di porcellana e figlie sposate.
Nel salotto della casa di pietra”
A cosa serve scrittura? Di scopi ne ha diversi: si inventa una storia per sviluppare la propria creatività, strategia utilizzata già alle scuole elementari. Oltre a quello narrativo, descrittivo, c’è quello argomentativo che serve a imparare a sostenere le proprie tesi supportandole di conoscenze a disposizione. Solitamente contiene un ragionamento che, partendo da alcune premesse di fondo, attraverso la confutazione di un’antitesi, arriva ad una conclusione vera o verosimile.
Qual è la differenza tra vero o verosimile pare quasi ovvio. Esempio di verosimiglianza sono le tante produzioni televisive o teatrali che nascono da fatti realmente accaduti, a cui si aggiungono parti create dalla fantasia del regista. Nel linguaggio tecnico si chiamano adattamenti, e sono solitamente interpretazioni personali di chi ne dà una rilettura secondo il proprio punto di vista e sensibilità.
Quando avvengono fatti gravi in una scuola, ad esempio la morte di qualche alunno, per cercare di sciogliere un’agonia di vedere un banco vuoto, dare un senso ai i ricordi spezzati, si invita i ragazzi ad esprimersi. Non devono raccontare fatti espliciti, basta tirare fuori le proprie emozioni anche se “romanzate”. Si fa i conti con le proprie sentimenti.
Solitamente tra la verità storica e la verità narrativa c’è lo spazio dell’invenzione, cosa che accade soprattutto quando si racconta la propria storia. Si immagina, si crea, si racconta.
Pensiamo a cosa succede in politica.
Si assiste sempre più spesso a episodi che enfatizzano l’odio delle élite nei confronti della democrazia, come si evince nella incapacità di rispettare la formalità democratica e la lunghezza dei suoi tempi, la polemica dell’élite riguarda ciò che costituisce l’essenza della democrazia: le procedure parlamentari, le conseguenze dell’esercizio di voto democratico.
Questa disaffezione la si riscontra negli innumerevoli episodi di trasgressione, di reati che riguardano frodi fiscali, aggiotaggio, falso in bilancio. L’economia sembra dominare le nostre vite, che non si spendono più nella realizzazione di valori da condividere, ma si acquistano, corrompendo il significato di vita. Si acquistano valori se ciascuno riesce a essere spalla dell’altro, se si fa dell’ascolto il mezzo con cui soccorrere chi è in difficoltà, se facciamo del quotidiano il palcoscenico su cui dispiegare le nostre energie.
La forbice tra chi detiene capitali, che sposta spesso all’estero, delocalizzando – sottopagando la forza lavoro i cui diritti sono sempre più negati- e chi è costretto ad arrangiarsi con lavori di fortuna, è aumentata.
Ciò che definiamo come democrazia rappresentativa non è che una forma di organizzazione politica oligarchica che prevede una legittimazione popolare. Le classi dominanti dettano mode, luoghi, modi di pensare che vengono diffusi tramite i mass media. Stampa, televisione, riflettono i gusti di un potere egemonico, che seducono il consumatore, il cittadino medio, rendendo il prodotto appetibile perché vengano acquistati, frequentati, adottati. Un modo di essere che sebbene lontano dai propri standard, viene introiettato per essere riconosciuti come appartenenti ad una classe non subalterna ma capace di condividere il pensiero delle oligarchie.
L’avanzata dei populismi è parsa ad alcuni la riappropriazione da parte del popolo dello strumento democratico senza la necessità di mediazioni. L’odio del popolo non si identifica né con la disillusione né con l’antagonismo politico. É semmai una lotta finalizzata ad un giudizio sulle caratteristiche e sulle virtù essenziali del buon politico.
Ne consegue che la radicalizzazione della politica contemporanea ha a che fare con l’etica, non si può pensare una politica svuotata di contenuti etici, il continuo verificarsi di episodi in cui i diritti costituzionali vengono vilipesi ha determinato una rottura della fiducia tra governanti e governati.
Il rischio della democrazia moderna è la radicalizzazione della forma cui le si vorrebbe attribuire: oligarchica, impedendo così le ripercussioni dell’oscillante volubilità popolare, o una democrazia diretta, affidandosi all’attendibilità di scelte che vengono operate tramite la rete. Alternative, entrambi, che cancellano il volto della democrazia.
Escludendo le due ipotesi precedenti, forme esasperate dell’istituto democratico, essa sarebbe più da identificare con il luogo vuoto a cui si riferisce Lefort. Contrario agli interpreti che “vogliono bandire l’indeterminatezza dell’opera, assegnandole uno statuto e una funzione nella realtà, privi di ambiguità”, “il senso dell’opera si offre sempre come differito, nell’ambito di una concezione dell’opera come creazione, luogo vuoto, assenza, oggetto di un vero e proprio ”
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